Ipnosi medica al posto dei farmaci sedativi?
Lo abbiamo chiesto direttamente a Sandra Nonini, l’anestesista dell’Ospedale Niguarda di Milano che ha condotto una sessione ipnotica durante un intervento di rimozione di valvola ortica.
Il tema è certamente discusso. Alcuni la praticano – molti in Francia a partire dall’Istituto Curie, pochi in Italia – altri non la considerano un approccio terapeutico sufficientemente evidence-based per affiancare l’utilizzo di farmaci sedativi durante gli interventi chirurgici. Il punto è che, a quanto pare, nella maggior parte dei casi funziona. Viene utilizzata per alleviare il disturbo da forme di cefalea, per la sindrome del colon irritabile, per la fibromialgia e per molte malattie della pelle con forte componente psicosomatica come la psoriasi.
Un mese fa, all’Ospedale Niguarda di Milano, è stato eseguito un intervento di sostituzione di valvola aortica per via femorale (cioè attraverso la risalita di cateteri dalle gambe navigando nei vasi sanguigni), senza ricorrere a farmaci sedativi se non una piccola dose di anestetico locale per le punture sulle gambe. Come è stato possibile? Attraverso una procedura di ipnosi, condotta da un medico anestesista specialista dell’ospedale.
Va precisato che non si tratta del primo intervento di questo tipo in Italia. All’Ospedale Le Molinette di Torino da tempo si propone l’ipnosi in casi in cui il paziente presenti delle problematiche che renderebbero la sedazione più rischiosa che benefica. Come in questo caso, dove la paziente ottantaduenne presentava uno stato di sofferenza ai polmoni, dovuto a una broncopneumopatia ostruttiva e a una recente polmonite, oltre a una conformazione anatomica del collo che avrebbe reso l’intubazione molto difficoltosa in caso di complicanze.
Quali sono le evidenze scientifiche sull’uso dell’ipnosi in medicina? Lo abbiamo chiesto direttamente a Sandra Nonini, l’anestesista dell’Ospedale Niguarda che ha condotto la sessione ipnotica.
Dott.ssa Nonini, anzitutto di che cosa parliamo esattamente con “ipnosi medica”, è la stessa ipnosi che siamo abituati a conoscere in psicanalisi?
Non proprio, nel senso che le motivazioni e lo scopo con cui si applica sono ovviamente diverse, ma il tipo di induzione può essere uguale. Detta con semplicità, l’ipnosi medica è una procedura dove l’anestesista, ma anche qualsiasi specialista, che è un medico, spiega al paziente, conducendolo passo passo, come riuscire a concentrarsi su se stesso e su alcune parti del proprio corpo, in modo, da non percepire dolore proveniente da queste ultime, toccate dall’intervento. Non ci sono pendolini, né schiocchi di dita, ma un dialogo a tu per tu con il paziente.
Ci spieghi meglio di che tipo di dialogo di tratta. Come si induce l’ipnosi?
L’induzione ipnotica inizia chiedendo al paziente di concentrarsi su un punto fisico davanti a sé. Normalmente la persona è distesa supina in sala operatoria e quindi le si chiede di concentrarsi su un punto del soffitto per esempio. Successivamente, quando è profondamente concentrata – e noi lo cogliamo dalle modifiche sul volto – si passa a suggerire delle immagini da visualizzare, per esempio immaginare di sentire il proprio braccio molto pesante, o molto leggero, come fosse legato a dei palloncini. Le assicuro che se il paziente è estremamente concentrato e sa sviluppare le sue capacità immaginative, che tutti noi abbiamo, ad esempio sul sentire il proprio braccio pesante, se io lo sollevo e lo lascio cadere, cadrà davvero sul letto come cade un corpo morto.
Ma si concentrano davvero? Come viene “convinto” un paziente a sottoporsi a ipnosi con il rischio che possa non funzionare e che quindi improvvisamente possa essere colto da tutto il dolore che avrebbe voluto evitare?
Tutte le persone sono a priori ipnotizzabili. Abbassando la loro critica e amplificando le loro capacità immaginative molti hanno la capacità di sviluppare l’abilità analgesica. Il punto però è un altro: i pazienti candidati a ipnosi durante un intervento chirurgico sono persone che sono in uno stato di forte motivazione se viene loro offerta una possibilità alternativa per superare un momento che può essere abbastanza difficile, anche se non c’è nessuna controindicazione alla sedazione o, a maggior ragione, se ce ne è qualcuna. Sono dunque profondamente disponibili a provare, anche perché prima dell’intervento c’è un momento di confronto fra anestesista o il medico e paziente in cui spieghiamo bene di che cosa di tratta. Tenga conto che comunque in sala operatoria nel momento in cui il paziente dovesse uscire dall’ipnosi e non fosse possibile reinduirla o riapprofondirla, l’anestesista somministrerebbe subito il farmaco sedativo, senza compromettere in alcun modo l’esito dell’intervento.
Ma non potrebbe trattarsi solo di un momento di profondo rilassamento?
Sono stati eseguiti studi neurologici che hanno evidenziato chiaramente, attraverso risonanza magnetica, che durante l’ipnosi si attivano delle aree del cervello specifiche legate all’analgesia. Nel caso di rilassamento profondo non si verificano quelle modifiche corporee che sono tipiche di una trance ipnotica. Se c’è solo rilassamento profondo non si riesce per esempio a ottenere un braccio che cade come un sasso o una gamba sospesa a mezz’aria come tenuta su da palloncini: il paziente rimane semmai immobile.
Quindi quali sono le evidenze scientifiche sull’ipnosi medica per la gestione del dolore?
La letteratura è copiosa, specie negli ultimi 10 anni, sulla soddisfazione dei pazienti. L’Istituto Curie, che da un decennio usa l’ipnosi in oncologia e in chirurgia, nel 2011 ha riscontrato che i pazienti sottoposti a chirurgia sotto ipnosi erano molto soddisfatti (un punteggio di 9.2 su 10), tanto che l’Istituto propone l’ipnosi condotta da un anestesista anche per ridurre il dolore e l’ansia durante le procedure mediche invasive come biopsia, fibroscopia, per aiutare i pazienti a superare la claustrofobia correlata a determinati test di imaging e ridurre il disagio e l’affaticamento dovuti alla radioterapia. Ci sono poi diverse tesi di laurea e ricerche sperimentali anche in Italia, specie a Padova e Torino. Va precisato che l’ipnosi medica è considerata adiuvante rispetto all’anestesia, non sostitutiva, per pazienti che per propri motivi medici avrebbero più rischi che benefici dalla somministrazione di un sedativo.
La classe medica rimane tuttavia per lo più scettica.
Sì, la maggior parte dei miei colleghi è scettico sull’ipnosi perché la considera al di fuori dalla pratica medica. Anche se ci sono alcuni corsi universitari, come per esempio alla Facoltà di Medicina dell’Università di Padova, che formano in questo senso, non solo medici ma anche infermieri e fisioterapisti, nella stragrande maggioranza l’ipnosi non è un argomento trattato. Diversi sono tuttavia i medici che hanno sperimentato questo metodo e che sono oggi convinti che l’ipnosi possa affiancare l’approccio della medicina tradizionale, diventando uno strumento non sostitutivo ma complementare nella quotidiana pratica clinica per alcuni interventi qualora il paziente fosse giudicato non idoneo alla sedazione.
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