Orche contro barche, gli attacchi anomali in Spagna e Portogallo
Lungo le coste di Spagna e Portogallo, tra luglio e settembre, sono stati frequenti gli attacchi di orche a barche a vela e a motore. Per l’esperto: “È un’anomalia. Non escluderei che la responsabilità sia dell’uomo”.
Per il the Guardian la “comunità scientifica è sconcertata”. Lungo le coste della Spagna e del Portogallo tra luglio e settembre sono stati frequenti gli attacchi di orche a barche a vela e a motore. Colpi ripetuti alla poppa, speronamenti per più di un’ora, danni al timone e in un caso uno skipper ferito. Le orche sono mammiferi marini che per la loro forza affascinano e intimoriscono la gente, tanto che la notizia si è diffusa viralmente sui giornali. Alessandro De Maddalena – docente dell’Università Milano-Bicocca ed esperto di squali e orche – smorza questi allarmismi, inquadrando in un’altra dimensione gli accaduti.
L’uomo non è una preda, gli attacchi passati confermano
La comunità scientifica non sa spiegare le ragioni di questi attacchi, ma “quel che è certo è che non sono motivati dall’intenzione di fare del male alle persone”, spiega De Maddalena a OggiScienza, “le orche non sono animali pericolosi per l’uomo, non esiste un solo caso registrato a livello mondiale – né in tempi storici, né recenti – nel quale delle orche abbiano ucciso un essere umano in natura”.
Guardando al passato, infatti, si ricordano tre casi famosi in cui delle orche abbiano attaccato e affondato delle imbarcazioni: “C’e stato quello nel 1972 nell’Oceano Pacifico, a ovest delle Isole Galapagos, un altro nel 1976 nell’Oceano Atlantico, a metà strada tra la Guyana Francese e il Senegal e infine nel 1978 nell’Oceano Atlantico al largo della Patagonia”. E come volevasi dimostrare, “in nessuno di questi casi le orche hanno attaccato le persone una volta che sono finite in acqua”.
Tra l’altro, “per quale motivo un predatore che può alimentarsi praticamente di qualsiasi animale, dalle aringhe alle balenottere azzurre, non mostri alcun interesse a cibarsi degli esseri umani rimane un mistero”, ragiona lo scienziato, “ma resta il fatto che la fama di animale assassino della quale l’orca gode ancora oggi è del tutto irreale”. Se si pensa che l’orca è un animale diffuso in tutte le acque del Pianeta, “se fosse davvero mortale lo avremmo di sicuro attestato in qualche zona geografica del mondo”.
In realtà qualche episodio di cronaca nera c’è stato. “Ma si tratta di orche tenute in cattività e le ragioni di attacchi possono essere facilmente comprensibili”, aggiunge De Maddalena. Nella catena statunitense di delfinari SeaWorld sono stati una ventina gli incidenti con addestratori, tra cui alcuni mortali. Ma la maggioranza di esperti è concorde nel ritenere come vero responsabile l’uomo, infatti, tenere in piccole piscine e in solitaria animali molto grandi, dalle complesse reti sociali e dalle abitudini di nuoto per larghe distanze, non può che provocare mutazioni comportamentali gravi. Non sorprende che proprio in questi giorni, il governo francese stia lavorando a un divieto di riproduzione per le orche e i delfini ospitati nelle sue strutture nazionali.
Tra i motivi anche i pescherecci che sparano alle orche
Quanto successo tra la Spagna e il Portogallo resta un evento “incredibilmente raro, da considerarsi del tutto fuori della norma”, chiarisce l’esperto. Molti hanno ipotizzato che le orche abbiano avuto questa reazione perché l’uomo ha invaso un loro territorio o ha interferito con la loro rotta. Conclusioni a cui De Maddalena mostra perplessità perché “di solito quando le orche si sentono infastidite dalla presenza umana il loro comportamento è semplicemente allontanarsi”.
“Io sono dell’idea che le pochissime orche che abbiano mostrato comportamenti di questo tipo fossero esemplari che in passato hanno avuto interazioni negative con delle imbarcazioni. Sappiamo, ad esempio, che le orche possono alimentarsi dei pesci catturati nel corso delle operazioni di pesca commerciale, ed è accaduto che l’equipaggio di alcuni pescherecci abbia sparato alle orche al fine di allontanarle o ucciderle. Non mi meraviglierei se emergesse che alcune delle orche sottoposte a un tale trattamento si mostrino poi impaurite dalla vicinanza di imbarcazioni o sviluppino nei loro confronti una qualche forma di comportamento di difesa”.
Una seconda interpretazione è che “alcuni di questi animali oppure dei membri del loro stesso gruppo siano stati vittima di speronamento involontario da parte di un’imbarcazione, e che in seguito siano diventati iperprotettivi verso il loro gruppo nei confronti di navi”.
Un terzo motivo, questa volta positivo, ci ricorda che “non si può nemmeno escludere che in alcuni dei casi osservati le orche stessero adottando un comportamento di gioco”. Certo, se sentiamo di un gruppo di orche che attacca per oltre un’ora una barca a vela di 15 metri è difficile non pensare che le orche volessero proprio andare fino in fondo. Ma il ricercatore smentisce: “No, non credo, altrimenti avrebbero fatto danni assai maggiori. Le tre imbarcazioni affondate dalle orche negli anni ’70 avevano approssimativamente le stesse dimensioni di quella barca e vennero affondate con apparente facilità dagli animali. Come sottolineato prima, penso piuttosto che si sia trattato di un comportamento di minaccia o di gioco”.
Ferite o affamate cambiano comportamento
Diversi studiosi hanno anche messo sul tavolo una quarta interpretazione, ritenendo che gli animali fossero stressati in quanto affamati, dato che la sovrapesca nella zona condivide con questi cetacei le prede come i tonni. “È un’ipotesi credibile. Ovviamente è impossibile provare una cosa del genere, ma è logico pensare che comportamenti anomali siano collegati a una situazione anomala e pensare che l’anomalia sia introdotta dalla nostra specie è purtroppo del tutto plausibile”.
Facendo ricerca sul campo in Sudafrica, De Maddalena ha una personale testimonianza di una variazione del comportamento di animali selvatici a causa dell’uomo: “In Sudafrica negli anni recenti abbiamo osservato due orche iniziare a dare la caccia sistematicamente a squali bianchi e notidani maculati, in un’area nella quale normalmente questi animali convivono senza problemi poiché le orche locali si alimentano di delfini. In seguito, è emerso che con ogni probabilità tale cambiamento di dieta sia dovuto al fatto che le orche sono state prese a fucilate dall’equipaggio di qualche peschereccio, quindi, a causa di difficoltà motorie, si siano rivolte a prede meno agili dei delfini come i grossi squali”.
Un bagno con le orche
Alla faccia del mito dell’orca assassina – si pensi che il nome inglese è proprio killer whale – De Maddalena organizza regolarmente in Norvegia delle spedizioni per osservare le orche (aperte a tutti, ndr) e visto che nella nazione dei fiordi è permesso entrare in acqua con i cetacei, il suo gruppo si trova spesso a nuotare con questi animali. “Gli specialisti con i quali lavoro, il Capitano Olav Magne Strömsholm e l’esperto di interazioni con le orche Pierre Robert de Latour hanno all’attivo decenni di attività e migliaia di incontri con questi cetacei. In tutto questo tempo non si è mai verificato alcun incidente, né le orche hanno mai mostrato aggressività nei confronti delle persone. Io stesso mi sono trovato decine di volte circondato da numerose orche a distanza ravvicinata senza avere mai dovuto affrontare situazioni di pericolo. Tuttavia è essenziale precisare che attività del genere vanno svolte solo dove queste sono permesse dalle autorità locali e solo sotto la guida di esperti, infatti, è fondamentale che tali interazioni vengano effettuate in modo idoneo e rispettoso”.
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Immagini: Alessandro De Maddalena