È possibile controllare i fulmini?
Un team internazionale di scienziati ha proposto e dimostrato, su piccola scala, che è possibile innescare, intrappolare e guidare scariche elettriche nell’aria. Un domani anche i fulmini potranno essere indirizzati verso bersagli sicuri riducendo il rischio di incendi e catastrofi.
Spettacolari, imprevedibili e temuti, i fulmini hanno da sempre affascinato l’umanità. Ora sappiamo che si tratta di fenomeni naturali ma nell’antichità erano strettamente connessi al mondo religioso-mitologico, spesso interpretati come una manifestazione del potere degli dei. Lo studio del fulmine come fenomeno meteorologico è iniziato tra il XVII ed il XVIII secolo e, da allora, l’essere umano ha cercato un modo per sfruttare e controllare la sua grande energia e forza distruttrice.
Ora, un team internazionale di scienziati ha proposto e dimostrato come guidare le scariche elettriche lungo percorsi prefissati, utilizzando un raggio laser a bassa potenza e microparticelle di grafene. I fulmini sono considerati tra le principali cause di incendi boschivi. In futuro, indirizzarli verso altri luoghi potrà aiutare a salvaguardare la flora, la fauna e le vite umane. La ricerca è stata pubblicata su Nature Communications.
Fulmini, scariche elettriche e plasma
I principi di innesco e propagazione dei fulmini sono ben noti ma il loro studio non è banale. Sono difficili da prevedere nello spazio e nel tempo e possono avere durate molto diverse, da decine di nanosecondi a quasi un secondo. Si sviluppano comunemente quando si crea una differenza di potenziale elettrico tra i due estremi di una nuvola ma queste alte tensioni possono generarsi anche durante tempeste di sabbia o di neve, o nelle eruzioni vulcaniche.
Quelli temporaleschi avvengono in diversi modi: possono formarsi all’interno della stessa nube, da nube a nube e tra nube ed aria ma quelli che vanno dalle nubi al suolo sono più facilmente osservabili ed anche più temuti.
In condizioni normali l’aria è un isolante, o dielettrico, cioè non conduce corrente perché le molecole che la costituiscono sono allo stato neutro. Ma se viene sottoposta ad un campo elettrico sufficientemente elevato, come quello che può crearsi tra le nuvole, si produce ionizzazione (rottura dielettrica) al suo interno ed essa diventa conduttore. Questo stato della materia è anche noto come plasma. Le molecole ed i gas presenti nell’atmosfera, azoto ed ossigeno soprattutto, perdono ed acquistano elettroni liberando cariche positive e negative. Il fenomeno, che crea un canale all’interno del quale possono muoversi le scariche elettriche, è chiamato rottura del dielettrico. Dopo la cosiddetta “scarica pilota”, ossia la prima scarica che crea il canale ionizzato, gli ioni acquistano energia cinetica e, continuando a scontrarsi, producono essi stessi ionizzazione in un effetto a valanga.
Oltre ai fulmini come fenomeno atmosferico, la scarica elettrica nei gas viene utilizzata per una vasta gamma di applicazioni e tecnologie di uso più o meno comune: nelle lampade a scarica, nelle saldatrici ad arco, per innescare la combustione in un motore, eccetera… Le scariche di plasma svolgono un ruolo fondamentale anche nella deposizione dei materiali e nelle tecniche di fabbricazione alla base della nanotecnologia e dell’elettronica dei semiconduttori.
Tuttavia, mentre la fisica della scarica elettrica e della formazione di scintille è ben compresa, il controllo efficiente del processo e la guida lungo percorsi predeterminati nell’aria è una sfida ancora in corso. Diverse ricerche hanno già dimostrato che l’uso del laser può essere un metodo efficiente: esso può ionizzare un canale attraverso l’aria, abbassando localmente la densità del gas per riscaldamento. Si crea così una guida per la scarica elettrica, lungo la quale si ha una ridotta tensione a rottura, un vero e proprio canale di plasma in cui la scarica elettrica può essere sostenuta e guidata. Finora però gli esperimenti sono stati condotti con laser pulsanti ad alta potenza di picco e le applicazioni soffrivano di una portata limitata.
Studio ed esperimenti
«Qui dimostriamo un approccio concettualmente diverso per indurre e guidare scariche elettriche lungo percorsi predeterminati, verso gli obiettivi desiderati, su lunghe distanze nell’aria. Il nostro metodo non si basa sulla fotoionizzazione», scrivono gli autori. «In particolare, intrappolando, posizionando e riscaldando particelle sospese nell’aria che assorbono la luce con il raggio laser, aumentiamo localmente la temperatura dell’aria e modifichiamo le condizioni di rottura dielettrica, guidando la scarica su percorsi predefiniti consolidati».
Per i propri esperimenti, il team ha utilizzato un raggio laser a vortice con divergenza lenta e particelle di grafene. Nel raggio laser a vortice il piano di polarizzazione della luce è attorcigliato come un cavatappi attorno all’asse di propagazione. Osservandolo in sezione è come guardare un anello di luce con un buco al centro. La divergenza lenta fa riferimento all’allargamento del fascio, all’aumentare della distanza dalla sorgente. Il grafene, invece, è solo uno dei possibili materiali che potrebbero essere utilizzati perché, scrivono i ricercatori, «il nostro metodo funziona altrettanto bene con metalli e dielettrici».
Il team ha sperimentato diversi scenari utilizzando un condensatore a piastre parallele (armature) con intercapedine d’aria come mezzo dielettrico. Una delle due armature è bucata al centro per consentire il passaggio del laser. È il caso di sottolineare che le due piastre non fanno realmente parte dell’applicazione ma servono esclusivamente a ricreare una zona ad elevato campo elettrico e le condizioni per una scarica elettrica.
Dapprima i ricercatori pongono una singola sfera di grafene tra le armature, sostenendola con un supporto in vetro. Finché il raggio laser è spento, il sistema si comporta proprio come un normale condensatore in cui, superato un certo valore di soglia, si formano scariche elettriche a forma d’arco lungo traiettorie casuali ma non troppo (fig. a). Queste, infatti, prediligono in genere punte e spigoli dove la densità di carica è maggiore, lo stesso principio di funzionamento del parafulmine. In questa applicazione, le scariche tendono quindi a svilupparsi vicino ai bordi delle piastre.
Quando il laser viene acceso, la particella si riscalda assorbendo luce, la scarica avviene prima e passa per la particella stessa (fig. b). Allo stesso modo, l’effetto continua anche a laser spento purché la particella sia ancora calda (fig. c). Dalle immagini si nota che la scarica non passa esattamente all’interno del laser ma devia leggermente partendo dal bordo del buco, in base al principio spiegato prima.
Gli autori sottolineano che «la particella svolge solo un ruolo di mediatore nella rottura del dielettrico. Il suo materiale, sia esso dielettrico o metallico, non viene coinvolto nella dinamica dei gas o nei processi a valanga». Analogamente, in questa applicazione, il laser non ionizza direttamente l’aria come in altri esperimenti con laser pulsanti e ad alta potenza, dove c’è un’interazione diretta laser-plasma.
In uno scenario più avanzato, il team ha dimostrato che è possibile guidare una scarica elettrica lungo percorsi predeterminati di particelle sospese a mezz’aria.
In questa configurazione, tra il laser ed il condensatore è posto un contenitore con all’interno particelle di grafene, forato sui lati lunghi per consentire il passaggio del laser. Applicando alle sue estremità un campo elettrico, le sferule vengono sollevate da forze elettrostatiche e alcune di esse finiscono casualmente intrappolate nel raggio laser che lo attraversa. Queste, quindi, vengono trasportate e riscaldate dal vortice laser, creando una sorta di filo tra le armature del condensatore. «In particolare, la nostra configurazione sperimentale consente il trasporto di particelle solo lungo la direzione di propagazione del raggio. Pertanto, per creare un percorso di scarica sostenuto è necessario un rifornimento continuo di particelle. Tuttavia, il sistema di rilascio ottico può essere modificato per intrappolare e posizionare stabilmente le particelle in una posizione desiderata, consentendo così un percorso di scarica otticamente riconfigurabile», specificano gli autori.
Vladlen Shvedov dell’Australian National University, primo autore del documento, ha commentato via mail: «L’idea di manipolare una scarica atmosferica non è del tutto nuova di per sé. Tuttavia, solo l’avvento dell’era del laser ha dato speranza all’idea di ottenere una realizzazione pratica. Fino ad oggi, si pensava però che solo utilizzando raggi laser con una potenza sufficiente si sarebbe creata la rottura del dielettrico. E ciò era vero: la manipolazione della scarica con il solo laser è possibile ma richiede un’enorme intensità del laser stesso, che comporta limitazioni di sicurezza, controllo e precisione. Nella nostra ricerca, abbiamo trovato un modo completamente nuovo per sfuggire a queste restrizioni attivando la scarica con laser a bassa intensità, utilizzando un “composto” di raggio laser e particelle. Il punto chiave è un raggio laser specifico con intensità zero lungo il suo centro. Sembra un tubo con una parete intensa (fatta di luce) ed un centro vuoto. Questo tubo ci consente di intrappolare e fornire particelle nell’aria nella posizione richiesta per l’attivazione della scarica elettrica. Il nostro approccio consente di ridurre l’intensità del laser necessaria per la scarica elettrica di diversi miliardi di volte».
Applicazioni pratiche
Gli autori concludono: «in sintesi, i nostri esperimenti e le previsioni teoriche dimostrano che, con un raggio ottico che guida le particelle intrappolate, le condizioni di soglia per la rottura del dielettrico possono essere significativamente ridotte e la scarica può essere guidata lungo un percorso predeterminato nell’aria. Qui abbiamo utilizzato un unico raggio trasportatore a vortice e mostrato una guida in linea retta. Tuttavia, il nostro approccio è applicabile a scenari più complessi. In particolare, prevediamo la guida di scariche elettriche lungo percorsi tridimensionali complessi nell’aria ambiente».
Con un termine preso in prestito dai film di fantascienza, questo studio mostra che è possibile creare un raggio traente per scariche elettriche.
«Possiamo immaginare un futuro in cui questa tecnologia può indurre scariche elettriche dal passaggio di fulmini, guidandole verso obiettivi sicuri e riducendo il rischio di incendi catastrofici», ha dichiarato Shvedov.
«La scoperta ha importanti implicazioni nella riduzione del rischio di incendi boschivi poiché il raggio traente può essere guidato su lunghe distanze e consente il controllo di precisione della scarica del fulmine», ha aggiunto il co-autore Andrey Miroshnichenko, ricercatore presso la School of Engineering and Information Technology dell’Università del New South Wales. «Abbiamo un filo invisibile, una penna con cui possiamo “scrivere la luce” e controllare la scarica elettrica fino a circa un decimo della larghezza di un capello umano».
«Una volta che saremo in grado di provocare un fulmine controllando il suo passaggio ed il punto di caduta, non sarà un grosso problema raccogliere la sua potenza. Non ci sono problemi tecnici reali per questo. Tuttavia, dobbiamo raggiungere l’obiettivo in modo costante e sistematico. Innanzitutto, dovremo scalare il nostro approccio all’esperimento sul campo ed ottenere un controllo affidabile dei fulmini reali. Quindi potremo pensare alla raccolta della loro potenza», ha detto Shvedov ad OggiScienza.
Questo metodo potrebbe trovare applicazioni pratiche anche nella protezione di obiettivi sensibili (aeroporti, centrali nucleari, …). Di contro, come tutte le scoperte che interagiscono pesantemente con i processi naturali, potrebbe trasformarsi in un’arma ed un giorno qualcuno potrebbe voler giocare al “Dio dei Fulmini”. Tuttavia, per il momento, le applicazioni su piccola scala sarebbero le prime a beneficiarne.
«Il funzionamento a onda continua a bassa potenza garantisce facilità di implementazione e apre la strada ad una gamma di applicazioni come il controllo di sistemi ad alta tensione, micro-fabbricazione e lavorazione, microchirurgia di precisione e trattamento del cancro», scrivono gli autori. In ambito medico, è stato dimostrato che il cosiddetto plasma freddo (il plasma viene definito freddo o caldo in base al modo con cui viene attivato, alla potenza di lavoro ed alle temperature generate) è in grado di eliminare selettivamente le cellule tumorali in vitro, senza danneggiare le cellule normali. Applicazioni analoghe sono state testate recentemente anche su diverse superfici contagiate dal SARS-CoV-2.
La nuova idea proposta da Shvedov e colleghi ha, in definitiva, utilizzato un laser di intensità molto inferiore rispetto a quella di qualsiasi altra precedente applicazione, risultando finora la strada più economica, sicura e precisa per controllare le scariche elettriche. Ma il progetto potrebbe andare oltre e prendere pieghe inaspettate. Abbiamo chiesto a Shvedov se avesse intenzione di portare avanti il concetto ed altri esperimenti: «Di sicuro», ha risposto. «Stiamo pianificando di utilizzare la nostra tecnica per progetti ancora più globali. Ad esempio, un sistema di propulsione laser per consegnare alcuni piccoli oggetti (forse anche nanosatelliti) nel punto richiesto. Tuttavia, questa è una storia diversa».
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