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Le grandi scimmie di fronte all’obiettivo

In presenza di fototrappole scimpanzé, bonobo e gorilla reagiscono in modi diversi. Gli scienziati lo studiano per quantificare quanto questi strumenti "interferiscono" con i loro comportamenti naturali.

Come reagiscono gli animali selvatici di fronte a un oggetto mai visto prima, magari quando l’oggetto è artificiale e nascosto nella foresta? E quanto sono affidabili i dati raccolti sul comportamento degli animali nel loro habitat, se sappiamo che in presenza di un oggetto estraneo come una fototrappola possono comportarsi in modo “meno naturale”?

Un’immagine da fototrappola, progetto Chimp&See

Nuovi spunti per rispondere arrivano da uno studio coordinato dal Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Leipzig, in Germania, che ha messo insieme le riprese di un set di fototrappole disposte nei diversi habitat dell’Africa tra foreste e savane. I risultati, frutto del lavoro di un team internazionale che conta anche tre ricercatori italiani (Mattia Bessone, Giovanna Maretti e Sergio Marrocoli) sono stati pubblicati su Current Biology.

Comportamenti in natura

I dati delle fototrappole sono stati raccolti nell’ambito del Pan African Programme: The Cultured Chimpanzee, un progetto nato con l’obiettivo di studiare la diversità comportamentale e culturale degli scimpanzé attraverso diverse popolazioni sul continente. A oggi, gli esperti coinvolti nel PanAf hanno allestito 34 siti di ricerca temporanei per le osservazioni, in modo da avere un grande database il cui punto di forza sia proprio il numero di animali studiati.

A curiosare presso le fototrappole, tuttavia, non sono stati solo gli scimpanzé: anche bonobo e gorilla sono tra le specie immortalate nei video e con comportamenti molto diversi, non solo tra le diverse specie ma tra i singoli individui. Un tratto però è in comune tra tutti. Ora sappiamo che le fototrappole non passano inosservate e che questi primati le notano eccome.

Come spiega in un comunicato la primatologa del Max Planck Ammie Kalan, prima autrice del paper, l’obiettivo in questo caso era studiare come scimpanzé, bonobo e gorilla avrebbero reagito di fronte a questi oggetti nuovi. La “reazione alla novità” è spesso oggetto di studio nella psicologia comparata, che indaga le differenze e somiglianze tra la nostra e le altre specie, ma “volevamo sapere se ci fossero differenze tra queste tre grandi scimmie”, precisa Kalan. “Siamo rimasti sorpresi soprattutto dalla differenza nelle reazioni di scimpanzé e bonobo. Sono specie sorelle e condividono gran parte del corredo genetico, perciò ci aspettavamo avrebbero reagito alle videocamere in modo simile”. Ma non è stato così.

Da un lato gli scimpanzé, decisamente poco interessati a questi oggetti estranei, dall’altro i bonobo e i gorilla che: “sembravano molto più turbati dalle fototrappole; erano timorosi ad avvicinarle e si mantenevano intenzionalmente a distanza”, racconta Kalan. Eppure anche tra i vari  scimpanzé e i vari bonobo i ricercatori hanno osservato delle differenze: gli animali che vivono in zone più toccate dalla presenza e dalle attività umane, ad esempio le aree di ricerca predisposte dagli scienziati, diventano via via meno sensibili a questo tipo di “intrusi” e smettere di farci caso.

Al contempo gli esemplari che hanno avuto meno occasioni di vedere questi oggetti nuovi e di esplorarli restano più curiosi. I più giovani delle varie specie, dice Kalan, hanno ispezionato le fototrappole più a lungo fermandosi a fissarle. Proprio come fanno i bambini della nostra specie, che conoscono l’ambiente che li circonda per gradi, interagendoci via via che incontrano le novità per capire di cosa si tratta. Quando si tratta di esplorare, “essere curiosi è un modo per farlo”.

Presenze estranee

Tra i risvolti pratici di questa scoperta c’è quantificare quanto la presenza in natura di strumentazione come le fototrappole influenzi gli animali che serve a studiare. Rispetto alla presenza sul campo di un ricercatore o più in carne e ossa, delle fototrappole mimetizzate sono certamente uno strumento meno “invasivo” e che riduce almeno in parte la possibilità di comportamenti non al 100% naturali – dovuti proprio alla presenza di entità estranee sulla scena -.

Restano, a oggi, uno strumento preziosissimo per monitorare gli animali selvatici nel loro ambiente, che permette anche di espandere il numero di individui studiati senza richiedere costante presenza di un ricercatore sul posto.

“Le variazioni di comportamento intra e inter-specie nei confronti di oggetti non familiari potrebbero essere problematiche quando si cerca di raccogliere dei dati di monitoraggio accurati”, conferma Kalan. “Per ridurre questo effetto, varrebbe la pena prevedere un periodo di familiarizzazione nel quale gli animali possono abituarsi ai nuovi oggetti”. Per rendere gli studi con fototrappole sempre più precisi, bisognerà tenere in considerazione la risposta degli animali alle novità.

Se volete partecipare a un progetto di citizen science, PanAf ha lanciato Chimp&See: segnalando le specie che osservate nelle riprese fatte proprio dalle fototrappole, potete aiutare gli scienziati nel loro monitoraggio della biodiversità africana!


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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".