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Guida pratica alla costruzione di universi – Parte III

Costruire o terraformare un pianeta

Come abbiamo visto nei precedenti articoli (qui e qui), creare un universo può essere un’operazione complessa e un po’ pretenziosa. In questo articolo (e in alcuni dei prossimi) abbasseremo un po’ le nostre pretese e cercheremo di spiegare come si crea un pianeta, possibilmente abitabile, o come lo si rende simile al nostro, terraformandolo.

Partiamo da ciò che sappiamo dei pianeti

Fino a qualche decennio fa i pianeti noti erano una decina e non era difficile impararne tutti i nomi a scuola. Abbiamo accennato al fatto che ogni tanto ci si inventava qualche pianeta nuovo o se ne declassava qualcun altro, ma nel complesso le cose erano semplici.

Dal 1995, con la scoperta del primo esopianeta, abbiamo la prova che il Sole non è l’unica stella attorno a cui ruotano corpi celesti. Con metodi sempre più raffinati, al giorno d’oggi, siamo riusciti ad individuare quasi 5000 pianeti e più di 3500 sistemi solari. Dall’individuazione (più semplice) di giganti gassosi siamo passati in breve a individuare pianeti di tipo roccioso, alcuni dei quali con caratteristiche piuttosto vicine a quella della Terra, tanto è vero che sono stati creati un indice di similarità terrestre (ESI) e un indice di abitabilità attraverso cui classificare i pianeti.

Molti pianeti (per i dati, incompleti, che abbiamo raccolto) hanno un indice di somiglianza alla Terra più elevato di pianeti del sistema solare come Marte e Venere. Altri difficilmente potrebbero ospitare la vita, ma presentano caratteristiche in grado di sorprendere anche i più visionari scrittori di fantascienza: per esempio 2mass J2126–8140 che ci mette circa un milione di anni per girare attorno alla sua stella, o TrES-2b, che riflette solo l’1% della luce del suo Sole, cosa che lo rende il pianeta più buio mai scoperto, per non parlare di Gliese 436 b, dove probabilmente troveremmo del ghiaccio ardente o di 55 cancri e la cui superficie si riteneva qualche anno fa potesse essere costituita interamente da diamanti.

Interessante anche il fatto che molti dei pianeti individuati ruotino attorno a sistemi di stelle binari.

Come costuire un pianeta plausibile (e abitabile)

Diamo alcune indicazioni generiche su come costruire un pianeta che tutto sommato si regga in piedi.

Anzitutto, con buona pace di Terry Pratchett e del suo mondo disco, tutta la materia, spinta dall’attrazione gravitazionale, tende ad aggregarsi nel modo più funzionale possibile (cioè in modo che tutti i punti siano più o meno equidistanti dal centro, insomma…in una sfera) e pertanto niente ci fa pensare che un giorno ci imbatteremo in un pianeta extrasolare a forma di piramide, o di icosaedro o di piatto.

Se proprio non dovessero piacerci gli sferoidi, comunque, e volessimo rimanere nell’ambito dello scientificamente possibile, qualche modo per ottenere un pianeta di forma diversa c’è: se ad esempio il pianeta ruota su se stesso a velocità enorme, tenderà ad assumere una forma ovaleggiante. Il problema, a questo punto, però, è come rendere tale mondo abitabile da una qualche forma di vita. E’ quanto ha provato a fare Hal Clement nel suo racconto Stella doppia 61 cygni, un classico della Hard science fiction (cioè quella fantascienza che cerca di essere il più scientificamente plausibile). Qui, il pianeta Mesklin, che orbita attorno a una stella doppia in 4,8 anni terrestri, compie una rotazione su se stesso ogni 18 minuti. Questa velocità incredibile deforma il pianeta facendolo diventare una sorta di uovo, con un diametro di 76800 km all’equatore e una distanza lungo l’asse dal polo nord al polo sud di 32000 km. A causa della sua velocità di rotazione, la forza gravitazionale nel pianeta cambia da zona in zona, passando da 3g sull’equatore a quasi 700g in prossimità dei poli: le strane caratteristiche di questo mondo hanno fornito spunti narrativi per molti altri racconti di Clement.

Se vogliamo che il nostro pianeta abbia maggiori possibilità di ospitare forme di vita, però, ci conviene dargli una forma sferica.

Caratteristiche da tenere in considerazione

Ci conviene poi porlo entro la fascia di abitabilità, ovvero a una distanza tale dalla stella attorno a cui ruota per cui sia possibile la presenza di acqua liquida. La distanza a cui dovrebbe essere posto un pianeta rispetto alla sua stella è data da: d = √ L Dove L è la luminosità della stella.

Altra condizione importante perché un pianeta possa ospitare la vita è la presenza di un’atmosfera, e questa dipende dalla densità del pianeta: un pianeta con poca densità e massa non riuscirà a trattenere dei gas attorno a sé (è quanto per esempio succede sulla Luna).
La massa di un pianeta dipende dalla sua densità media (ρ) e dal suo volume, secondo l’equazione m= ρ V.

La forza di gravità presente sulla superficie del pianeta è: g=m/r^2, ma, come visto, può venire modificata da altri parametri, come la velocità di rotazione. Anche in questo caso è importante, se vogliamo rendere il pianeta un attimo vivibile, che questo possieda una forza di gravità per noi sensata.

La massa minima per mantenere un atmosfera è circa un quarto della massa della Terra. Se creiamo un pianeta con questa massa, lo troveremo più caldo (la sua superficie irradierebbe più velocemente il calore), più ventoso (a causa della minor densità dell’aria e della pressione) e con maree più basse (a causa della minor attrazione gravitazionale). Ci sarebbe meno magma e probabilmente ci sarebbero meno terremoti e vulcani, la deriva dei continenti si sarebbe conclusa presto (come su Marte e Mercurio a differenza invece di Venere e della Terra).

L’atmosfera meno densa causerebbe anche la caduta a terra più frequente di meteoriti, una maggior esposizione alle radiazioni solari, uno scorrere più lento dei fiumi. Soprattutto, il fatto che l’ossigeno in questo pianeta è un quarto rispetto a quello terrestre, obbligherebbe gli animali a sviluppare polmoni quattro volte più grandi (e una conformazione fisica tale da supportarli, per esempio casse toraciche molto voluminose) o a respirare quattro volte più velocemente, o a sviluppare altri sistemi di ossigenazione. La gravità più bassa porterebbe probabilmente a un rallentamento dei riflessi e per gli animali volanti sarebbe necessaria più forza per spiccare il volo (mentre una eventuale conquista dello spazio da parte di una civiltà avanzata, sarebbe più agevole, vista la bassa velocità di fuga necessaria); il minore stress muscolare terrebbe forse gli animali più a lungo giovani. L’acqua evaporerebbe più facilmente e probabilmente gli oceani sarebbero più piccoli rispetto alla Terra. Se la massa minore rispetto alla Terra fosse dovuta a una minore densità e non a minori dimensioni, possiamo immaginare che i metalli siano estremamente rari su quel pianeta (i metalli hanno una densità molto alta). Eventuali civiltà evolute avrebbero problemi a superare l’età della pietra.

E se la Terra fosse più pesante?

Se la Terra fosse più pesante, perché dotata di una crosta terrestre più spessa o pesante, i continenti non si muoverebbero o si sposterebbero molto più lentamente. Probabilmente quindi si svilupperebbero delle forme di vita molto diverse e indipendenti nei vari continenti. Per diffondersi e coprire le distanze che separano le terre emerse la vita svilupperebbe dei meccanismi simili a quelli terrestri ma più complessi: i vegetali potrebbero creare gusci atti ad attraversare i mari e a farli attraversare ad eventuali larve di animali (un po‘ come accade alla noce di cocco). Anche i volatili potrebbero portare forme di vita elementari sul loro corpo (per esempio parassiti) o nel loro intestino. Probabilmente la vita andrebbe verso il perfezionamento di questi meccanismi di diffusione.

Se invece questo pianeta avesse semplicemente una densità maggiore, ci sarebbe una forza di gravità più potente: semplici cadute da basse altezze potrebbero essere estremamente dannose e sarebbero comunque necessari muscoli più forti per gli animali. Le piogge e i fiumi dovrebbero avere una maggior capacità erosiva, per contro le onde dovrebbero essere più basse, come anche le montagne. Anche le nuvole dovrebbero formarsi in regioni più basse, rispetto alla Terra, l’aria dovrebbe essere più densa ma meno umida (l’acqua evapora più difficilmente ad alte pressioni), gli oceani più vasti di quelli a cui siamo abituati. Se la maggior massa di questa Terra fosse dovuta a una maggior quantità di metalli nel nucleo, probabilmente avremmo una attività tettonica più intensa: la fusione di metalli radioattivi oltre a terremoti e vulcanesimo causerebbe anche una maggior emissione di radiazioni che potrebbero comportare mutazioni più significative nei viventi (e quindi un’evoluzione più rapida) rispetto a quanto avviene da noi.

Atmosfere diverse

Per quanto riguarda aria e acqua, pianeti con atmosfere diverse dalle nostre e con oceani composti da elementi diversi dall’acqua (elementi che Asimov chiamò talassogeni) difficilmente potrebbero favorire lo sviluppo della vita così come la conosciamo o comunque della tecnologia: tra le atmosfere realisticamente possibili, alcuni autori di fantascienza hanno immaginato un’atmosfera ricca di cloro. Questa causerebbe (oltre a una fitta nebbia giallastra) la corrosione di metalli, per cui anche le strutture degli esseri viventi (ossa, denti, gusci) dovrebbero svilupparsi con materiali simili alla plastica o al PVC.

Mondi con un’atmosfera a base di ammoniaca potrebbero essere più probabili , vista anche l’abbondanza degli elementi di cui è composta (azoto e idrogeno). L’ammoniaca ghiaccia a -77.7 C e ha il punto di ebollizione a -33.4 C, per cui gli oceani di questi pianeti dovrebbero essere molto freddi, almeno per i nostri parametri. Un’atmosfera di ammoniaca sarebbe più permeabile della nostra ai raggi UV, per cui un mondo con una simile atmosfera dovrebbe essere sottoposto a radiazioni meno intense del nostro per consentire l’evoluzione della vita (e d’altra parte ciò ben si sposa con il fatto che un mondo freddo permetterebbe all’ammoniaca di trovarsi allo stato liquido). Il fatto che l’ammoniaca allo stato ghiacciato non galleggi, a differenza dell’acqua, potrebbe portare molte interessanti conseguenze. In questa atmosfera sarebbe impossibile accendere un fuoco, data la natura chimicamente quasi inerte dell’azoto; conseguentemente sarebbe impossibile sviluppare una tecnologia evoluta, almeno per le nostre conoscenze. Per rimanere su casi simili alla Terra, un’atmosfera molto ossigenata sarebbe più infiammabile e corrosiva; se ci fosse una grossa presenza di anidride carbonica invece ci sarebbe un effetto serra più accentuato e avremmo molto più caldo (un’atmosfera del genere potrebbe essere utile per permettere lo sviluppo della vita in pianeti piuttosto lontani dalla stella attorno a cui orbitano).

Un mondo senza Luna

Le caratteristiche di un pianeta, ovviamente, non dipendono soltanto dai macro fattori a cui si è appena accennato. Molti altri parametri, all’apparenza secondari, possono cambiare in modo radicale le caratteristiche di un pianeta, per non parlare della possibilità o dei tipi di vita che su di esso possono crearsi: il sistema Terra, per esempio, è così complesso che gli scienziati non sono in grado di determinare con precisione quali potrebbero essere, per esempio, per parlare di un argomento di scottante attualità, le conseguenze dell’innalzamento di uno o due gradi della temperatura terrestre.

Proprio giocando sui parametri apparentemente secondari, molti scienziati e divulgatori si sono divertiti a immaginare cosa succederebbe sulla Terra se cambiassero alcune cose.

E’ chiaramente un esercizio speculativo, ma è interessante notare quante conseguenze ci potrebbero essere, togliendo “semplicemente” la Luna dal cielo, come ha fatto Neil Comins nel suo saggio What if the Earth has no moon?. Probabilmente, la prima cosa che ci viene da pensare, è che ci saranno notti più buie e le maree saranno costanti.

In realtà le maree giocano un ruolo fondamentale sulla rotazione e rivoluzione della Terra. La Luna infatti alza e abbassa le masse oceaniche e (impercettibilmente) anche la crosta terrestre; questi movimenti creano attriti che rallentano la rotazione della Terra. E non di poco: se non ci fosse la Luna la rotazione terrestre sarebbe così rapida che il giorno passerebbe dalle 24 ore attuali alle 6-8 ore. La rotazione più veloce causerebbe venti più forti e più direzionali e conseguentemente onde più alte e una maggiore erosione delle rocce, sia sulla terra che nei mari. Inoltre la rotazione più veloce farebbe insorgere un campo magnetico tre volte più forte di quello che abbiamo attualmente.

Tali condizioni potrebbero portare a uno sviluppo di specie vegetali e animali molto diverse da quelle terrestri: le piante, per esempio, per sopravvivere alla forza del vento, potrebbero sviluppare appendici prensili, crescere non in altezza ma parallelamente al suolo, dotarsi di foglie aghiformi (che il vento danneggerebbe più difficilmente ) o cilindriche (in grado di essere sempre in parte esposte a un sole che viaggia in cielo tre volte più velocemente rispetto a quanto fa il nostro). Per quanto riguarda la vita animale, la presenza di maree più basse causerebbe una minor estensione del bagnasciuga, con conseguente riduzione della nicchia zoologica in cui potrebbero svilupparsi le prime forme di vita terrestre. L’esiguità di questo spazio potrebbe portare a una competizione più forte tra specie e causerebbe probabilmente più estinzioni e una minor biodiversità.

La maggior ossigenazione dell’atmosfera e le temperature più elevate potrebbero portare allo sviluppo di animali senza pellicce, con pochi grassi e forse con ampie superfici di raffreddamento (un po’ come le vele del dimetrodonte, per fare un esempio della preistoria terrestre). Le vele o altre appendici potrebbero essere usate anche come organo di comunicazione visiva, ma finirebbero anche per destabilizzare gli animali (a causa dei forti venti); è probabile perciò che si formino corpi larghi, bassi e aerodinamici, forse anche con strutture simili ad alettoni, proprio per sfruttare la forza dei venti. I venti potrebbero poi far volare pericolosi detriti, motivo per cui si possono supporre, in un mondo senza Luna, animali corazzati. Inoltre il vento renderebbe la respirazione più difficile: sarebbero perciò necessari forti muscoli respiratori e nasi (o organi analoghi) schermati, per riuscire a raccogliere meglio l’aria. D’altra parte, la forte ossigenazione dell’aria, potrebbe portare gli animali ad avere più energia e rapidità nei movimenti. Il forte vento causerebbe un rumore di fondo costante, motivo per cui una soluzione utile a ottimizzare la percezione dei suoni sarebbero delle orecchie direzionali e a forma di cono; potrebbe poi svilupparsi un filtro nel cervello per togliere (o minimizzare) il rumore di fondo. Essendo difficile la comunicazione sonora, è probabile che gli animali di una Terra senza Luna sviluppino altre modalità di comunicazione, per esempio con la luminescenza naturale (che pur essendo dispendiosa potrebbe essere utile anche di notte per la caccia) o attraverso la comunicazione radio (quello che chiamiamo telepatia).

Un mondo con tante lune

Qualche luna in più (o semplicemente una luna più vicina) porterebbe a una maggiore luminosità notturna: gli animali notturni dovrebbero perciò sviluppare ottime capacità mimetiche. Le grandi maree renderebbero inabitabili per la maggior parte delle forme di vita le coste, e gli stessi fiumi strariperebbero di frequente. Ma l’attrazione gravitazionale di una luna vicino alla Terra non riguarderebbe solo i mari: anche le terre si muoverebbero (maree solide) causando terremoti più frequenti; trovare fiumi di lava passeggiando per il pianeta sarebbe molto meno difficile che sulla Terra.

La vita probabilmente si svilupperebbe più precocemente (le maree e le erosioni portano un maggior rimescolamento di particelle atte a creare la vita nell‘acqua). La colonizzazione della terraferma sarebbe invece più difficile e inizierebbe probabilmente da regioni che per ragioni topografiche sarebbero meno toccate dalle maree. E’ probabile comunque che gli animali che vivono sul bagnasciuga sviluppino scudi e conchiglie più duri, abbiano delle eccellenti capacità di restare attaccati alle rocce e di scavare in profondità (per proteggersi dalle risacche). Gli animali terrestri invece dovrebbero convivere con una intensa attività tellurica: è possibile quindi che sviluppino lunghe appendici prensili (anche tentacoli, sebbene, a causa del loro peso, non rappresentino una soluzione ideale per la vita fuori dall’acqua) per attaccarsi a sostrati in caso di terremoti, oppure gusci protettivi, o che acquisiscano la capacità di scavare rapidamente buche o di tenere il respiro a lungo nel caso un sisma li seppellisca. Sarebbe inoltre probabile lo sviluppo di qualche senso per cogliere le vibrazioni e sarebbero richiesti maggiori riflessi (e un cervello in grado di ragionare bene più velocemente dovrebbe portare queste creature ad essere, potenzialmente, molto intelligenti).

Altri casi limite

Lasciamo alla curiosità del lettore le indagini sulla vita che potrebbe svilupparsi su pianeti che ruotano attorno a stelle più luminose o meno luminose del Sole, o anche alle forme di vita che potrebbero svilupparsi su una luna di un pianeta (se consideriamo il sistema Terra-Luna, a causa della rotazione sincrona, la luna ci offre sempre la stessa faccia: pianeti che orbitano attorno al loro sole in rotazione sincrona avrebbero un lato rovente e uno freddissimo e la vita si potrebbe sviluppare perciò solo nelle zone di confine). La rete dà molte possibilità (più o meno autorevoli) di indagine in tal senso, ed è stata addirittura realizzata una serie Netflix a riguardo, con partecipazioni prestigiose (Didier Queloz, Nobel per la scoperta del primo esopianeta).

Se, comunque, creare un solo pianeta vi sembra riduttivo, vi proponiamo di realizzare un gira-pianeti cioè un semplice strumento che, associando alcune caratteristiche di un sistema solare (per esempio rotazioni e orbite) ad alcune caratteristiche del pianeta può generare mondi sempre nuovi.

Per prima cosa compilate la tabella qui sotto, inserendo a ogni intersezione i dati che vi sembrano più interessanti. Poi segui le istruzioni per creare un girapianeti!

Ovviamente nulla vi vieta di creare un’altra tabella, inserendo magari altre caratteristiche che desiderate per il vostro pianeta.

Se invece volete limitarvi a fare qualcosa di più semplice, potreste decidere di terraformare un pianeta (ovvero di renderlo simile alla Terra). Anche in questo caso si tratta più che altro di un esercizio di stile (siamo lontanissimi, con le tecnologie attuali, dal poter attuare qualcosa del genere anche “solo” su un pianeta del sistema solare e, per terraformare anche i corpi più simili alla Terra, come Marte e Venere, ci vorrebbero comunque tempi geologici) a cui si sono però sottoposti spesso scienziati e divulgatori scientifici. Vi lasciamo con un paio di possibili idee per terraformare alcuni pianeti del nostro sistema solare.

AVVERTENZA IMPORTANTE

I modelli che abbiamo presentato sono una semplificazione che non può avere pretese di realismo o di determinismo: l’evoluzione della vita è un meccanismo troppo complesso e dagli equilibri troppo fragili per essere dedotto semplicemente dal giostrare un paio di parametri. Anzi, se dovessimo ritornare con la macchina del tempo alla Terra di qualche decina di milioni di anni fa e dovessimo rifarne il percorso evolutivo, molto probabilmente l’uomo non si sarebbe mai evoluto; si sarebbero evolute altre specie, forse anche molto diverse da noi, con sensi e capacità diverse, che potrebbero aver sviluppato una tecnologia o delle conoscenze molto superiori o molto inferiori alle nostre, o semplicemente, molto diverse, forse così tanto da non essere nemmeno comparabili alle nostre. In ogni caso pensiamo che aver fornito un paio di spunti sui rapporto causa/effetto, ambiente/caratteristiche di possibili animali, tra la selva di tutti i parametri possibili, possa servire a offrire spunti interessanti e a fornire dei meccanismi creativi credibili per chiunque volesse cimentarsi con la costruzione di pianeti o di specie animali e vegetali.


Leggi anche: Guida pratica alla costruzione di universi – parte II

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Disegni: Federica Moro

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Carlo Rigon
Di formazione umanistica, ha conseguito il Master in Comunicazione della scienza presso la SISSA di Trieste. Insegnante, si occupa con scarso successo e poca costanza di tante cose. Tra i suoi progetti più riusciti un "museo del dinosauro giocattolo", ora chiuso.