RICERCANDO ALL'ESTERO

Sistemi ibridi per il controllo della glicemia nel diabete di tipo 1

Mantenere la glicemia stabile e il più possibile nell'intervallo di normalità è uno degli obiettivi più importanti per un diabetico. I nuovi sistemi di monitoraggio glicemico aiutano il paziente nei controlli giornalieri e migliorano la loro qualità di vita.

RICERCANDO ALL’ESTERO – Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune caratterizzata dalla presenza di una quantità eccessiva di glucosio nel sangue (iperglicemia). È conosciuto come diabete giovanile perché, in genere, insorge durante l’infanzia e l’adolescenza.

L’iperglicemia è causata dalla distruzione delle cellule beta del pancreas, responsabili della produzione di insulina, a opera del sistema immunitario: in assenza di insulina il glucosio non riesce a entrare nelle cellule e si accumula nel sangue.
Elena Toschi è al Joslin Diabetes Center di Boston, il più grande centro di assistenza e ricerca clinica del mondo focalizzato sul diabete. Toschi si occupa di diabete 1 e dell’uso di nuove tecnologie per il controllo della glicemia.


Nome: Elena Toschi
Nata a: Lucca
Vivo a: Brookline (MA, Stati Uniti)
Dottorato in: specializzazione in medicina interna (Pisa e St. Elizabeth’s Medical Center) e in Endocrinologia, metabolismo e diabete (Beth Israel Deaconess Medical Center & Joslin Diabetes Center).
Ricerca: Diabete 1 e nuove tecnologie per il controllo glicemico
Istituto: Joslin Diabetes Center (Boston, Stati Uniti)
Interessi: stare con la famiglia, camminare, stare all’aperto, nuotare, pattinare sul ghiaccio
Di Brookline mi piace: il foliage, la natura vicino alla città
Pensiero: Never never never give up. (Winston Churchill)


Quali sono le tecnologie più all’avanguardia per tenere sotto controllo la quantità di glucosio nel sangue?

Si tratta principalmente di infusori di insulina, di metodi per il monitoraggio continuo del glucosio e di nuovi sistemi ibridi che usano entrambe le tecnologie. Inoltre, collaboro con aziende per sviluppare app web-based collegate a questi sistemi per aiutare il paziente a dosare l’insulina in base all’alimentazione e all’esercizio fisico.

Negli ultimi anni il monitoraggio continuo della glicemia ha cambiato il modo in cui curiamo e aiutiamo i pazienti con diabete di tipo 1. Fino a poco tempo fa, il sistema più usato era il fingerstick, ovvero il prelievo di sangue dal polpastrello ogni 3, 4, 10 ore, quindi una misura a intermittenza. Il monitoraggio continuo registra i dati ogni 5 minuti, cosa molto utile per il medico che potrà, per esempio, capire cosa succede quando il paziente dorme. Sappiamo, infatti, che di notte il rischio di ipoglicemia (ndr un basso livello di zucchero nel sangue) è alto; e l’ipoglicemia è pericolosa sia a livello acuto sia cronico perché può ridurre l’abilità cognitiva, interferire con il sonno e con il riposo, pregiudicare l’efficienza durante la giornata. Il monitoraggio continuo durante il giorno, invece, è utile per collegare le variazioni dei livelli di glucosio all’alimentazione. In genere si pensa che contando il numero di carboidrati assunti e prendendo l’insulina, si è a posto. Ma c’è molto di più. Stiamo imparando, per esempio, che bisogna tener conto anche della tipologia di carboidrati, perché quelli semplici aumentano il glucosio nel sangue molto più velocemente di quelli complessi. Con queste informazioni, il medico può migliorare la terapia e dare consigli alimentari; e il paziente può decidere, anche da solo, di evitare alcuni cibi e preferirne altri.

Crediti immagine: Pixabay

Come funziona il monitoraggio continuo?

Ci sono dei piccoli aghi che vanno sotto la cute e che vengono cambiati una volta a settimana oppure ogni 10 giorni. Gli ultimi dispositivi si mettono anche ogni due settimane, la tecnologia sta facendo passi molto veloci ultimamente (alcuni esempi qui, qui e qui). Gli aghi sono ricoperti da un enzima, la glucosio-ossidasi, che permette di misurare i livelli di glucosio presenti nel fluido interstiziale.  Sopra la cute c’è un piccolo dischetto che traduce la lettura e invia il dato a un piccolo ricevitore o, in alcuni casi, al cellulare via bluetooth.

Il tracciato che si ottiene può anche essere condiviso con altre persone; un vantaggio, per esempio, per i genitori di bambini con diabete di tipo 1, che possono controllare lo stato glicemico del figlio anche a distanza. Oppure per i pazienti anziani, se dimenticano di assumere l’insulina: l’avviso di iperglicemia può allertare un familiare che può intervenire tempestivamente.

A questo proposito, collaboro con un medico geriatra a un progetto sponsorizzato dal NIH (National Institutes of Health) per capire se anche i pazienti anziani (con età superiore ai 65 anni) con diabete di tipo 1 possono beneficiare dell’uso dei sistemi di monitoraggio continuo della glicemia. In particolare, vogliamo capire se possiamo ridurre gli episodi di ipoglicemia, particolarmente pericolosi per questi soggetti che possono cadere, sono più fragili e potrebbero avere ripercussioni maggiori rispetto a un giovane.

Stiamo attivamente reclutando pazienti, l’idea è di averne circa 130 e siamo a metà. I dati raccolti non sono ancora stati analizzati, ma parlando con i soggetti durante lo studio ho notato che c’è abbastanza eterogeneità e anche una certa routine. Rispetto ai giovani, gli anziani sono più metodici e hanno abitudini fisse attorno al diabete, fanno pasti regolari con colazione, pranzo e cena e ciò è di grande aiuto nel mantenimento della glicemia.

I sistemi ibridi di infusione e monitoraggio come funzionano?

Sono sistemi capaci di variare la quantità di insulina a seconda dei livelli di glucosio letti dal sensore. Qui l’approccio è completamente diverso rispetto al passato, sia nell’uso da parte del paziente sia nelle indicazioni da parte del medico. Per fare un esempio pratico, con gli infusori ibridi quando la glicemia scende, la somministrazione di insulina si ferma. Di solito, a questo punto il paziente inizierebbe a mangiare. Ma se l’insulina è stata bloccata, la quantità di glucosio da ingerire è inferiore, anzi, in alcuni casi non c’è nemmeno bisogno di mangiare perché il sistema riesce a regolarsi da solo.

Un progetto interessante a proposito di sistemi ibridi riguarda lo sviluppo di applicazioni (app) per il cellulare che funzionano come i classici diari dei pazienti diabetici. Solo che in questo caso si potrebbe aggiungere la foto di quello che si sta mangiando oppure selezionare direttamente l’alimento nella app. L’app sarebbe poi collegata sia al dispositivo di monitoraggio continuo sia all’infusore, e potrebbe migliorare il controllo glicemico.

Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?

Sviluppare metodi e sistemi che possano aiutare pazienti a migliorare il controllo glicemico giornaliero.
Il controllo giornaliero è difficile: ogni giorno e per più volte al giorno, un paziente con diabete di tipo 1 deve prendere un sacco di decisioni su quanta insulina prendere e quando. Deve tener conto dell’alimentazione, quanto e cosa mangia, dell’esercizio fisico, dello stato di salute (con il raffreddore la glicemia va su). Le variabili sono tantissime e mi piacerebbe aiutare queste persone a tenerle sotto controllo.

Segui Luisa Alessio su Twitter

Leggi anche: Piccole molecole per il trattamento del diabete di tipo 2

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Condividi su
Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.