DOMESTICIRUBRICHE

Come prendersi cura di un pesce rosso

Semplice da gestire e adattabile, il pesce rosso è ancora tra gli animali d’affezione più diffusi. Ma quali sono gli aspetti alla base di una buona gestione?

Cani, gatti, conigli e cavie sono senz’altro pet ampiamente diffusi nelle nostre case… ma mai quanto i pesci che, secondo il rapporto Assalco-Zoomark del 2020, rappresentano circa la metà degli animali d’affezione in Italia. Non è specificato quali siano le specie più diffuse, ma ce n’è una di cui vale la pena parlare, perché in un certo senso è “il pesce” per eccellenza: si tratta, ovviamente, del pesce rosso.

Quello comunemente noto come pesce rosso è il Carassius auratus, una specie arrivata dalla Cina in Europa all’inizio del XVII secolo. Anche se per molti aspetti richiede una gestione più semplice rispetto a quella di altri animali (non deve fare passeggiate come il cane, né rischia di danneggiare i mobili, ed è anche più adattabile rispetto ad altri pesci d’acquario), anche per il pesce rosso sono necessari alcuni importanti accorgimenti per garantirgli il benessere. Abbiamo parlato di alcuni dei principali con Giampiero Nieddu, veterinario esperto di acquacoltura e ittiopatologia.

Una casa per il pesce

«Una delle cose cui si pensa di meno quando si tratta di pesci rossi è che sono animali che, se tenuti correttamente, possono vivere a lungo, superando i dieci anni di età. E che possono crescere parecchio in breve tempo: a seconda delle caratteristiche genetiche, possono tranquillamente arrivare in qualche anno ai 30 centimetri di lunghezza per un chilo di peso», spiega Nieddu. «In questo senso, il carassio va considerato un animale da laghetto, più che da acquario. Anche nel settore, a volte si sente ancora dire che il pesce non cresce se viene tenuto in un acquario piccolo, ma questa non è che una leggenda metropolitana. Anzi, è importante garantirgli fin da subito uno spazio sufficiente: in generale, più l’acquario è grande, meglio sta il pesce. Indicativamente, per un singolo pesce si dovrebbe avere una vasca da almeno una cinquantina di litri».

E anche la forma conta. Se pensiamo al pesce rosso, è facile che ci venga in mente un’immagine: quella dell’animale che nuota in una boccia d’acqua, facendo quasi da oggetto d’arredamento. Ma la boccia è tutt’altro che un ambiente idoneo per il pesce rosso. Infatti, non solo la superficie a contatto con l’aria è in proporzione limitata ma, come spiega Nieddu: «Per quanto grande, la boccia lo obbliga pesce a nuotare sempre in tondo, e inoltre distorce le immagini dell’ambiente esterno».

Scelto l’acquario per forma e dimensione, il passaggio successivo è riempirlo. Con l’acqua, innanzitutto: e se per molti pesci le caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua sono un parametro cruciale per il benessere, il pesce rosso è invece molto adattabile, e probabilmente deve anche a questa sua adattabilità la larga diffusione. «L’acqua dell’acquedotto è di norma perfettamente idonea alle esigenze del carassio, che sopporta bene anche le temperature estive e invernali – tanto più se in casa», continua il veterinario.

Cos’altro mettere nell’acquario?

Dopo l’acqua, va considerato l’arricchimento ambientale, importante per il carassio quanto per gli altri pet. Infatti, anche se non sono molti gli studi che hanno indagato gli effetti dell’arricchimento ambientale nel carassio, un lavoro del 2019 suggerisce che possa aumentare la memoria e l’apprendimento, e stimoli lo sviluppo del telencefalo.

Ma che tipo di arricchimento? «La prima cosa da aggiungere è il substrato sul fondo, che può essere di ghiaino oppure sabbia. Personalmente, preferisco la seconda: la ghiaia, infatti, può avere spigoli con cui il pesce si ferisce quando cerca cibo sul fondale. Un altro tipo di arricchimento utile sono le radici, vendute nei negozi specializzati», spiega Nieddu. Che sconsiglia, invece, le piante: il pesce rosso, infatti, ha un’alimentazione varia che tende al vegetariano, quindi piante vere avrebbero vita breve nell’acquario. Volendo, però, si possono scegliere le piante finte: secondo uno studio pubblicato nel 2016 su Applied Animal Behvior Science, i pesci non mostrano comunque preferenze tra quelle artificiali e quelle vere.

Infine, è importante ricordarsi di fornire al pesce dei luoghi in cui nascondersi, come vasi o rocce, in modo che possa mettersi al sicuro nel caso si senta minacciato. E, magari, qualche altro conspecifico: «Il carassio appartiene alla famiglia dei ciprinidi, che comprende specie, come le carpe, relativamente sociali. Condividere lo spazio con altri individui può quindi sicuramente essere di beneficio per il pesce», spiega il veterinario.

Cibo e acqua pulita

In un laghetto, il pesce rosso passa la giornata a nuotare alla ricerca di cibo, mangiando un po’ di tutto: vegetali, ma anche piccoli crostacei o larve d’insetti che incrocia nel suo percorso. In acquario, le cose sono ben diverse. Lo spazio è facilmente limitato (anche se, appunto, meglio lo sia il meno possibile) e il cibo è a portata di bocca, fornito con regolarità dal proprietario. «In più, sembra che i pesci rossi siano in grado di riconoscere chi li nutre e salgano in superficie: questo può indurre i proprietari a dar loro più cibo del necessario», continua Nieddu.

Per questa ragione, uno dei rischi più comuni per i carassi, come per molte altre specie in cattività (ne abbiamo parlato per esempio nel caso dei rettili) è la sovralimentazione, che può portare a obesità. «Meglio allora dar da mangiare una volta al giorno una quantità di cibo che il pesce possa consumare nell’arco di 3-4 minuti ed eventualmente anche lasciarlo a digiuno una volta la settimana».

Cosa fare invece per tenere pulita l’acqua? L’ideale non è cambiarla regolarmente, come forse si potrebbe pensare, ma dotarsi di sistemi di filtrazione in grado di raccogliere e convertire le sostanze tossiche. In particolare, si tratta di filtri biologici che trasformano i composti azotati degli escrementi in nitrati; per evitare che questi ultimi si accumulino troppo, è sufficiente cambiare periodicamente un po’ d’acqua, circa il 20% del totale. «Questo sistema è più sicuro rispetto al ricambio totale d’acqua per diverse ragioni», spiega il veterinario. Intanto, spostare il pesce per il cambio dell’acqua lo pone a rischio di traumi e altri incidenti (in quanti film e cartoni animati si vede il pesce che finisce nello scarico?); inoltre, la stessa acqua “nuova” può essere fonte di stress. «Questo perché l’acqua nuova può avere delle caratteristiche chimiche leggermente diverse di volta in volta, per cui il pesce deve ogni volta mettere in moto una serie di meccanismi di adattamento».

Un veterinario per i pesci rossi

Anche i pesci, ovviamente, si ammalano: oltre ai problemi legati all’alimentazione, non sono infrequenti infezioni e parassitosi, oppure formazioni tumorali. Il sospetto di una malattia può venire da comportamenti anomali, cui è sempre bene prestare attenzione, come pesci che passano troppo tempo sul fondo o in superficie, oppure che si muovono poco o non tengono le pinne bene aperte

Ma cosa fare se si sospetta qualche problema? Fino a qualche anno fa, l’idea di portare il pesce dal veterinario non era granché diffusa – e tutt’ora, in effetti, per molti proprietari il primo riferimento è il venditore, oppure si rivolgono a internet e ai forum di appassionati. «È vero che in Italia non ci sono ancora molti veterinari specializzati nella cura dei pesci. Tuttavia, per il carassio come per ogni altro animale, è importante avere una figura specializzata che conosca le malattie e le caratteristiche della specie», spiega Nieddu. «Un punto di partenza per trovarla, oltre alle associazioni di veterinari specializzati in animali non convenzionali ed esotici (come la Società Italiana Veterinaria per Animali Esotici), possono essere gli acquari pubblici, che devono sempre avere un veterinario di riferimento».

Anche perché curare un pesce rosso può sembrare difficile, sia a causa delle piccole dimensioni sia perché vive in acqua ma in realtà è del tutto possibile. Non solo sono disponibili trattamenti farmacologici ma anche esami diagnostici e interventi chirurgici. «Molti esami, infatti, possono essere eseguiti anche in acqua, eventualmente disciogliendovi un tranquillante», conclude il veterinario.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Photo by Foad Memariaan – Unsplash

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Anna Romano
Biologa molecolare e comunicatrice della scienza, amo scrivere (ma anche parlare) di tutto ciò che riguarda il mondo della ricerca.