Fake People: come i bot stanno cambiando la nostra vita
Se pensate che i bot siano qualcosa di legato al mondo nerd e al massimo a qualche sofisticato sistema di marketing delle aziende più ricche, vi sbagliate di grosso.
Il messaggio che la giornalista Viola Bachini e Maurizio Tesconi, ricercatore dell’Istituto di Informatica e Telematica del CNR di Pisa, hanno affidato al saggio Fake People (Codice Edizioni, 15€) è proprio questo: le persone finte (traduzione di fake people) sono in mezzo a noi, e lo sono sempre di più. In che modo? Bachini e Tesconi ci fanno moltissimi esempi, mai banali e sempre ben argomentati, spesso con l’aiuto di esperti del settore. Si legge di fembot (bot dalle sembianze femminili) che hanno chattato con ignari utenti uomini alla ricerca di una storia d’amore o di una scappatella sul sito d’incontri Ashley Madison, oppure di come il giocatore di poker professionista Darren Wood sia stato condannato per aver barato utilizzando avversari fittizi creati e manovrati appositamente da lui per vincere.
I bot
Ma che cos’è un bot? “Bot” è un’abbreviazione di “Robot”, che è una parola che deriva dal ceco “Robota”, ovvero “schiavo”. Il termine è stato creato nel 1920 dallo scrittore Karel Cˇapek, proprio per andare a significare un qualcosa “a servizio” delle persone. Quello con cui abbiamo a che fare oggi però, è un po’ diverso. Perché se i bot, o robot, sono stati creati per servire l’essere umano, quello che fanno le intelligenze artificiali va in realtà molto oltre. Lo scopo di questi sistemi, creati per avere interazioni o conversazioni online con gli esseri umani, sta diventando sempre più quello di simulare in tutto e per tutto il comportamento umano, e in una visione un po’ alla Matrix, quasi di sostituirlo. Infatti, come raccontano sapientemente gli autori del testo, se all’inizio era piuttosto facile individuare i bot, ormai sta diventando più difficile distinguerli dagli esseri umani.
“Su internet nessuno sa che sei un cane”
Una celebre vignetta del New Yorker di inizio anni ’90 realizzata da Peter Steiner raffigurava due cani davanti a un computer mentre uno dei due diceva all’altro: “Su internet nessuno sa che sei un cane”. Sebbene si tratti di un’illustrazione di quasi trent’anni fa, quando internet era ancora agli albori, è estremamente attuale e riassume molto bene il pensiero di questo libro, e viene infatti citata più volte nel testo. La rete è un luogo virtuale dove è molto più facile che nella vita vera fingersi chiunque. Non solo esseri umani che si fingono altri esseri umani, ma anche e soprattutto computer o software che si fingono utenti in carne e ossa, ma in realtà, non sono altro che stringhe di codice. Da alcuni anni ciò avviene sempre più spesso. Non solo per i siti di incontri e le partite di poker online, ma anche in moltissime altre situazioni, che gli autori snocciolano in modo scorrevole e appassionante. Vediamone alcune.
Esempi di intelligenze artificiale nella vita quotidiana
Avete mai notato che a volte capita che qualcuno su Instagram o Twitter passi da pochi follower a moltissimi in breve tempo? È molto raro che ciò accada in modo “naturale”, cioè che moltissime persone si interessino a uno stesso utente in pochissimo tempo. A volte capita, come raccontano gli autori nel testo, per esempio è capitato all’influencer Elle Darby dopo essere stata svergognata pubblicamente da un hotel di Dublino per aver chiesto di usufruire dei servizi della struttura in cambio di pubblicità online. Ma sono casi rari. Spesso quando aumentano like e follower in maniera smisurata sul profilo di qualcuno si tratta di una vera e propria compravendita. Esistono dei siti infatti che offrono questo tipo di interazioni a un prezzo variabile, per aumentare la visibilità degli utenti. L’influencer è oggi una vera e propria professione: non stupisce quindi che ci sia chi lucra dietro questa attività. Solitamente i follower comprati sono dei profili falsi di questo o quel social network che sono stati creati con il solo scopo di fornire follower e like a chi ha pagato per questo servizio. “Semplici o complessi che siano, i fake followers automatici rappresentano uno dei prodotti più venduti del mercato“, affermano gli autori. In alcuni paesi (come la Russia) è addirittura possibile comprare follower tramite distributori automatici come quelli delle bevande o del caffè, raccontano.
Come smascherare un bot
È stato scoperto che sono stati creati profili falsi per sostenere campagne elettorali, per influenzare l’andamento in borsa di certe azioni o per convincere i giovani elettori ad andare a votare. Ecco insomma come l’utilizzo di questi alter ego digitali è entrato nella nostra vita di soppiatto, senza farsi notare. Ma c’è chi ha indagato per verificare cosa stesse succedendo. Un esempio eloquente che gli autori riportano è quello della politica.
È capitato spesso, anche in Italia, che due avversari politici si sfidassero sui social a suon di like e di retweet. C’è chi ha pensato che i botta e risposta social non fossero del tutto frutto di intelligenza umana. Sono stati così utilizzati dei programmi come Twitteraudit per valutare quanti dei follower, in questo caso di Twitter, fossero in realtà falsi. Diversi politici nel nostro Paese hanno usato questo strumento come arma contro i propri avversari, ma, come mettono in guardia nel testo gli autori, non sempre questi strumenti sono affidabili. Per la bot detection sono infatti disponibili tecniche e programmi avanzati, che analizzano la credibilità dei profili basandosi su codici e rilevazioni che nulla hanno da invidiare all’esame del DNA. Più un profilo fake è simile a uno “umano”, più è difficile smascherarlo. Ma qual è la caratteristica dell’essere umano, suggeriscono Bachini e Tesconi? L’essere umano sbaglia: e se le macchine inizieranno a copiarci così bene da sbagliare anche loro?
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