Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire
La ribellione dei cani adolescenti e la sordità selettiva degli anziani: vi è mai capitato di chiedervi se il vostro animale domestico sente quello che dite?
Ci sono almeno due periodi della vita di un cane in cui i proprietari si chiedono: “ma ci sente?”, “sarà mica sordo?”. E sono l’adolescenza e la vecchiaia. Il più delle volte il cane che si trova in uno di quei due momenti ci sente, eccome! Eppure non si gira quando lo chiamiamo, se lo riprendiamo per un comportamento che non ci piace fa letteralmente lo gnorri; siamo in passeggiata nel bosco e vogliamo tornare a casa ma, proprio in quel momento, il cane annusa il terreno e non sente che lo stiamo richiamando. Perché succede?
Sordità selettiva
L’adolescenza è un momento difficile, non solo per l’essere umano, ma anche per il cane. È un momento di ribellione, dove non ti va di sentire quello che gli adulti ti dicono. Bene, questo vale anche per i cani. E oggi la ricerca lo ha dimostrato.
Uno studio dell’Università di Newcastle ha messo in luce, per la prima volta, come anche i cani attraversino un certo sconvolgimento emotivo quando entrano nella pubertà. Ed è lì che smettono di sentirci: diventano testardi e disobbedienti quasi da un momento all’altro, fanno finta di non sentire i nostri richiami, aumentano il loro raggio di allontanamento da noi quando sono liberi, provano a vedere fino a che punto possono tirare la corda. E quando sono impegnati in qualcosa di veramente appassionante (come l’incontro con un altro cane o una pista olfattiva profumata) allora chiudono il canale di comunicazione con noi e non ci “sentono”.
Il team di ricerca della Newcastle ha valutato 69 cani adolescenti (circa 8 mesi di età) di razze che sono ben note per le loro capacità di obbedienza all’essere umano – Golden Retriever, Labrador, Pastore Tedesco – e ha scoperto come anche questi, in età adolescenziale, improvvisamente fatichino a rispondere a comandi semplici, compiti che hanno sempre svolto con facilità e addirittura con piacere, come il “seduto” o il “vieni da me”. Ciò che hanno osservato di molto interessante è stato che quei cani rispondevano più facilmente ai comandi quando era un estraneo a impartirli, ma facevano i “furbetti” quando era il loro proprietario a fare richieste. La “sordità” era, quindi selettiva, esattamente come lo è la ribellione degli umani adolescenti, che è diretta specificatamente ai genitori.
Inoltre lo studio ha evidenziato altre interessanti somiglianze tra adolescenti, cani e uomini: “La relazione tra genitore e figlio cambia durante l’adolescenza – chiariscono gli autori – particolarmente in bambini che si ritiene abbiano: una pubertà precoce dovuta ad attaccamenti meno sicuri con il loro caregiver e una fase di maggiore comportamento conflittuale nei confronti del proprio genitore quando lo stile di attaccamento è meno sicuro. Noi abbiamo riscontrato associazioni analoghe nei cani adolescenti basate sul comportamento e sui tempi riproduttivi dei potenziali cani guida”. In particolare le femmine con attaccamenti insicuri sono diventate capaci di riprodursi prima delle altre, e si è osservata anche una conflittualità più pronunciata con l’umano di riferimento in cani il cui comportamento indicava un attaccamento insicuro.
L’effetto “positivity”
Passata l’adolescenza ricominciamo a riconoscere il nostro cane, almeno fino a che non invecchia. La vecchiaia, di nuovo, ci mette alla prova come compagni umani e iniziamo a scoprire i primi decadimenti cognitivi, oltre che fisici, e la perdita o la riduzione di alcuni canali percettivi, come la vista. E poi ci sembra che non ci senta bene. A volte è così, certo. Ma molto spesso, invece, se richiamiamo il cane e lui sembra non accorgersi minimamente della nostra voce, la questione non è il calo dell’udito, ma il cosiddetto “positivity effect”. Succede anche nell’essere umano ed è la tendenza degli anziani a prestare normale attenzione a situazioni e stimoli positivi, ignorando del tutto quelli negativi, fastidiosi o dolorosi.
Da tempo è noto che i cambiamenti nel cervello umano legati all’età possono alterare anche il modo in cui le emozioni vengono elaborate. Così i cambiamenti di valenza dell’attenzione e della memoria sono stati visti aumentare con l’avanzare dell’età con il risultato che gli anziani sono meno attenti e sperimentano meno emozioni negative, mentre l’elaborazione delle emozioni positive rimane più a lungo intatta. Ma si sapeva poco su questo “positivity effect” negli animali. Uno studio pubblicato recentemente su Scientific Reports ha, invece, esplorato questo campo nei cani, scoprendo che c’è una notevole somiglianza nell’elaborazione sottocorticale delle emozioni tra cani e umani.
Anche i cani anziani vivono questo effetto “positivity” ed è così che quando richiamiamo il cane in un momento in cui lui non ha desiderio di venire da noi, non ci “sente”. Ma se infiliamo la mano in tasca per fare rumore con un sacchetto di bocconcini, il cane potrà essere lontano da noi con occhi e orecchie, ma stiamo certi che ci sentirà benissimo.
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