Tumore del colon-retto: sempre più giovane e misconosciuto
In alcuni Paesi ad alto reddito l'incidenza del tumore colon-retto è in aumento tra i più giovani, nella fascia 20-29 anni. Bisogna fare più prevenzione e insegnare a non sottovalutare sintomi come il sanguinamento rettale.
Il cancro colon-rettale è il terzo carcinoma più diffuso a livello mondiale: nel 2018 si sono avute 1.800.000 nuove diagnosi e 881.000 decessi. Questo tumore è in aumento soprattutto nei paesi a basso-medio reddito mentre, grazie alla diffusione delle campagne di screening, è in diminuzione nei Paesi più industrializzati. Un’analisi della letteratura apparsa su The Lancet Gastroenterolgy &Hepatology, che prende in considerazione sette paesi ad alto reddito – Australia, Canada, Danimarca, Norvegia, Nuova Zelanda, Irlanda e Regno Unito – evidenzia un aumento di questa malattia nelle popolazioni di età inferiore ai 50 anni e un deciso aumento dell’incidenza nella fascia che va dai 20 ai 29 anni.
In particolare, i dati dei 21 registri presi in considerazione, suddivisi per popolazione di età, mettono in luce un incremento preoccupante del cancro al retto per le fasce di popolazione più giovani: in Australia, dal 1993 al 2004, si è registrato, ogni anno, un aumento del 7%; negli Stati Uniti le persone nate dopo il 1990 hanno un rischio doppio di ammalarsi di questo tumore rispetto a chi è nato prima; in Danimarca e in Norvegia, negli ultimi dieci anni, vi è stato un aumento annuale del 18,1% e del 10,6% rispettivamente.
Un aumento preoccupante
“Questo argomento è nuovo e cogente e siamo stati tra i primi ad approcciarlo” dice a OggiScienza Giulia Martina Cavestro dell’Unità di Gastroenterologia ed Endoscopia Gastrointestinale all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, che ha commentato in un editoriale la meta-analisi. “Lo studio ha dimostrato che il cancro del colon a insorgenza giovanile (prima dei 50 anni) è in aumento. Questo dato, inoltre, è stato confermato da un altro articolo, apparso su Gut pochi giorni dopo l’articolo di Lancet, relativo alla popolazione europea dove però si è dimostrato che l’Italia non segue questo trend” continua Cavestro.
“L’aumento dell’incidenza nella popolazione europea – Italia compresa – dice l’articolo di Gut, si vede al massimo tra i 20 e i 29 anni. I 144 milioni di persone prese in considerazione hanno confermato l’aumento, in generale, dell’incidenza del cancro colorettale dell’8% tra i 20 e i 25 anni, del 5% tra i 30 e i 30 anni”. Tuttavia, non si capisce ancora per quale motivo, “in Italia non è confermato questo trend. I cancri giovanili del colon erano in discesa fino al 1990. Da quell’anno in poi, in tutte le popolazioni è iniziato ad aumentare ma non nel nostro Paese”.
I dati presi in considerazione per l’Italia sono quelli del Registro Airtum 2019, che copre il 60% della popolazione italiana: “Vi sono molte critiche al riguardo” dichiara Cavestro, “soprattutto alcuni commentano che il registro Airtum abbia dei bias, quando invece copre un’amplia fascia della popolazione italiana”.
Negli Stati Uniti hanno abbassato l’età dello screening a 45 anni sulla base di calcoli matematici, ma secondo Giulia Martina Cavestro “non è abbassando l’età dello screening dai 50 ai 45 anni che si può dare una risposta a questa situazione perché, alla fine, il cancro al colon dei 45 anni è sovrapponibile a quello dei 50. Quindi, probabilmente, la risposta non è solo abbassare l’età dello screening, ma capire perché questa malattia è maggiormente presente nelle fasce di età più giovani e, eventualmente anticipare l’età dello screening in popolazioni selezionate, non in tutti”.
Serve un registro internazionale
I dati di Lancet Gastroenterolgy & Hepatology pongono l’attenzione sulla necessità di un registro internazionale o, quanto meno, di registri nazionali che siano strutturati in modo da poter fornire dati omogenei e sovrapponibili per i vari Paesi. Questo sarebbe il primo punto di partenza per poter avere una visione obiettiva del problema.
In secondo luogo “è assolutamente necessario promuovere campagne di informazione per evitare il più possibile il ritardo diagnostico“, afferma Cavestro. “È purtroppo prassi gravissima la sottovalutazione del sanguinamento rettale nei giovani: spesso il paziente giovane infatti sottostima il sintomo recandosi in ritardo dal medico di famiglia. Inoltre, è importante portare a conoscenza del medico di famiglia la significativa probabilità che possa trattarsi di tumore al retto. Quindi, se c’è sanguinamento rettale in età giovanile si deve eseguire immediatamente una colonscopia”.
Un altro punto, estremamente importante è la valutazione del rischio genetico quando i primi sintomi, come il sanguinamento rettale, avvengono in età giovanile. La malattia di Lynch, dal nome dello scienziato Henry Lynch, deceduto poche settimane fa a 91 anni, è il primo campanello d’allarme: lo studio di Araghi su Lancet enfatizza il fatto che un caso di cancro colorettale su 35 ha origine genetica e che un soggetto sano ogni 250 è portatore di una variante patogenetica associata alla sindrome di Lynch. L’elevato numero di mutazioni genetiche, che derivano dal tentativo di riparare i danni della mucosa intestinale, sono responsabili di circa il 20% di tutti tumori colorettali giovanili.
Le mutazioni invece di APC e MUTHY contano per l’1/2% dei casi. Lo studio Lancet non è tuttavia in grado di stimare quanto incida realmente il fattore genetico perché questi dati non vengono riportati nei registri: “Ogni diagnosi mancata di malattia di Lynch è un’opportunità persa sia di prevenire il cancro nel paziente sia di valutare la probabilità di rischio per l’intera famiglia del paziente stesso” afferma Cavestro.
È necessario, quindi, prevenire: campagne informative rivolte sia ai medici di famiglia, per non sottovalutare i campanelli d’allarme, sia alla popolazione generale per promuovere stili di vita salutari volti a ridurre il peso in eccesso, aumentare l’attività fisica, limitare il consumo di carni, eliminare alcol e fumo e seguire una dieta ricca di fibre. “Possiamo stimare che nel nostro centro vengano diagnosticate circa 40-50 casi all’anno di tumori colorettali in età giovanile e questo, seppure un dato non validato e non significativo epidemiologicamente, è sicuramente ragguardevole per l’importanza cruciale di una effettiva presa di coscienza del problema”.
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