Il mistero dei quark svelato dopo 35 anni dall’esperimento CLAS
Protoni e neutroni liberi si comportano diversamente da quelli nel nucleo: nei Jefferson Lab spiegato l'effetto EMC scoperto al CERN.
Esiste una differenza di struttura e comportamento tra i neutroni e i protoni legati in un nucleo rispetto a quelli “liberi”. Una differenza che è stata osservata per la prima volta nel 1984 presso i laboratori del CERN di Ginevra, in Svizzera, dal gruppo di ricerca European Muon Collaboration tanto da prendere il nome di effetto EMC o anche “mistero dei quark”. Dopo 35 anni di studi, la risposta a questo interrogativo arriva dai primi risultati dell’esperimento Class condotto nell’acceleratore CEBAF del Jefferson Laboratory, negli Stati Uniti. Un risultato ottenuto anche grazie alla collaborazione dei ricercatori italiani dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN).
Il nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature dalla collaborazione CLAS ha gettato luce sul fenomeno fisico. I risultati sono compatibili con il modello teorico secondo cui protoni e neutroni allo stato libero si comportano diversamente da quelli del nucleo, che cioè sono coinvolti in “correlazioni a corto raggio”. Le particelle infatti prima si sovrappongono brevemente e poi si respingono con forza, proprio come se ballassero un tango. Durante la fase di repulsione, ciascuna particella è caratterizzata da un’energia molto superiore a quella delle particelle identiche che non sono coinvolte in coppie correlate, come spiegato da Raffaella De Vita, ricercatrice della Sezione di Genova dell’INFN e portavoce della Collaborazione CLAS. “Il risultato ottenuto ci dice che la struttura interna dei protoni e dei neutroni si modifica quando queste particelle si aggregano formando coppie correlate”.
Dentro le particelle
Facciamo un passo indietro, anzi, dentro alle particelle. Protoni e neutroni, detti anche nucleoni per la loro caratteristica di comporre i nuclei degli atomi, non sono particelle elementari ma composte da agglomerati di altre strutture elementari, dette quark. Per decenni gli scienziati hanno studiato la struttura di queste particelle, fino al 1984 quando nei laboratori del CERN osservarono una differenza di distribuzione del momento dei quark all’interno dei nucleoni legati nel nucleo e i singoli protoni ed elettroni.
Il risultato prese il nome di effetto EMC e fu verificato negli anni anche da altri esperimenti in altri acceleratori di particelle, come lo SLAC National Accelerator Laboratory di Menlo Park, in California, e il Thomas Jefferson National Accelerator Facility (Jefferson Lab) di Newport News, in Virginia.
L’esistenza dell’effetto era dunque provata, ma cosa lo causava? Negli anni gli scienziati hanno fornito due possibili spiegazioni. La prima è che tutti i nucleoni in un nucleo sono modificati in una certa misura dal campo nucleare medio. La seconda invece è che la maggior parte dei nucleoni non vengano modificati, ma che solo alcuni vengano alterati per via delle interazioni che sono chiamate correlazioni a corto raggio per brevi periodi di tempo (SRC). Una teoria, quest’ultima, che trova conferma proprio nei risultati sperimentali ottenuti dalla collaborazione CLAS.
Per comprendere il fenomeno bisogna scendere nel dettaglio dei quark. I protoni infatti sono formati da 2 quark “up” e 1 quark “down”, mentre i neutroni contengono 2 “down” e un “up”. Nei nuclei atomici questi nucleoni possono brevemente interagire come coppie correlate, alterando così la struttura interna del nucleone che è all’interno del nucleo. I ricercatori si sono concentranti sulle coppie neutrone-protone SRC per un motivo specifico: queste coppie sono più comuni nei nuclei rispetto a quelle neutrone-neutrone o protone-protone. Inoltre, data l’asimmetria nel numero di elettroni e protoni che costituiscono un nucleo, di media massa o pesante, la probabilità che i protoni formino tali coppie cresce all’aumentare del numero di protoni e neutroni.
Barak Schmookler, primo autore della ricerca, un ex studente del MIT e ora postdoc a Stony-Brook, ha sottolineato: “Quello che pensiamo stia succedendo è che nelle coppie correlate si crei una forte sovrapposizione dei protoni e neutroni, il che dà ai quark al loro interno più spazio per muoversi e li porta a muoversi più lentamente”.
Verso il futuro dell’effetto EMC
Utilizzando questa caratteristica gli scienziati della collaborazione CLAS hanno trovato direttamente dai dati la differenza tale da giustificare l’effetto EMC. Il risultato così ottenuto ha due principali implicazioni per i futuri studi. La prima è che le informazioni sui neutroni liberi devono essere corrette tenendo conto di questo effetto. La seconda è che tale effetto EMC va tenuto in considerazione anche sugli esperimenti sui neutrini e gli antineutrini che vengono scatterati dai nuclei asimmetrici.
Sia negli esperimenti passati, che in quelli futuri, le possibili variazioni delle sezioni d’urto di neutrini e antineutrini dovranno essere valutate prima in funzione dell’effetto EMC e solo dopo averlo escluso sarà possibile orientare le ricerche su nuovi effetti, come limiti del modello standard delle particelle oppure possibili meccanismi per comprendere l’asimmetria tra materia e antimateria nell’universo.
Antonio Masiero, vicepresidente dell’INFN, ha commentato: “Uno dei più misteriosi, e tuttora solo parzialmente esplorati, territori della costituzione della materia riguarda proprio il comportamento dei quark all’interno di protoni e neutroni che possono esistere quali particelle libere oppure aggregarsi nei nuclei degli atomi. Questa analisi, a cui ha significativamente collaborato un nostro gruppo di ricercatori INFN al JLab, è un passo avanti per lo studio della QCD (dinamica quantistica dei quark) a bassa energia nei sistemi nucleari”.
Leggi anche: Risolto il mistero dei barioni mancanti: “nascosti” nella ragnatela cosmica
Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.