SALUTE

Cancro e cinque sostanze chimiche. Una nuova monografia IARC

Una è stata classificata come probabilmente cancerogena, altre tre come possibilmente cancerogene; la quinta è "non classificabile per la sua cancerogenicità".

Nel novembre del 2019, un gruppo di lavoro di 13 scienziati provenienti da otto paesi si è riunito presso l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) a Lione per completare la valutazione della cancerogenicità di cinque sostanze chimiche ad alto volume di produzione, che hanno usi diversi, principalmente in fasi intermedie nella produzione di altre sostanze, o come solventi in prodotti industriali e di consumo.

Risultato: per tutti e cinque gli agenti l’evidenza degli studi sul cancro nell’uomo è risultata inadeguata. IARC ha classificato uno di essi come “probabilmente cancerogeno per l’uomo”, altri tre sono risultati essere “possibilmente cancerogeni per l’uomo” e il quinto è stato dichiarato “non classificabile per la sua cancerogenicità nell’uomo”. Queste valutazioni sono state pubblicate nel volume 125 delle monografie IARC  e sintetizzate in un articolo su The Lancet Oncology.

Ma che cosa significa questa classificazione, e soprattutto che cosa non significa? Ne parliamo con Carlo Signorelli, Professore ordinario di Igiene e sanità pubblica all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.

La classificazione IARC di “cancerogeno”

“Lo IARC, agenzia che afferisce all’Organizzazione Mondiale della Sanità, utilizza tre categorie per la carcerogenicità. Al Gruppo 1 appartengono le sostanze per le quali si è dimostrata una relazione causale certa tra esposizione all’agente d’interesse e il cancro nell’uomo. A giugno 2016, 118 agenti sono stati classificati come cancerogeni per l’uomo, fra cui il fumo di sigaretta, il papilloma virus come fattore causale per il cancro alla cervice uterina, e il sole, per i danni causati da un’inadeguata protezione contro i raggi UV. Un’altra sostanza che appartiene a questo gruppo è l’amianto che, dal momento in cui è stato inserito in questo elenco, è stato bandito nella maggior parte del mondo da tutti materiali da costruzione.

Appartenere al primo gruppo non lascia spazio al dubbio, cosa che invece accade con le sostanze classificate come “probabilmente cancerogene (gruppo 2A)” o “possibilimente cancerogene (gruppo 2B)” continua Signorelli. “È in questi casi che si discute, e che è complesso comunicare l’effettivo livello di rischio alla popolazione, così come è avvenuto pochi anni fa quando il consumo di carne rossa – in certe dosi, con una certa frequenza, e processata in un certo modo – è stata considerata possibilmente cancerogena, perché sotto certe caratteristiche il suo consumo forte era associato a un lieve aumento di rischio relativo di cancro al colon retto”.

Il punto è che consumare o no carne rossa è una scelta personale, un comportamento che si può controllare. Altra cosa è l’esposizione spesso inconsapevole a sostanze chimiche presenti nell’aria atmosferica, nei palazzi dove ci rechiamo, o negli oggetti di uso quotidiano.

Facciamo chiarezza: appartenere al Gruppo 2A significa, ad esempio, che ci può essere limitata evidenza di cancerogenicità nell’uomo e sufficiente evidenza negli esperimenti su animali. In alcuni casi, un agente può essere classificato in questa categoria quando c’è inadeguata evidenza nell’uomo, sufficiente evidenza nell’animale da esperimento e forte evidenza che il meccanismo di cancerogenesi osservato negli animali valga anche per l’uomo” spiega Signorelli. Eccezionalmente, un agente può essere classificato in questa categoria anche solo sulla base di una limitata evidenza di cancerogenicità nell’uomo. Il termine probabilmente cancerogeno non ha quindi significati quantitativi rispetto alla cancerogenicità, ma si riferisce solo al livello di evidenza: le prove di cancerogenicità nell’uomo di un probabile cancerogeno sono maggiori di quelle di un possibile cancerogeno. A giugno 2016, 80 agenti sono stati classificati come probabili cancerogeni per l’uomo.

Appartenere invece al Gruppo 2B – Possibilmente cancerogeno per l’uomo – significa che la letteratura al momento ha rilevato limitata evidenza di cancerogenicità e meno che sufficiente evidenza di cancerogenicità negli animali da esperimento. A giugno 2016, 289 agenti sono stati classificati come possibili cancerogeni per l’uomo.

Le cinque sostanze esaminate

Il glicidil metacrilato viene utilizzato principalmente nella produzione di polimeri epossidici e resine viniliche e acriliche. Questi polimeri vengono successivamente utilizzati in sigillanti dentali, compositi e adesivi, materiali compositi ossei, rivestimenti in polvere, lenti in idrogel e materiale a contatto con alimenti. Non si prevede un’esposizione al glicidil metacrilato come monomero dall’uso dei prodotti polimerizzati. Uno studio ha riportato esposizioni professionali per gli addetti alla produzione chimica. Potrebbero inoltre verificarsi potenziali esposizioni a breve termine durante la preparazione di materiali compositi dentali o ossei, ma per questi contesti non erano disponibili dati sull’esposizione. Vi erano prove “sufficienti” negli animali da esperimento per la cancerogenicità del glicidil metacrilato, con una maggiore incidenza di neoplasie maligne in entrambi i sessi di due specie esposte per inalazione. Non sono disponibili dati diretti sull’assorbimento o l’escrezione da specie di mammiferi. Sono state individuate prove “forti” che il glicidil metacrilato è genotossico nelle cellule primarie umane.
Il glicidil metacrilato è dunque stato classificato come “probabilmente cancerogeno per l’uomo” (Gruppo 2A) sulla base di prove sufficienti di cancerogenicità negli animali da esperimento.

Due composti, 1-butil glicidil etere e 1-bromo-3-cloropropano, sono stati classificati come “possibilmente cancerogeni per l’uomo” (Gruppo 2B) in base a prove “sufficienti” di cancerogenicità negli animali da esperimento e “forti” prove meccanicistiche che esibiscono caratteristiche chiave degli agenti cancerogeni nei sistemi sperimentali.

L’1-butil glicidil etere è un solvente intermedio reattivo e che riduce la viscosità utilizzato nella fabbricazione di resine epossidiche. È anche usato come modificatore di superficie nella tintura di cotone e lana. L’esposizione professionale è possibile nei luoghi di lavoro in cui viene prodotto o usato 1-butil glicidil etere, ma non si prevede un’esposizione generale della popolazione dall’uso dei prodotti polimerizzati.
1-Bromo-3-cloropropano è un intermedio nella produzione di una vasta gamma di prodotti farmaceutici, alcuni pesticidi e altri prodotti chimici. L’esposizione professionale è possibile nei luoghi di lavoro in cui viene prodotto o utilizzato 1-bromo-3-cloropropano, mentre è improbabile che si verifichi un’esposizione della popolazione generale.

Il 4-clorobenzotrifluoruro è stato classificato come possibilmente cancerogeno per l’uomo (gruppo 2B), sulla base di prove sufficienti di cancerogenicità negli animali da esperimento. È ampiamente usato come solvente e diluente per inchiostri, vernici, toner e rivestimenti e in applicazioni dispersive nell’industria automobilistica. È anche un componente importante nelle formulazioni industriali e di consumo come detergenti, sgrassatori, smacchiatori e sigillanti. Uno studio ha riportato esposizioni professionali in impianti di produzione di vernici e veicoli. La popolazione generale potrebbe essere esposta attraverso prodotti di consumo e acqua e pesce contaminati. Tuttavia, non erano disponibili studi che misurassero l’esposizione generale della popolazione.

Infine, per il cloruro di allile, il gruppo di lavoro ha confermato la precedente valutazione di non classificabile in merito alla sua cancerogenicità per l’uomo (gruppo 3).

Cosa significa la classificazione in termini di rischio? Come avviene la valutazione?

“Ragioniamo sempre in termini cautelativi – spiega Signorelli – esaminando tutta la letteratura pubblicata sul rischio di moltissimi fattori. Le sostanze chimiche hanno tempi di latenza anche di vent’anni, rispetto all’insorgenza di un tumore. È chiaro che è molto tempo, e non si può attendere così tanto per elaborare dei risultati su esposizioni avvenute oggi. Così facciamo l’opposto: guardiamo indietro, esaminando le storie di esposizione a una certa sostanza, in soggetti che oggi manifestano un tumore, stimando il rischio.

È evidente che questa operazione porta con sé delle distorsioni, come per esempio il fatto che in una vita siamo esposti a moltissime sostanze, combinate insieme in molti modi, ognuno di noi in modo diverso. È proprio per questo – conclude Signorelli – che i gruppi non sono due (cancerogeno e non cancerogeno) ma diversi, a seconda del grado di rischio, e ogni sostanza poi viene spostata nel gruppo più consono a ogni revisione della letteratura che la riguarda.”


Leggi anche: Consumo eccessivo di carne rossa e salute: nuovi dati su BMJ

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine:Pixabay

 

Condividi su
Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.