SALUTE

Il futuro della radioterapia oncologica al CNAO di Pavia

Vent'anni dalla fondazione, 10 dall'ingresso del primo paziente e ancora tanta ricerca da portare avanti

“Sono passati dieci anni dall’ingresso del primo paziente al Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica (CNAO) di Pavia. Oggi, quel paziente è in remissione completa dalla malattia e sta bene” racconta a OggiScienza Ester Orlandi, responsabile del dipartimento clinico dell’unico centro italiano in cui è possibile sottoporsi a radioterapia oncologica con protoni e ioni carbonio. “La persona era affetta da un tumore raro alla base cranica ed è tuttora monitorata attraverso controlli periodici legati alla necessità di valutare recidive tardive, che non sono comunque comparse dopo questo periodo di tempo. Inoltre, come tutte le radioterapie tradizionali, anche l’adroterapia non è esente dal lasciare segni”. Normalmente, il follow-up oncologico dura cinque anni, tuttavia, sottolinea Orlandi “con i nostri malati si instaura un rapporto che va oltre la visita di controllo periodica, ed è fatto di contatti regolari, quasi quotidiani, tra pazienti e medici del centro”.

Genesi di un progetto d’eccellenza

Il CNAO è un riferimento d’eccellenza per la cura dei tumori nato da un’idea di Ugo Amaldi, fisico italiano famoso in tutto il mondo che lavora al CERN di Ginevra e che ha perseguito la strada di introdurre le alte energie con protoni e ioni carbonio nella cura dei tumori. Era il 1999 quando Amaldi e Giampiero Tosi, del reparto di Fisica sanitaria dell’Ospedale Niguarda di Milano, pubblicavano “Per un centro di teleterapia con adroni”, gettando le basi per la creazione di un centro di adroterapia in Italia.

Nel 2011 vi erano già molti studi, effettuati in Giappone, dove questa terapia era avviata da tempo, che dimostravano benefici nella somministrazione di protoni e ioni carbonio nel trattamento di particolari forme tumorali, perché rare o in sedi difficili da raggiungere con la radioterapia tradizionale. Tra questi, solo per citarne alcuni, i tumori ai seni paranasali, alle ghiandole salivari, i tumori cerebrali intracranici e, inoltre, i tumori oculari. Sempre nel 2011, anche dagli Stati Uniti arrivavano prove di efficacia del trattamento con particelle dei tumori ossei (cordomi e condrosarcomi) della base cranica e del rachide.

Trattandosi di terapie innovative, seppur basate su dati ed evidenze, “è comunque necessario continuare a effettuare valutazioni di potenziale tossicità nel lungo termine rispetto a trattamenti che hanno, invece, una validazione più consolidata. Inoltre, alcune forme tumorali possono avere riprese molto tardive” sottolinea Orlandi.

Quali sono i pazienti che arrivano al CNAO?

La percezione comune è che si arrivi al CNAO soltanto quando la prognosi è negativa o dopo il fallimento dei trattamenti chemioterapici o radioterapici tradizionali. Tuttavia, vi si può accedere anche in una situazione meno grave oppure perché “per definizione, quel tipo di cancro si cura in quel determinato modo, quando c’è quindi un’evidenza altissima, che è esattamente l’opposto della percezione di caso limite senza speranza” precisa Ester Orlandi. Come ha anche testimoniato in un video Dario Bressanini, raccontando la sua personale esperienza di cura al CNAO per un tumore oculare rarissimo. “In campo oncologico la rete è fondamentale” precisa Orlandi. “Il paziente arriva al CNAO dopo che il team multidisciplinare che lo ha in carico si mette in contatto con il centro, anche attraverso piattaforme online dove i medici possono chiedere una consulenza: di questa opportunità va informata la comunità oncologica” tiene a sottolineare la responsabile del dipartimento clinico del centro di Pavia.

Se, inizialmente, il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) copriva le spese per curarsi al CNAO solo per chi avesse la residenza in Lombardia ed Emilia-Romagna, dal 2014 la terapia con ioni carbonio e protoni rientra nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) ed è accessibile attraverso un’autorizzazione della propria Asl se il malato proviene da altre Regioni.

6 centri di questo tipo nel mondo

“La collaborazione e la comunicazione tra team oncologici di tutta Italia ed esteri è cruciale” rimarca Orlandi, “se non fossimo in un centro in cui affluiscono un alto numero di malati, difficilmente riusciremmo a intercettare alcuni tipi di cancro e, di conseguenza, curarli. Non è insolita nella nostra attività clinica la necessità di rivalutare i dati istologici dei pazienti che arrivano da noi per un tumore alle ghiandole salivari, portando anche a una diversa diagnosi. Questo accade proprio perché si tratta di tumori rari: solo con la stretta collaborazione tra team si può arrivare a una diagnosi e a un trattamento corretto. Poiché molti tumori sono resistenti alle terapie tradizionali è necessario che tutta la comunità oncologica diventi sempre più competente nel riconoscerli e individuarli tempestivamente”.

Sono sei in tutto il mondo i centri che, come il CNAO, permettono il trattamento sia con protoni che con ioni carbonio e si trovano in Giappone, Germania, Austria e Stati Uniti. A livello internazionale si sta lavorando per dare sempre maggiore validazione a questa terapia. Già negli anni Novanta, Ugo Amaldi affermava che “i vantaggi potenziali dovuti alla maggior conformità degli adroni e, nel caso degli ioni, alla maggior efficacia biologica, giustificano l’uso di protoni e degli ioni carbonio nel 12% e nel 3% circa dei trattamenti oggi somministrati con fasci di raggi X” ovvero la radioterapia convenzionale.

Quali i vantaggi rispetto alla radioterapia?

“La precisione balistica perché il fascio di luce emesso dall’acceleratore crea un’interazione tra protone o ione carbonio e tessuto bersaglio tale per cui l’irradiazione non pianificata dei tessuti vicino al tumore è ridotta in maniera significativa rispetto alla radioterapia tradizionale” precisa Orlandi. Dal 2011, il CNAO ha trattato più di 3300 pazienti oncologici con un rapporto all’incirca del 60-65% di pazienti con carbonio e del 40-35% con protoni: la maggior parte delle patologie in età adulta sono relative al distretto testa-collo, ma sempre più frequenti sono le malattie neuro-oncologiche e il melanoma oculare, che vede una importante crescita “non perché sia più diffuso in generale, ma perché è migliorata la capacità di riconoscerlo grazie alla maggiore interazione tra team, che sanno poi come indirizzare i malati al CNAO” afferma Orlandi. Sugli effetti collaterali della terapia basata su particelle non è possibile dare un’indicazione generale “perché il trattamento è sempre locale e, di conseguenza, cambiano a seconda del tipo di tumore”.

Le collaborazioni scientifiche tra questi centri sono fondamentali sia per gli scambi di conoscenze e competenze, ma anche per permettere la realizzazione di trial clinici randomizzati, imprescindibili nel mondo della ricerca biomedica per dare solide basi e validazione a queste terapie. Il tipo di tumori trattati con particelle rende infatti difficile arruolare un numero di pazienti sufficientemente numeroso e rilevante dal punto di vista statistico, sebbene i tumori in questione siano altresì statisticamente rari.

La collaborazione internazionale è fondamentale

Uno studio a livello europeo, di cui il CNAO è il centro coordinatore, finanziato nell’ambito del programma Horizon2020 per 5 milioni di euro, vede coinvolti 22 università e centri di ricerca di 14 Paesi europei, tra cui il CERN di Ginevra, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e gli altri tre centri europei, oltre al CNAO, con acceleratori di ioni carbonio: in Germania il Marburger Ionenstrahl-Therapiezentrum (MIT) di Marburgo e lo Ionenstrahl-Therapiezentrum (HIT) di Heidelberg e, in Austria, il MedAustron. Lo studio, denominato HITRIPlus, vuole favorire la ricerca e lo sviluppo tecnologico in funzione di applicazioni degli ioni in ambito medico, con lo studio di nuovi componenti di acceleratori di ioni. I quattro centri clinici di adroterapia studieranno in modo approfondito gli effetti radiobiologici degli ioni, per affinare la qualità e l’efficacia dei fasci di particelle estratti dagli acceleratori e perfezionare il loro impiego nel trattamento delle malattie oncologiche.

Inoltre, la European Partner Therapy Network (EPTN), importante collaborazione tra tutti i centri che si occupano di particelle in Europa in ambito clinico, farà da cappello a diversi studi che partiranno a breve, in particolare un trial clinico randomizzato per valutare l’uso di ioni carbonio e protoni nel tumore all’esofago in stadio avanzato, il cui obiettivo sarà valutare il minor profilo di tossicità tra le due terapie e trovare evidenze a favore dell’una piuttosto che dell’altra.

Un altro tumore per il quale l’adroterapia sembra offrire una speranza terapeutica è quello al pancreas, uno dei più gravi e complessi, la cui prognosi è per definizione negativa e resistente alla radioterapia tradizionale. Ma, sottolinea Ester Orlandi, “dal Giappone arrivano dati molto promettenti per il trattamento con ioni carbonio nel tumore al pancreas in stato avanzato, oltre ai passi da gigante fatti dalla terapia con fotoni per ridurre al minimo i movimenti degli organi durante gli atti della respirazione nel corso delle sedute di trattamento”. Questi positivi risultati, forse ancora troppo preliminari, possono diventare dati robusti a patto, conclude Orlandi, “che si faccia rete tra centri di ricerca a livello nazionale, europeo e mondiale”.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine: CNAO

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Federica Lavarini
Dopo aver conseguito la laurea in Lettere moderne, ho frequentato il master in Comunicazione della Scienza "Franco Prattico" alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste (SISSA). Sono giornalista pubblicista e scrivo, o ho scritto, su OggiScienza, Wired, La Lettura del Corriere della Sera, Rivista Micron, Il Bo Live, la Repubblica, Scienza in Rete.