RICERCANDO ALL'ESTERO

Il controllo del metabolismo nell’obesità e diabete

Conoscere e regolare le molecole coinvolte nel bilancio energetico delle cellule: una strategia per sviluppare nuove terapie per l'obesità e il diabete di tipo 2.

Il nostro organismo usa diverse strategie per gestire le proprie riserve di energia, bilanciando assunzione e spesa. Tra le molecole che regolano il metabolismo dei nutrienti e l’omeostasi energetica ci sono anche proteine altamente specifiche coinvolte nell’immagazzinamento dei lipidi.

Matteo Tardelli è al Weill Cornell Medical College di New York per studiare il meccanismo d’azione di una di queste molecole, PCTP (PhosphatidylCholine Transfer Protein), e il suo potenziale ruolo nel trattamento dell’obesità e dell’insulino-resistenza legata a condizioni patologiche come il diabete di tipo 2.


Nome: Matteo Tardelli
Età: 33 anni
Nato a: Massa Carrara
Vivo a: New York (Stati Uniti)
Dottorato in: endocrinologia e metabolismo (Vienna)
Ricerca: Effetto di PCTP e Them2 sull’insulino-resistenza nel diabete di tipo 2
Istituto: Division of Gastroenterology and Hepatology, Weill Cornell Medical College (New York)
Interessi: andare in bici, suonare la batteria, la musica jazz, leggere
Di New York mi piace: il tempo, il cibo, è multiculturale e ci sono tante persone creative
Di New York non mi piace: i trasporti, è molto sporca e costosa
Pensiero: O la va o la spacca.


Qual è la funzione di PCTP nel nostro organismo?

PCTP è un trasportatore di grassi, in particolare di fosfatidilcolina che è uno dei fosfolipidi più importanti che compongono la membrana cellulare. Assieme al suo partner di interazione, Them2, PCTP è una proteina cruciale nel metabolismo degli acidi grassi perché è in grado di limitare il loro accesso al ciclo di Krebs, tappa centrale nella produzione di energia all’interno della cellula.

Dalla letteratura si sa che topi ipernutriti e knock-out per PCTP, cioè privi della proteina a livello di tutto il corpo, mostrano una maggiore sensibilità all’insulina e ciò fa supporre un suo coinvolgimento in malattie metaboliche come il diabete mellito. Purtroppo il meccanismo molecolare a livello dei singoli tessuti non è ancora noto: PCTP, infatti, è presente soprattutto nel fegato, nel tessuto adiposo bruno, nel cuore e nel muscolo scheletrico.

L’obiettivo del mio lavoro è capire il ruolo di PCTP nei vari tessuti nel metabolismo degli zuccheri e acidi grassi, soprattutto in condizioni di obesità, diabete e malattie epatiche. La nostra idea è che, tenendo sotto controllo questa proteina, si possa limitare l’accesso di acidi grassi al ciclo di Krebs in contesti patologici e ripristinare così le normali condizioni di salute.

Come si valuta il ruolo di PCTP nei vari tessuti?

Usiamo dei modelli animali in cui PCTP è stata di volta in volta eliminata nel fegato o nei muscoli o nel tessuto adiposo bruno e registriamo tutta una serie di parametri legati al metabolismo.

Il tessuto adiposo bruno è il grasso tipico degli animali che vanno in letargo; nell’uomo adulto ce n’è poco mentre è ampiamente distribuito nei neonati, nella zona retro-scapolare e a livello di collo, clavicole e reni. La sua funzione è assicurare la termogenesi, ossia la produzione del calore necessario a mantenere la temperatura corporea a 36,5 gradi.

Quando abbiamo freddo, infatti, la prima cosa che avviene è l’attivazione del tessuto adiposo bruno grazie alla quale si iniziano a bruciare calorie in modo molto inefficiente per generare calore immediato. Si parla di termogenesi “non da brivido”.
Invece, quando la temperatura è inferiore ai 17 gradi, si attiva la termogenesi “da brivido”, quella in cui intervengono i muscoli che iniziano a contrarsi non tanto per produrre movimento ma appunto per generare calore.

Recentemente lo studio della termogenesi “non da brivido” ha riscosso molto interesse nella cura dell’obesità: dato che sostanzialmente consiste nel bruciare calorie per produrre calore, potrebbe essere che tenendo il meccanismo attivo il più a lungo possibile si possa curare l’obesità. È una teoria che va verificata e che stiamo attualmente studiando.

Quali sono gli effetti dei knock-out di PCTP nei vari tessuti?

Il fenotipo di per sé è difficile da capire perché c’è un intenso scambio di informazioni tra tutti gli organi coinvolti (fegato, muscoli, i due tessuti adiposi).
In ogni esperimento, raccogliamo dati riguardanti il peso dell’animale, il peso del cibo, quanto ossigeno consuma, quanta CO2 produce, quanto corre, quanto si muove la notte. Aggiungiamo anche variazioni della temperatura ambientale, per valutare l’attivazione della termogenesi da freddo. Le misurazioni sono frequenti, circa ogni minuto, e le informazioni che si ottengono per ogni esperimento sono davvero tante e molto dettagliate.

In generale abbiamo visto che i topi privi di PCTP nel tessuto adiposo e nel muscolo corrono di più e sembra abbiano un’aumentata beta-ossidazione nel grasso bruno, quindi bruciano gli acidi grassi più velocemente.
Il meccanismo preciso con cui ciò avviene è ancora tutto da capire, ovviamente. Ma il risultato è molto interessante a livello metabolico perché se riuscissimo a eliminare PCTP, magari con un inibitore farmacologico o con la terapia genica, sarebbe possibile far correre di più le persone o far bruciare il grasso anche semplicemente stando seduti.

Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?

Innanzitutto cercare di capire bene il meccanismo alla base del fenotipo che vediamo. Poi, per confermare teoricamente le nostre ipotesi, dovremo valutare cosa succede non solo quando eliminiamo PCTP dai vari organi ma anche quando la iper esprimiamo.

Qua bisognerà partire dalle colture cellulari, magari isolando qualche cellula primaria dal tessuto adiposo, dal muscolo e dal fegato e analizzare il fenotipo dei sistemi in vitro, usando come termine di paragone il sistema in vivo.


Leggi anche: Piccole molecole per il trattamento del diabete di tipo 2

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.