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L’esopianeta gigante intorno alla nana rossa: la strana coppia

Il gigante gassoso GJ 3512 b orbita intorno a una nana rossa: la sua esistenza non è prevista dalla teoria di formazione planetaria standard

L’illustrazione di n pianeta gioviano che orbita intorno a una stella nana rossa

Un pianeta gigante gassoso simile a Giove che orbita intorno a una nana rossa percorrendo la sua orbita in 204 giorni. Una strana coppia che, secondo le teorie di formazione planetaria standard, non dovrebbe esistere affatto. Si tratta di GJ 3512 b, un oggetto la cui massa è circa la metà del nostro Giove e con una temperatura di 150 Kelvin, e ruota intorno a una stella che è tra le più piccole e fredde, con una massa pari ad appena un decimo di quella del Sole.

La scoperta ha destato la curiosità degli astronomi dato che il sistema planetario situato a 30 anni luce dalla Terra è molto diverso dal nostro. Le stelle nane rosse di tipo M siano tra le più piccole e fredde, ma anche tra le più comuni nella nostra galassia, la Via Lattea. Analizzando i dati nell’infrarosso della collaborazione CARMENES, gli scienziati guidati da Juan Carlos Morales della Autonomous University of Barcelona hanno osservato un pianeta troppo grande per essere ospitato da una stella così piccola.

Un risultato pubblicato sulla rivista Science che si è rivelato piuttosto raro dato che, nonostante queste stelle siano molto comuni nella nostra galassia, solo il 10% degli oltre 4000 esopianeti individuati negli ultimi 25 anni di osservazioni orbitano intorno a stelle dalla massa così bassa.

GJ 3512 b e la stella nana rossa: la strana coppia

La stella GJ 3512 è una nana rossa di tipo M che ha un’età stimata tra i tre e gli 8 miliardi di anni. Nonostante le sue dimensioni, attorno alla stella orbita un esopianeta gigante gassoso di classe “gioviana”, cioè simile al nostro Giove, che percorre l’orbita eccentrica in 204 giorni. Proprio l’eccentricità ha colpito i ricercatori, dato che l’esopianeta passa la maggior parte del suo tempo molto vicino alla sua stella ospite, a una distanza che è inferiore a quella di Mercurio intorno al nostro Sole.

D’altro canto, la stella è estremamente debole ed emette una energia che è inferiore allo 0.2% di quella emessa dal Sole. Per questo motivo, la temperatura di equilibrio dell’esopianeta è inferiore ai 150 Kelvin, cioè meno 123.15 gradi Celsius, che ne fa un mondo gassoso e gelato.

Christoph Mordasini, professore dell’università di Berna e membro del National Centre of Competence in Research (NCCR) PlanetS, ha spiegato: “Intorno a stelle di questo tipo dovrebbero esistere solo pianeti che abbiano dimensioni simili a quelle della Terra o, al massimo, a qualcosa che sia massivo come una Super-Terra. GJ 3512 b invece è un pianeta gigante con una massa che è circa la metà del nostro Giove, cioè ha una massa che è di circa un ordine di grandezza superiore ai pianeti che secondo i modelli teorici dovrebbero orbitare intorno a stelle così piccole”.

Quello che rende dunque la stella e l’esopianeta una strana coppia è che gli astronomi non hanno una spiegazione del perché essi esistano. Generalmente i sistemi planetari formati da stelle così piccole ospitano gruppi di tre o più pianeti simili tra loro, con masse dell’ordine tra le 5 e le 10 volte quelle della Terra, orbite circolari e complanari, e con periodi orbitali che vanno da meno di un giorno a poche settimane.

Le particolari caratteristiche di questo inusuale sistema planetario hanno portato gli scienziati a ipotizzare che GJ 3512 b non sia l’unico pianeta che orbita intorno alla stella, ma che ce ne sia almeno un altro dall’orbita più ellittica e ad oggi non osservabile.

CARMENES e il metodo delle velocità radiali

La scoperta si deve alle osservazioni del consorzio CARMENES, di cui fanno parte Spagna e Germania. La collaborazione si avvale di un nuovo strumento che è stato installato nel Calar Alto Observatory a un’altitudine di 2100 metri in Spagna. Lo strumento ha osservato per oltre 3 anni circa 300 stelle studiandone lo spettro nell’infrarosso e i dati sono stati analizzati da Morales e colleghi con il metodo delle velocità radiali Doppler, che rivela i sottili spostamenti in avanti e indietro delle stelle intorno a cui orbitano i pianeti.

È proprio utilizzando questo metodo che gli astronomi hanno localizzato la maggior parte delle centinaia di pianeti extrasolari scoperti, anche se di recente il metodo aveva lasciato il passo a quello del transito, dove viene misurato l’oscuramento dello spettro stellare al passaggio di un esopianeta tra la stella e la Terra.

Nel caso di GJ 3512 invece, i ricercatori si sono affidati al metodo Doppler che ha fornito due vantaggi. Il primo è quello di determinare con precisione la forma orbitale. Il secondo è che può rivelare pianeti che non sono in orbite frontali rispetto alla stella, una condizione che è necessaria invece affinché il metodo del transito sia efficace. Inoltre, l’impiego di nuovi strumenti come quelli a disposizione della collaborazione CARMENES si ripropone di riportare il metodo delle velocità radiali alla “gloria” di un tempo.

Formazione planetaria standard o frammentazione del disco?

La teoria di formazione planetaria standard prevede che pianeti giganti gassosi di tipo gioviano si formino in un processo a due stadi. Nel primo un nucleo di ghiaccio e roccia forma un agglomerato che inizia ad attirare a sé oggetti grandi quanto sassolini di ghiaia dal disco protostellare di accrescimento. Quando il nucleo raggiunge una massa pari ad almeno 10 o 15 volte quella della Terra, inizia il secondo stadio in cui i gas idrogeno ed elio vengono inglobati rapidamente e formano il gigante gassoso.

Nel caso di stelle nane rosse come GJ 3512 il disco protostellare è troppo piccolo per soddisfare i bisogni di un gigante gassoso che segua questo processo di formazione. Il materiale a disposizione del protopianeta, infatti, non è sufficiente a garantire la costruzione di un nucleo che sia sufficientemente solido e grande in un periodo di tempo breve, prima che il disco si esaurisca.

Un problema che l’esopianeta GJ 3512 b sembra non conoscere e non essersi posto. Anzi, nel sistema planetario appena scoperto ci sarebbe anche un secondo pianeta ancora non visibile, con una massa simile al “fratello” ma che orbita decisamente più lontano dalla stella ospite. Questo implica che la formazione di pianeti giganti gassosi debba in qualche modo aver aggirato lo stadio di agglomerazione del nucleo, richiedendo una frammentazione gravitazionale diretta del disco protoplanetario.

Secondo una delle ipotesi avanzate dai ricercatori, esistono particolari valori di velocità di taglio e pressione del gas che portano pezzi del disco protoplanetario a collassare sotto il proprio peso. Se questi pezzi sono abbastanza grandi rispetto alla stella, e quindi anche abbastanza freddi, si frammentano dando origine a pianeti giganti.

A oggi sappiamo che il nostro Giove si è formato seguendo la teoria standard che prevede due stadi, ma nel caso dell’esopianeta appena scoperto l’ipotesi della frammentazione è quella che secondo gli scienziati può spiegare al meglio la nascita di questa strana coppia. La sua orbita eccentrica invece si deve alla presenza di un altro pianeta, quello a noi ancora invisibile, la cui interazione gravitazionale potrebbe aver spinto GJ 3512 b sulla sua insolita traiettoria finale intorno alla stella.

Anche se questa sembra la teoria più probabile, gli stessi autori dello studio ammettono che una risposta definitiva non è ancora possibile. Mordasini ha spiegato: “Perché il pianeta non ha continuato a crescere fino a migrare ancora più vicino alla sua stella? Ci si potrebbe aspettare entrambi questi scenari se il disco di gas avesse avuto abbastanza massa per diventare instabile sotto la sua stessa gravità. Per questo motivo l’esopianeta rappresenta una importante scoperta che apre a nuovi scenari per la nostra comprensione di come i pianeti si siano formati intorno a queste stelle”. Una strana coppia che è destinata a cambiare ciò che sappiamo della formazione planetaria.

(Una rappresentazione video artistica delle orbite di GJ 3512 b intorno alla sua stella. Credit: Guillem Anglada-Escude – IEEC/Science Wave, SpaceEngine.org)

 


Leggi anche: Un Giove caldo che si muove come una cometa

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine: ARMENES/RenderArea/J. Bollaín/C. Gallego

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.