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Le battaglie di Roger Arliner Young, zoologa e attivista afroamericana

La sua carriera è stata segnata da alcuni successi e da numerose battute d’arresto. La sua colpa? Essere una donna, essere nera.

Roger Arliner Young è stata la prima donna afroamericana a ricevere un dottorato in zoologia. Specializzata in biologia marina, nel corso della sua carriera ha condotto ricerche sulla morfologia e la fisiologia di numerosi organismi acquatici e ha studiato gli effetti delle radiazioni ultraviolette sul loro sviluppo embriologico.

La sua vita è stata segnata da numerose battaglie: contro i pregiudizi, contro il razzismo, contro il maschilismo, contro forze invisibili che in modo più o meno esplicito hanno cercato in tutti i modi di mettere a tacere la sua voce. Molte volte è caduta, altrettante si è rialzata. È riuscita comunque a lasciare il segno, ma è lecito chiedersi quanto altro avrebbe potuto fare se avesse vissuto in una società più giusta e più equa.

“Il crimine non è fallire, ma volare basso”

Nata nel 1899 a Clifton Forge, in Virginia, Roger Arliner Young  trascorre i primi anni della sua vita a Burgettstown, in Pennsylvania. L’infanzia e l’adolescenza sono segnate dalla povertà e dalle difficoltà legate alla cura della madre, gravemente disabile. Nel 1916, dopo il diploma, si iscrive alla Howard University di Washington, inizialmente intenzionata a studiare musica e materie umanistiche. La sua carriera universitaria procede senza infamia e senza lode, finché nel 1921 segue per caso un corso di zoologia generale. In quel momento, inaspettata e improvvisa, nasce in lei la passione per la scienza. 

Le lezioni che segue nei mesi successivi, su embriologia dei vertebrati e degli invertebrati, la convincono definitivamente che il suo destino è quello di diventare una zoologa. Tra le persone che la spronano a intraprendere questa strada c’è Ernest Everett Just, importante biologo afroamericano, direttore del dipartimento di zoologia. Young consegue una prima laurea in zoologia nel 1923. Sotto la foto dell’annuario scrive a penna queste parole: “Il crimine non è fallire, ma volare basso”. 

Nel 1924 esce su Science un suo articolo, “Sull’apparato escretore del paramecio”. È la prima donna afroamericana a pubblicare sulla prestigiosa rivista scientifica. Dopo questo successo, Just definirà Young un “vero genio della zoologia”. Quello stesso anno viene ammessa nella Sigma Xi, importante confraternita scientifica cui si accede grazie ai propri meriti professionali; nessuna donna di colore aveva mai avuto tale onore. Ad appena 25 anni, Young è già una ricercatrice di fama. La strada dinnanzi a lei sembra in discesa, ma le cose andranno diversamente.

“Mentalmente inadatta”

Dopo la specializzazione all’Università di Chicago, nel 1926, Young inizia a lavorare con Just presso il Marine Biological Laboratory di Woods Hole, in Massachusetts, una delle più importanti istituzioni mondiali nell’ambito della biologia marina. I due studiano la morfologia di diversi organismi acquatici e gli effetti delle radiazioni ultraviolette sulle uova dei ricci di mare. 

Nel 1929, la scienziata torna all’Università di Chicago per iniziare il suo dottorato sotto la direzione dell’embriologo Frank Rattray Lillie. Contemporaneamente, visto che Just deve recarsi in Europa per un lungo periodo, decide di nominare Young capo ad interim del dipartimento di zoologia della Howard University. Si tratta di un incarico prestigioso, ma anche di grande responsabilità, che mal si concilia con gli studi da condurre a Chicago. L’idea di Just di affidare a una sua studentessa un compito così gravoso si rivela avventata e avrà conseguenze nefaste.

In breve tempo, la situazione precipita: nel 1930 Young non riesce a superare gli esami di accesso al secondo anno di dottorato. Just insiste perché Lillie conceda alla donna una seconda possibilità, ma non c’è nulla da fare. Dietro la rigidità di Lillie, probabilmente, si nasconde anche una forma più o meno consapevole di razzismo. Membro della Eugenics Education Society e consulente dell’Eugenics Committee degli Stati Uniti, Lillie è infatti uno dei promotori dell’idea – all’epoca largamente diffusa all’interno della comunità scientifica – che l’intelligenza e il comportamento siano dovuti a fattori genetici e che questo produca differenze oggettive tra neri e bianchi.

Lungi dal considerare le difficoltà legate al doversi destreggiare fra gli studi e la gestione di un dipartimento universitario, Lillie definisce Young “mentalmente inadatta” alla carriera scientifica e non accetta di riammetterla al dottorato.

Il primo licenziamento e il dottorato

Per un paio d’anni Young abbandona il mondo accademico per occuparsi della madre disabile. Quando torna alla Howard University, i rapporti con Just paiono irrimediabilmente deteriorati, forse proprio a causa di quanto accaduto con Lillie. “Sembra che tu stia facendo uno sforzo deliberato per impedirmi di fare qualsiasi ricerca”, scrive Young in una lettera inviata a Just nel 1935. L’anno successivo la donna viene licenziata (ufficialmente perché ha saltato alcune lezioni e tenuto per sé un paio di strumenti di laboratorio). 

Con le porte di Howard e dell’Università di Chicago ormai definitivamente chiuse, sembra che Young sia destinata ad abbandonare per sempre l’università. La donna, però, non si dà per vinta e nel 1937 riesce a riprendere i suoi studi presso l’Università della Pennsylvania. Qui lavora con Lewis Victor Heilbrunn – scienziato e collega, ma soprattutto amico, conosciuto anni prima al Marine Biological Laboratory. Nel 1940 è la prima donna afroamericana a conseguire un dottorato in zoologia.

Quello stesso anno accetta un incarico come professoressa presso il North Carolina College for Negroes di Durham, nella Carolina del Nord, e nel 1942 viene nominata direttrice del dipartimento di biologia della Shaw University, nella vicina Raleigh. Rispetto ad Howard e all’Università di Chicago si tratta di istituti di seconda categoria, nei quali fare ricerca è difficile a causa della cronica carenza di fondi

Come Rosa Parks

Non potendosi dedicare come vorrebbe all’attività scientifica, Young riversa le sue energie nell’attivismo politico. Prende contatti con il movimento operaio e inizia a collaborare con diverse associazioni per i diritti civili dei neri della Carolina del Nord. Nel 1944 viene eletta segretaria della sede di Durham del NAACP (National Association for the Advancement of Colored People – Associazione nazionale per la promozione delle persone di colore).

Nel 1946, nove anni prima di Rosa Parks, Young è protagonista di un episodio di disobbedienza civile che aiuta a comprendere la sua caratura morale. Il 5 luglio, mentre viaggia su un autobus, si rifiuta di cedere il posto a un uomo bianco. L’autista chiama la polizia, che la trascina fuori dal mezzo e la imprigiona. Le autorità locali le propongono un accordo: se si scuserà ufficialmente per il suo comportamento, le accuse di condotta disordinata e resistenza all’arresto decadranno. Young rifiuta. Viene quindi trasferita nella prigione della contea, da dove esce solo grazie al pagamento della cauzione da parte di un cittadino del luogo.

Gli ultimi anni

Questa vicenda segna un’altra battuta d’arresto nella carriera della scienziata, causata proprio da in chi teoria dovrebbe essere dalla sua parte. L’anticonformismo e la vicinanza alle istanze dei lavoratori, infatti, non vengono viste di buon occhio da molti membri della cosiddetta “Black Wall Street” di Durham, imprenditori e uomini d’affari afroamericani con diversi agganci nel NAACP e nel mondo universitario. Dal loro punto di vista, la battaglia per l’emancipazione della comunità nera dev’essere condotta unicamente attraverso il progresso economico; le lotte contro la segregazione e per i diritti sociali e civili dei lavoratori non sono considerate prioritarie e spesso sono giudicate dannose e controproducenti. 

Young, che era riuscita a fronteggiare maschilismo e razzismo, nulla può contro le misteriose dinamiche del capitalismo. Riprende a insegnare presso il North Carolina College for Negroes, ma viene licenziata pochi mesi dopo. Chiede quindi di essere ammessa in altri due istituti, ma in entrambi i casi la sua domanda viene respinta. Molto probabilmente viene inserita in una lista nera contenente i nomi di persone “socialmente pericolose e potenzialmente sovversive”. Quel che è certo è che non otterrà più alcun incarico accademico negli stati della costa orientale. Avrà la possibilità di ricominciare a insegnare solo molti anni dopo, in un piccolo college del Texas.

Profondamente segnata dalle diverse prove affrontate nel corso degli anni, Young fa sempre più fatica ad andare avanti. Oltre a occuparsi della madre disabile, che può contare solo su di lei, e a fronteggiare non poche difficoltà economiche, nell’ultima fase della sua vita la donna deve combattere contro gravi problemi di salute, sia fisica che mentale. A causa dei raggi ultravioletti usati per anni durante gli esperimenti condotti con Just, infatti, la sua vista ha subito danni permanenti. Sola e senza prospettive, alla fine degli anni Cinquanta decide spontaneamente di farsi ricoverare presso un ospedale psichiatrico per cercare di affrontare i suoi problemi di salute mentale. Vi resta sino al 1962. Muore nel 1964 a New Orleans, in Louisiana. 

Nel 2005, una risoluzione del Congresso ha inserito Young fra le cinque donne afroamericane “che hanno superato molte barriere per raggiungere grandi risultati nella scienza”. Un gruppo ambientalista ha istituito in suo onore la Roger Arliner Young (RAY) Marine Conservation Diversity Fellowship, una borsa di studio per sostenere i giovani afroamericani che vogliono operare nell’ambito dello studio e della conservazione dell’ambiente marino.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Fotografia: Marine Biological Laboratory Archives – Attribution 4.0 International

 

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.