Cani, anche i randagi capiscono la nostra gestualità
Anche quando non vivono in casa con noi, danno valore alle nostre indicazioni come il pointing e comprendono la comunicazione umana.
Sappiamo che i cani ci capiscono molto bene: riconoscono persone, espressioni facciali e parole, rispondono a un incitamento e, se indichiamo loro qualcosa, sanno seguire la nostra indicazione. Ma c’è da dire una cosa: gli esperimenti condotti per evidenziare tutte queste capacità sono normalmente condotti con cani di famiglia, abituati a vivere e interagire quotidianamente con noi. Cosa sappiamo, invece, dei cani randagi? È ciò che è andato a indagare uno studio recentemente pubblicato su Frontiers in Psychology, nel quale gli autori hanno valutato quanto questi cani comprendano, e come si rapportino, al gesto di pointing eseguito in diverse modalità.
Nelle strade indiane
Lo studio è stato condotto in India, su cani individuati nelle strade di Kanchrapara, Kalyani e Mohanpur, città del Bengala Occidentale. I cani liberamente vaganti (free ranging dogs) e privi di padrone di queste aree, non diversamente da ciò che avviene in Italia, interagiscono regolarmente con gli esseri umani. A volte in modo positivo, ricevendo una carezza o del cibo; altre volte venendo scacciati, picchiati o avvelenati. Nel nuovo studio, gli autori hanno voluto capire quanto della capacità d’interpretare la comunicazione umana fosse presente in questi animali, per i quali il rapporto con la nostra specie può quindi essere complesso e avere un forte impatto sulla socialità.
Hanno quindi selezionato 160 cani, maschi e femmine, scegliendoli adulti e, almeno per quel che si poteva vedere a occhio nudo, sani. Quindi li hanno familiarizzati con la presenza di ciotole rovesciate, sotto le quali veniva posto del cibo, per poter iniziare con l’esperimento vero e proprio. Uno sperimentatore preparava due ciotole, l’una contenente un boccone, l’altra vuota ma “profumata” con l’odore di cibo. A questo punto, per lavorare in doppio cieco, un secondo sperimentatore, ignaro di quale ciotola nascondesse il boccone, ne indicava una a caso al cane testato. Restava da capire se il cane seguisse o meno l’indizio visivo.
Segui il dito
I ricercatori hanno lavorato su due diversi tipi di pointing: il primo è definito “indizio dinamico”, nel quale il gesto è fatto in piena vista del cane e il braccio rimane teso finché questi non sceglie; il secondo è l'”indizio momentaneo”, per cui la ciotola veniva indicata solo per pochi secondi. Entrambi i gesti venivano effettuati dallo sperimentatore stando alla stessa distanza dal cane e dalla ciotola, ma con il dito ad almeno 50 centimetri dalla ciotola (la definizione dei criteri di pointing viene da una review pubblicata dall’etologo ungherese Ádam Miklósi).
Dei 160 cani con cui è stato tentato l’esperimento, circa la metà non ha voluto nemmeno avvicinarsi, un comportamento che i ricercatori attribuiscono a stati d’ansia. Tuttavia, la metà che ha partecipato effettivamente all’esperimento ha dimostrato di non avere grossi problemi a comprendere il gesto di puntatura: l’80 per cento circa sceglieva la ciotola indicata dallo sperimentatore. Ma non si lasciava ingannare nuovamente se la trovava vuota: ripetendo il test, chi non aveva trovato il boccone era meno prono a seguire di nuovo l’indizio visivo umano.
Conoscere i randagi
Cosa significa, esattamente, il risultato ottenuto da questo lavoro? In pratica, ci dice che anche i cani che non condividono la vita con, e non dipendono del tutto da, gli esseri umani sono comunque in grado di capire la nostra comunicazione. Come afferma Brian Hare, direttore del Duke Dog Canine Cognition Center, in quest’articolo di National Geographic, “È una prova in più che i cani vaganti siano bravi quanto qualsiasi altro cane nel capire la gestualità di base umana”.
Ad esempio, Anindita Bhadra, dell’Indian Institute of Science Education and Research Bhopal e una delle autrici dell’articolo, aveva già guidato uno studio nel quale dimostrava come i cani randagi siano in grado di comprendere indizi che suggerivano se le intenzioni dell’essere umane fossero minacciose o amichevoli, e che reagivano di conseguenza. Aveva anche già lavorato sulla loro capacità di questi cani d’impiegare indizi visivi dati dall’essere umano, ma utilizzando con un test in cui il dito dello sperimentatore restava più vicino al cibo: in quel caso, solo i cuccioli tendevano ad avvicinarsi.
Come ci ricordava Marc Bekoff in quest’intervista per OggiScienza, tendiamo a dimenticare che i cani che vivono per conto loro sono la stragrande maggioranza. Purtroppo, soprattutto dove il randagismo è molto diffuso, la presenza di cani vaganti può avere un impatto socio-economico, dagli incidenti alla predazione del bestiame, nonché la diffusione di malattie, un problema molto presente in India, dove è endemica la rabbia. Il risultato è un conflitto tra i cani e gli esseri umani: forse, concludono gli autori dello studio, capire le dinamiche della relazione tra le due specie in ambiente urbano può aiutarne la gestione.
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