STRANIMONDI

La scienza di The Witcher

Viaggio nel mondo di Andrzej Sapkowski, lo scrittore polacco che ha dato vita alle imprese di Geralt di Rivia in un mondo ispirato al folklore medioevale est europeo.

Ai romanzi si sono ispirati gli sviluppatori di CD Projekt Red, sfornando tre videogiochi che, grazie alla loro qualità tecnica e narrativa, hanno ottenuto un enorme successo. Sono poi usciti giochi di ruolo, da tavolo, di carte, gadget e cosplay, fino a culminare nella serie tv che Netflix ha lanciato il 21 dicembre, dopo un’intensa campagna promozionale e un hype piuttosto elevato. L’obiettivo della piattaforma di streaming è infatti di catturare i tanti spettatori rimasti orfani di Trono di Spade con una nuova saga dove si mescolano intrighi, magia, creature fantastiche, sesso e combattimenti.

La serie tv

La storia di questa prima stagione è presa da un mix dei primi due libri di Sapkowski, Il guardiano degli innocenti e La spada del destino – i migliori della saga. Entrambi sono raccolte di racconti che sfruttano il formato breve per introdurre l’ambientazione e diversi personaggi senza dover seguire una trama unica, anche se compaiono già i semi della grande narrazione che l’autore polacco svolgerà nei romanzi successivi. Anche la serie della showrunner Lauren Schmidt Hissrich è quindi una raccolta di storie brevi e autoconclusive, con una trama orizzontale che via via si dipana seguendo le vicende di Geralt, della maga Yennefer e della giovane principessa Cirilla. Diverse linee temporali si accavallano fino a ricongiungersi in un unico presente alla fine della stagione; idea interessante ma non sempre ben gestita, che potrebbe confondere chi non sia già pratico del mondo di Sapkowski (il quale, peraltro, nei romanzi spesso divaga per ostentare il complesso worldbuilding che ha messo in piedi).

Henry Cavill si rivela un’ottima scelta di casting, così come Anya Chalotra (Yennefer) e Freya Allan (Ciri). I personaggi e i loro rapporti sono uno degli elementi meglio riusciti della saga letteraria, e la serie Netflix riesce a riprodurre solo in parte questa efficacia con i tre protagonisti e alcuni personaggi secondari (Calanthe) mentre altri risultano molto banalizzati e appiattiti (a partire dal bardo Jaskier, ridotto a insopportabile spalla comica). Discutibili gli effetti speciali, specie quelli digitali, e diverse scelte di sceneggiatura: dialoghi e scene poco sensate, frasone retoriche, battute al limite della parodia. Nel complesso, The Witcher è una serie di qualità altalenante ma che ha buone potenzialità di crescita, a patto che abbandoni certe sue derive da fantasy dozzinale ed eviti i difetti della saga letteraria – trame forzatamente complesse, divagazioni, qualità della scrittura mediocre – esaltandone i pregi – la caratterizzazione ed evoluzione dei personaggi, l’ironia meta-narrativa, il riuscito e anacronistico worldbuilding.

La scienza in The witcher

E proprio gli anacronismi sono il motivo per cui una saga del genere è interessante dal punto di vista scientifico. Per dare un tocco di originalità a un’ambientazione non molto diversa da molte altre nel panorama della narrativa fantastica, Sapkowski si infatti è divertito a inserire diversi elementi scientifici e tecnologici moderni, riuscendo ad amalgamarli nel contesto.

A partire dalla magia che, come afferma nei libri la maga Yennefer, è «caos, arte e scienza. È una maledizione, un beneficio, un progresso». Ma Sapkowski non si è limitato a questo. Per esempio, non solo è nota l’esistenza dei batteri (scoperti nel 1676 da Antonie van Leeuwenhoek), ma esiste anche una teoria dei germi, come dimostra una maga che, in uno dei videogiochi, esclama «non puoi controllare i batteri» commentando un tentativo di usare un’epidemia come arma. La stessa spiegazione dell’origine di tale epidemia, paragonabile alla Peste Nera che ha devastato l’Europa nel XIV secolo, è scientificamente verosimile, e in generale la scienza medica e quella forense sono piuttosto avanzate.

Biologia ed ecologia sono le discipline più citate nei libri e nei giochi: maghi e sapienti sanno dell’esistenza dei geni e del DNA, e conoscono le basi della teoria dell’evoluzione. In uno dei romanzi, Sapkowski si sofferma a descrivere un dialogo fra Geralt e un accademico a proposito della presunta estinzione di un gigantesco crostaceo, tirando di mezzo argomenti come la predazione e la salinità delle acque. Come spiega il cacciatore di mostri (e i fatti gli daranno ragione), il mostruoso crostaceo è sopravvissuto grazie a una mutazione genetica che ha fatto emergere un tratto vantaggioso in alcuni individui, consentendo loro di riprodursi e di adattarsi ai cambiamenti ecologici che stavano minacciando di sterminare la specie. Una spiegazione che, a parte la velocità un po’ eccessiva dei processi evolutivi, è ben fatta e ben spiegata. Cosa tutt’altro che scontata, soprattutto in un romanzo che parla di stregoni, guerrieri e mostri.

Esistono università dove si insegnano matematica, geometria e astronomia, esistono acquedotti e sistemi fognari, si fa ricerca nei laboratori e si conoscono i principi della protezione ambientale. Certo, la conoscenza di concetti complessi come la genetica non è diffusa ma è appannaggio di una ristretta cerchia di studiosi, ma si tratta comunque di un livello di dettaglio scientifico difficile da trovare in molti altri fantasy. Sono perlopiù elementi di sfondo (a parte alcuni aspetti legati all’ereditarietà), non fondamentali per la costruzione della trama principale, ma comunque importanti nel caratterizzare l’ambientazione.

Come se la cava la serie Netflix, da questo punto di vista?

Alcuni aspetti scientifici sono rimasti, sparsi qui e là: dall’utilità di un mostro nel mantenimento degli equilibri ecologici all’amore descritto come chimica corporea. Fra i pochi riferimenti specifici alla genetica ce n’è uno a proposito delle mutazioni nei draghi, che però tira in ballo in maniera maldestra i concetti di casualità e intenzionalità, mentre alcune idee interessanti emergono nella rappresentazione della magia, che è resa possibile dalla manipolazione del caos, intesa come energia primordiale plasmabile in modi diversi (un’idea che compare anche in altri fantasy, per esempio nel mondo di Warhammer). Partendo da questo assunto, si fa riferimento al potenziamento sintetico di questa energia da parte degli umani, ipotesi che però Geralt liquida come non vera – il caos è sempre lo stesso ma gli umani si sono adattati meglio al suo utilizzo rispetto ad altre specie – e c’è un divertente paragone con l’elettricità: a un certo punto compaiono delle anguille usate come conduttrici di magia, la cui presenza in un luogo specifico ha lo scopo di alimentarne le potenzialità magiche.

In generale si può dire che i risvolti scientifici dei libri siano stati solo superficialmente esplorati ma per fortuna non del tutto trascurati, quindi è lecito aspettarsi che alcuni elementi, soprattutto quelli legati all’ecologia e alla genetica, possano emergere in maniera più profonda nella prossima stagione.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Michele Bellone
Sono un giornalista e mi occupo di comunicazione della scienza in diversi ambiti. I principali sono la dissemination di progetti europei, in collaborazione con Zadig, e il rapporto fra scienza e narrativa, argomento su cui tengo anche un corso al Master di comunicazione della scienza Franco Prattico della SISSA di Trieste. Ho scritto e scrivo per Focus, Micron, OggiScienza, Oxygen, Pagina 99, Pikaia, Le Scienze, Scienzainrete, La Stampa, Il Tascabile, Wired.it.