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“Lady Montagu e il dragomanno”, di Maria Teresa Giaveri

La storia della donna che prima della scoperta dei vaccini introdusse in Europa la variolizzazione, una pratica orientale che permetteva di immunizzarsi dal vaiolo.

Doveva essere proprio una donna originale, Mary Pierrepont: nell’Inghilterra del Settecento rinuncia alla formazione riservata alle dame (le lingue, i classici, un po’ di musica) per dotarsi di una cultura “da uomo”. Non solo, nel 1712, a 23 anni, sposa senza il permesso del padre Edward Wortley Montagu. Per amore! Ma questo è solo l’inizio di una storia che la porterà a Costantinopoli, dove conoscerà un metodo di immunizzazione dal vaiolo praticato dalle donne circasse e diffuso in tutti gli strati sociali dell’Impero Ottomano. Ne diventerà una sorta di ambasciatrice tra i nobili dell’Europa occidentale e contribuirà alla sua diffusione in diversi paesi. Nel mentre, troverà anche il tempo di essere al centro di un ménage à trois, inseguire in Italia un amore non corrisposto, intrattenere una fitta corrispondenza con il gotha della cultura europea, tra cui il grande amico Alexander Pope.

Il viaggio dei Montagu

La data fatidica è il 1717, quando suo marito è nominato ambasciatore a Costantinopoli, con lo specifico incarico di negoziare la fine della guerra tra Austria e Impero ottomano che si stanno contendendo il controllo di ampie zone dei Balcani. Per andare da Londra alla capitale turca la famiglia Montagu (oltre agli sposi, viaggia con loro anche il primogenito, Edward che all’epoca ha quattro anni, e il personale) impiega circa un anno, durante il quale entra in contatto con la nobiltà, si potrebbe quasi dire il jet-set europeo dell’epoca. Olanda, Vienna, Belgrado, Sofia, Adrianopoli diventano aneddoti preziosi per le lettere di Mary che in una certa parte erano concepite proprio come scritti pubblici e venivano pubblicati sui giornali inglesi con grandissimo successo.

Lady Mary Wortley Motagu e il figlio Edward in un dipinto di Jean Baptiste Vanmour

Lady Mary Wortley Motagu e il figlio Edward in un dipinto di Jean Baptiste Vanmour

A Costantinopoli, mentre il marito è impegnato nella sua attività diplomatica, Lady Montagu ha il tempo per imparare il turco e penetrare sotto la superficie di una cultura raffinata e complessa, molto diversa da quella europea. L’essere donna le permette nel tempo di avere accesso a luoghi che sono preclusi agli uomini: gli harem. È proprio in questi ambienti, parlando con altre donne, che viene a conoscenza di una pratica diffusa in tutta l’Anatolia e che pare abbia origine nella Circassia, la regione del Caucaso che si affaccia sul Mar Nero. Durante la stagione adatta, che può essere la primavera o l’inizio dell’autunno, alcune donne di questa regione inoculano del pus raccolto da una persona malata di vaiolo direttamente sui bambini sani. In questo modo, gli inoculati avranno qualche giorno di malessere, che passeranno isolati, ma una volta superata questa fase avranno la certezza di non ammalarsi mai di vaiolo.

Metodi a confronto

Mary Montagu ha avuto il vaiolo, riuscendo a guarire, ma ne porta le cicatrici sul volto. È praticamente priva di sopracciglia e vive la sua avvenenza compromessa come una fragilità in un contesto, quello Settecentesco, in cui la bellezza esteriore ha un grande importanza nella vita pubblica. Ma come tutte le persone della sua epoca sa quale sia la messe di vittime che ciclicamente le epidemie di vaiolo mietono tra la popolazione di tutti i paesi europei. In alcuni casi, come ricorda Maria Teresa Giaveri in questa ricostruzione della vita di Lady Montagu, arrivando sterminare un sesto o un quinto della popolazione di una città. La pratica circassa, quindi, appare a Mary come la promessa di una protezione contro una della malattie più pericolose della sua epoca.

Illustrazione del metodo cinese per la variolizzazione.

Non è la prima volta che questa pratica si affaccia in Europa. Diversi viaggiatori ne hanno parlato nei decenni precedenti al viaggio di Lady Montagu a Costantinopoli. La notizia dell’inoculazione, o variolizzazione, era arrivata fino all’Università di Padova, una delle più importanti dell’epoca e luogo di studio della maggior parte dei medici d’Europa. Esistevano anche dei confronti effettuati con la modalità cinese di immunizzazione. Nella tradizione circassa, i bambini vengono graffiati sulle braccia e le gambe e il pus più puro possibile viene inoculato in piccolissime quantità direttamente nelle ferite. Nella pratica cinese, invece, una mistura di pus e crosticine delle pustole di un malato di vaiolo vengono finemente tritate e inalate dalla persona che si vuole immunizzare. Questa seconda modalità, a quanto emerge dalla letteratura scientifica dell’epoca, ha un tasso di successo inferiore e pertanto non viene consigliata.

Le dimostrazioni che cambiano la percezione

Le notizie scientifiche elaborate dai medici padovani arrivano anche all’orecchio di Lady Montagu, che ha cominciato a fare ricerche per suo conto sull’origine e la presunta efficacia della variolizzazione. Le viene così in mente l’idea rivoluzionaria di introdurre la pratica nella sua madrepatria. L’occasione arriva da lì a poco: nel 1718, infatti, la missione diplomatica di Edward Wortley Montagu termina bruscamente e la famiglia rientra in Inghilterra. Qui, Mary intesse una rete di relazioni volte a diffondere la variolizzazione. Fa inoculare i figli, dimostrando di non aver timore della procedura, e a un certo punto riesce a convincere il governo inglese a fare un esperimento – non propriamente etico, diremmo oggi – inoculando sei condannati a morte in cambio di una potenziale grazia. La loro sopravvivenza è il colpo decisivo per dimostrare l’efficacia del metodo, ma ci sono ancora una serie di ostacoli culturali da superare. 

 

Confronto fra le lesioni del vaiolo (a sinistra) e della variolizzazione 16 giorni dopo l’inoculazione (a destra) in una incisione del 1802.

La società inglese del Settecento non riesce a fidarsi di un’idea che viene dall’Oriente musulmano e, soprattutto, di una pratica che è trasmessa oralmente dalle donne, per definizione intellettualmente meno capaci degli uomini. È solo l’attività di testimonial portata avanti da Lady Montagu che porta alla diffusione della pratica tra l’aristocrazia europea: in fondo, tutti i genitori volevano dare una possibilità ai propri figli di essere immunizzati contro una terribile malattia. Così, a metà del Settecento e per qualche decennio la variolizzazione diventa una pratica piuttosto diffusa, senza mai riuscire a diventare di massa, ma che riesce comunque a salvare molte vite. E proprio studiando la variolizzazione, il medico inglese Edward Jenner, proverà a sostituire il pus del vaiolo umano con quello di origine vaccina, meno pericoloso per noi. Ma questa, quella del primo vaccino scoperto dall’uomo, è un’altra storia.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Marco Boscolo
Science writer, datajournalist, music lover e divoratore di libri e fumetti datajournalism.it