Il cervello regola l’appetito (e controlla il peso corporeo)
Il cervello umano raccoglie e integra le informazioni provenienti dal resto del corpo. Diverse patologie sono alla base di una mancata regolazione dell'appetito.
L’assunzione di cibo è un’azione vitale per la nostra sopravvivenza ed è strettamente regolata dal nostro cervello e da una serie di circuiti neuronali. In un organismo in salute, il cervello gestisce le informazioni che riceve da tutto il corpo e bilancia l’ingresso di calorie con il consumo energetico necessario al mantenimento dell’omeostasi. Se questo meccanismo si rompe, il controllo sulla percezione del cibo e dell’appetito salta e si possono avere disturbi del comportamento alimentare, come obesità e anoressia.
Alessandro Furlan è al Cold Spring Harbor Laboratory di New York per studiare come il cervello controlla l’alimentazione e l’equilibrio energetico, in particolare in disturbi legati al peso corporeo.
Nome: Alessandro Furlan
Età: 35 anni
Nato a: Padova
Vivo a: Long Island (Stati Uniti)
Dottorato in: neuroscienze molecolari (Stoccolma)
Ricerca: Come la comunicazione tra la periferia e il cervello influenza l’omeostasi
Istituto: Cold Spring Harbor Laboratory (New York, Stati Uniti)
Interessi: uscire e passeggiare a NY, cinema, scacchi, degustazione di birre
Di Long Island mi piace: le spiagge e la natura in autunno, State Park
Di Long Island non mi piace: non è una città, ha poche distrazioni
Pensiero: La scienza è come un gatto. Non la scegli tu, ti sceglie lei
Come viene regolato il peso corporeo?
L’assunzione di cibo è regolata da complessi meccanismi fisiologici di cui sappiamo qualcosa ma non tutto. Quando il nostro organismo riesce a equilibrare le calorie che mangiamo con quelle che spendiamo, il nostro peso rimane più o meno costante. Alcune attività, come l’attività fisica, sono in grado di favorire questo equilibrio.
Se il meccanismo si rompe, il cervello riceve o manda messaggi sbagliati e si tende a mangiare di più o di meno.
Nel corso della nostra vita è normale prendere peso, ma adesso siamo di fronte a una pandemia di obesità pazzesca. In più, questo è un periodo difficile per il nostro peso corporeo, perché tendiamo a mangiare di più e ci muoviamo di meno; da un lato tanti lavori sono (o sono diventati) statici, dall’altro l’attività fisica volontaria è parecchio diminuita.
Per ripristinare una sorta di equilibrio dovremmo mangiare meno e consumare di più. Ma è più facile a dirsi che a farsi: mangiare è bello, siamo costruiti per essere attratti dal cibo, se non mangiamo moriamo. Correre o fare attività fisica non è altrettanto gratificante e appagante, almeno per la maggior parte delle persone.
Quali sono le aree del cervello coinvolte nella regolazione del comportamento alimentare?
Abbiamo individuato particolari neuroni nell’amigdala che agiscono su neuroni periferici simpatici che innervano un po’ tutti i tessuti, anche quello adiposo.
Nei topi, abbiamo visto che l’attivazione di questi neuroni nell’amigdala porta l’animale ad assumere più calorie di quelle necessarie alla sua omeostasi e a muoversi meno. Doppio svantaggio quindi: più calorie assunte e meno consumate.
Se invece inattiviamo in maniera specifica i neuroni, i topi non solo perdono il 10% del loro peso (pur senza mangiare di meno) ma riescono addirittura a stabilizzarsi e non ingrassare più. Cosa che invece affligge molti esseri umani che, dopo essere riusciti a perdere peso, non riescono a mantenerlo. E questo perché, dopo una dieta, il corpo interpreta la mancanza del cibo che aveva fino a poco prima come una carestia e fa di tutto per cercare di ritornare alla condizione precedente, aumentando l’appetito e riducendo le spese metaboliche.
Questo primo esperimento è stato fatto somministrando agli animali una dieta equilibrata, fatta da carboidrati, fibre e solo il 5% di grassi.
Cosa succede se cambiate dieta, passando a una magari molto calorica?
Dopo un mese abbiamo provato a somministrare un cibo meno salutare ma molto piacevole da mangiare, fatto praticamente da soli grassi.
È emerso che i topi con i neuroni inattivati mangiano meno e corrono di più, e rimangono magri. Apparentemente (stiamo ancora rielaborando i dati) mangiano in base alle calorie che servono per mantenere tutti i processi fisiologici, non una caloria in più. È come se diventassero contemporaneamente atleti e macchine di una efficienza pazzesca.
Invece, I topi di controllo, cioè quelli con i neuroni normalmente attivi, perdono la testa per il cibo grasso e mangiano senza fermarsi, diventando così obesi.
Se non ripristiniamo la dieta salutare e rendiamo cronica quella grassa, entrambi i tipi di topi aumentano di peso ma quelli con i neuroni inattivati lo fanno in maniera molto meno pronunciata.
Certamente il mangiare meno è una delle ragioni principali di questo effetto, ma potrebbero essere coinvolti anche altri processi metabolici perché i topi sembrano in grado di gestire il cibo grasso in maniera più efficiente, forse proprio perché corrono di più.
Avete fatto delle indagini anche a livello molecolare?
Per ora ci siamo fermati a livello di sistema e non sappiamo quali meccanismi molecolari sono coinvolti o quale parte del neurone è importante nel mediare questi effetti. Uno dei prossimi passi è sequenziare i neuroni, all’inizio, durante la progressione e quando l’obesità è conclamata, per capire quali sono le molecole responsabili del fenotipo, sia a livello centrale che periferico.
Definire nel dettaglio i meccanismi cerebrali che gestiscono il comportamento alimentare è molto importante perché, se si potessero in qualche modo spegnere o regolare, potremmo controllare l’omeostasi del nostro corpo e mantenere il peso a un livello ideale.
Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?
Stiamo finendo di analizzare i dati metabolici, poi passeremo a test fisiologici per capire se questi neuroni sono coinvolti nel meccanismo di regolazione del glucosio e dell’insulina. Poi vorrei capire l’impatto di questa manipolazione cerebrale sui tessuti periferici, se ci sono effetti collaterali e se la regolazione di questi neuroni porta a un reale beneficio per la salute.
Infine, vorrei estendere questo approccio ad altri neuroni del cervello per capire quali sono quelli più vulnerabili ai cambiamenti metabolici: ci deve essere un inizio, un punto in cui scatta qualcosa e il neurone, bombardato da stimoli come una dieta piena di grassi, perde la sua funzione originaria. Qui l’idea è di avere una specie di finestra sul cervello da cui seguire in real time l’evoluzione del segnale del neurone per capire come modifica la propria attività e correlarla con un fenotipo di obesità più o meno grave.
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