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I venti dei buchi neri “soffocano” le galassie nane

I venti emessi dai buchi neri nel centro delle galassie nane ostacolano la formazione di nuove stelle e influenzano l’evoluzione galattica.

galassie nane
La galassia nana NGC1569

I buchi neri presenti nel centro delle galassie nane possono influenzare in modo significativo l’evoluzione di questi oggetti, provocando la drastica diminuzione del tasso di formazione stellare. In particolare, i venti emessi dai buchi neri supermassivi sembrano essere in grado di “soffocare” la piccola galassia, sputando fuori da essa il gas necessario alla nascita di nuove stelle e limitandone così la crescita.

A osservare il fenomeno è stato il team di ricercatori della University of California di Riverside guidati dalla professoressa di fisica e astronomia Gabriela Canalizo, che ha pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal i risultati ottenuti.

Analizzando i dati del Sloan Digital Sky Survey, che ha mappato oltre il 35% del cielo, i ricercatori si sono concentrati sulle galassie nane, cioè quelle che contengono tra i 100 milioni e i pochi miliardi di stelle. Si tratta galassie che sono le più abbondanti nell’universo e che generalmente orbitano intorno a galassie più grandi di loro, come la nostra Via Lattea, che invece contiene tra i 200 e i 400 miliardi di stelle.

In particolare, il team della Canalizo ha identificato 50 galassie nane, 29 delle quali mostravano la presenza di un buco nero nel loro centro. Di queste, solo 6 però hanno mostrato i segni di venti originati dal buco nero supermassivo, un nucleo galattico attivo che emette i getti di gas ionizzato ad alta velocità fuori dalla galassia. Proprio questi getti sarebbero responsabili dell’espulsione del gas fuori dalla galassia, spingendo via così il materiale per la formazione di nuove stelle e rallentando così il processo di crescita e l’evoluzione della galassia stessa.

Una sorpresa per gli astronomi

La Canalizo ha spiegato di essere rimasta sorpresa insieme al suo team, formato da Laura V. Sales, assistente professore di fisica e astronomia della UC Riverside, e la dottoranda Christina M. Manzano-King, prima firmataria dell’articolo, dai dati riscontrati. O meglio, dalla loro chiarezza: “Ci aspettavamo di dover fare osservazioni con risoluzioni e sensibilità molto più alte per osservare i venti, e ne avevamo già pianificate alcune. I venti però si sono dimostrati così potenti, da essere osservabili in modo chiaro già con le prime rivelazioni e ci hanno anticipato”.

La prima analisi dati ha dimostrato che l’attività dei buchi neri supermassivi nei centri delle galassie nane è in grado di influenzarne significativamente l’evoluzione. Una teoria che, negli ultimi 20 anni, era solo un “sospetto” degli astronomi: “Le nostre scoperte però indicano che l’effetto dei buchi neri non solo è spiccato nelle galassie, ma può essere addirittura più marcato nelle galassie nane nel nostro universo”.

Utilizzando i dati raccolti dal telescopio dell’osservatorio W. M. Keck situtato alle Hawaii, la Canalizo e colleghe hanno misurato per la prima volta i venti emessi dai buchi neri: “Siamo state in grado non sono di rilevare i venti, ma anche di misurarne specifiche proprietà come la cinematica, la distribuzione e la fonte di energia”.

Buchi neri, potenti venti e galassie nane

A oggi sono ancora molte le domande aperte sull’evoluzione galattica, ma lo studio nel dettaglio delle galassie nane sembra essere un modo per rispondervi. Questa tipologia di galassie infatti rimane piccola perché, subito dopo la formazione, “fugge” dalla fusione con altre galassie per formarne di più grandi. Una sorta di “fossili dell’universo primordiale”, come le definisce la Manzano-King, che sono “utili per comprendere i processi di evoluzione galattica”: “Si tratta delle galassie più piccole in cui sono stati osservati per la prima volta questi potenti getti di gas che si muovono a velocità di oltre 1000 chilometri al secondo”.

Ma come nascono questi venti? La Manzano-King spiega che il materiale presente nella galassia viene risucchiato dal buco nero, che così si riscalda per poi rilasciare energia radiativa. L’energia emessa spinge il gas presente nella galassia fuori da essa, verso lo spazio intergalattico, quasi come se fosse una esplosione di supernova.

Gli scenari possibili a questo punto, sono due. Il gas nella galassia spinto dai getti emessi dal buco nero può comprimersi, accelerando così il processo di formazione stellare. Se invece il gas viene spinto nello spazio intergalattico, questo si disperde e la formazione di nuove stelle viene rallentata dalla mancanza di “materia prima”.

Come spiegato dalla Sales, i dati analizzati dimostrano che il secondo è lo scenario più probabile: “Nei sei casi osservati, i venti hanno avuto un impatto negativo sulla formazione stellare. I modelli teorici di cui disponiamo per la formazione ed evoluzione delle galassie non tengono conto dell’impatto che i buchi neri possono avere sulle galassie nane. I dati però ci dicono che l’impatto è significativo e potrebbe essere addirittura dominante nei processi di formazione stellare, motivo per cui andrà incluso nello sviluppo dei futuri modelli teorici”.

A caccia di galassie nane

Lo studio della UC Riverside è solo il primo passo nello studio dell’impatto che i buchi neri possono avere nella formazione stellare di una galassia nana. La Manzano-King ha spiegato che il team di ricercatori ha già progettato un nuovo studio che punta a misurare la massa e il momento dei getti di gas emessi dalle galassie osservate. Inoltre, è stata pianificata una ricerca di altre potenziali galassie nane, oltre alle 6 già note, che potrebbero contenere un nucleo galattico attivo che emette questi venti.

I nuovi dati permetteranno così di fornire agli astrofisici teorici le basi necessarie per lo sviluppo di un modello che rappresenti in modo più realistico la formazione stellare e l’evoluzione di questi oggetti, permettendo così anche agli astronomi di indirizzare la caccia alle galassie nane più interessanti da osservare e studiare per svelare i segreti del cosmo.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine: HST/NASA/ESA

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.