Il valore delle carezze nella consapevolezza di sé
Il tocco affettivo gioca un ruolo chiave nello sviluppo della salute umana. Riconoscere le sensazioni provenienti dall’interno del nostro corpo è alla base della costruzione del senso di sé.
Il senso di appartenenza corporea è una componente fondamentale della consapevolezza di sé. È, per esempio, quello che interviene ogni volta che ci guardiamo allo specchio e sentiamo che l’immagine riflessa corrisponde a ciò che effettivamente proviamo in quella posizione e in quel momento.
Non è una capacità con cui nasciamo, ma la sviluppiamo nei primi anni di vita e attorno ai due anni si manifesta come consapevolezza che il corpo ci appartiene.
Il senso di appartenenza corporea emerge quando c’è un equilibrio e un’appropriata integrazione tra tre tipi di segnali: quelli che vengono dall’esterno (definiti esterocettivi), quelli che danno informazioni sulla posizione del corpo (propriocettivi) e quelli che provengono dall’interno del nostro corpo, detti enterocettivi.
Una modalità enterocettiva che dà un importante contributo alla consapevolezza del corpo è il tocco affettivo.
Laura Crucianelli è al Karolinska Institutet di Stoccolma per studiare il ruolo del tocco affettivo nel modo in cui percepiamo noi stessi.
Nome: Laura Crucianelli
Età: 33 anni
Nata a: Macerata
Vivo a: Stoccolma (Svezia)
Dottorato in: neuroscienze cognitive (Londra)
Ricerca: Il ruolo dei segnali enterocettivi nel senso di appartenenza corporeo
Istituto: Department of Neuroscience, Karolinska Institutet (Sweden)
Interessi: leggere, cinema, musei
Di Stoccolma mi piace: la natura, le lunghe giornate d’estate
Di Stoccolma non mi piace: le persone sono un po’ fredde
Pensiero: The real voyage of discovery consists not in seeking new landscapes, but in having new eyes. (Marcel Proust)
In che cosa consiste il tocco affettivo?
È un tocco lento e delicato che viene dato a una specifica velocità e temperatura e viene percepito come piacevole dal soggetto che lo riceve.
Dal punto di vista anatomico, il tocco affettivo attiva particolari fibre nervose, chiamate CT (C-tattili), presenti nelle parti pelose della nostra pelle ma non nelle zone glabre (come il palmo delle mani). Per dare una sensazione di piacevolezza, la stimolazione deve avere una velocità compresa tra 1 e 10 centimetri al secondo: se è più lenta o più veloce, l’attivazione delle fibre è ridotta così come è ridotto il piacere provocato.
Ci sono diverse teorie che dimostrano come questo tocco sia importante per le relazioni sociali ma soprattutto per come ci relazioniamo con noi stessi. Si è visto, infatti, che le informazioni provenienti dalle fibre CT, dopo aver raggiunto il midollo spinale, risalgono fino al cervello e attivano l’insula, un’area importante per il nostro senso di consapevolezza corporeo e per la percezione di sé.
Come studi il tocco affettivo?
Riproduco il tocco facendo scorrere manualmente un pennello molto soffice sull’avambraccio del soggetto di interesse e poi registro la sua esperienza a livello comportamentale.
Il tocco affettivo è molto studiato perché è stato ridefinito come modalità enterocettiva a tutti gli effetti: è vero che alla base c’è uno stimolo esterocettivo, ma la sensazione la senti dentro al corpo.
Il test tradizionalmente più usato per valutare l’enterocezione è quello del battito cardiaco, in cui si chiede ai partecipanti di contare il battito del proprio cuore, senza toccarsi, e si confronta il numero ottenuto con quello registrato oggettivamente. Tuttavia questo test ha moltissimi limiti perché non tutti i soggetti si concentrano effettivamente sulle sensazioni del corpo, ma c’è chi conta i secondi, chi trova espedienti per amplificare il battito, ecc. Il tocco affettivo potrebbe perciò permettere di analizzare in maniera più precisa la percezione dei segnali interni e il senso di appartenenza corporea.
In che tipo di studi usi il tocco affettivo?
Innanzitutto l’ho associato al più famoso esperimento di appartenenza corporea che è l’illusione della mano di gomma. Ai partecipanti viene chiesto di posizionare la mano sinistra su un tavolo posto davanti a loro, in una zona nascosta del piano; nella parte visibile viene collocata una mano di gomma. A questo punto si applica una stimolazione sincrona sulla mano nascosta e su quella di gomma: dopo alcuni minuti, la maggior parte dei partecipanti ha l’esperienza che quella di gomma diventi la propria mano.
Ho provato a modificare l’esperimento, applicando la stimolazione meccanica nell’intervallo di velocità del tocco affettivo ed è emerso che c’è un aumento significativo dell’illusione.
Ciò ci suggerisce che, nello sviluppo, questo tocco ha un ruolo importante nel modo in cui diventiamo consapevoli del nostro corpo. Non a caso è il tocco che di solito i genitori usano con i bambini appena nati.
Dopo questi risultati, mi sono interessata alla psicologia dello sviluppo e ho condotto uno studio in cui ho analizzato le interazioni tattili spontanee tra madre e bambino per vedere se le madri tendono a usare il tocco affettivo più di altri tipi di tocco.
Abbiamo scoperto che le madri meno allineate con i bisogni del bambino (si parla di mentalizzazione) usano un tocco che non è affettivo, ma più aggressivo, di restrizione. E ciò si traduce in bambini che usano il medesimo tipo di tocco con la madre.
Il tocco affettivo può avere un ruolo anche a livello clinico?
Ho preso in considerazione due disturbi di consapevolezza corporea, quello di pazienti con danno da ictus e quello in soggetti con disturbi del comportamento alimentare. Abbiamo dimostrato che soggetti con anoressia nervosa percepiscono il tocco affettivo in maniera meno piacevole rispetto ai gruppi di controllo. Non sappiamo se tale sensazione è dovuta al fatto che sono (o sono stati) meno esposti al tocco affettivo o se sono meno esposti perché non lo trovano piacevole. Però è interessante il fatto che pazienti in remissione, cioè senza anoressia da almeno un anno, continuano a percepire il tocco affettivo come meno piacevole, come se fosse un tratto di personalità che rimane anche dopo la scomparsa del disturbo alimentare.
Per i pazienti con ictus, invece, ci siamo focalizzati sui disturbi di consapevolezza corporea dopo un danno all’emisfero destro del cervello. È emerso che tali soggetti fanno fatica a distinguere il tocco affettivo da quello non affettivo e che questa difficoltà è associata a una lesione a carico dell’insula. In pratica se l’ictus colpisce l’insula, si avrà anche un disturbo della percezione del tocco affettivo.
Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?
Finora ho sempre analizzato il tocco affettivo dal punto di vista comportamentale, quindi registrando la percezione del soggetto per capire la sua esperienza. Adesso vorrei cominciare a usare il neuroimaging per capire come integriamo a livello cerebrale i segnali enterocettivi ed esterocettivi in relazione alla consapevolezza di sé.
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