RICERCANDO ALL'ESTERO

I macrofagi nell’immunoterapia per il cancro

I macrofagi sono cellule coinvolte nei processi di infiammazione causati dalla morte delle cellule e potrebbero avere un ruolo nell’attivare la risposta immunitaria contro i tumori

L’immunoterapia è considerata il trattamento più promettente per combattere i tumori. Ne esistono di diversi tipi, tra cui i vaccini antitumorali, gli anticorpi monoclonali, gli inibitori dei checkpoint immunitari, l’immunoterapia cellulare adottiva.

Negli ultimi anni si è fatta strada l’immunoterapia basata sui macrofagi, cioè su quelle cellule del sistema immunitario deputate a eliminare i patogeni estranei, gli “spazzini” del nostro corpo. Infatti, quando microbi o altre cellule indesiderate o pericolose vengono riconosciute dai macrofagi, si attiva un processo di fagocitosi che porta all’eliminazione degli elementi estranei da parte delle altre cellule del sistema immunitario (linfociti T).

Grazie a questa loro azione, i macrofagi possono essere coinvolti direttamente o indirettamente in diverse fasi dello sviluppo di un tumore.

Giulia Zago è al Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York per studiare l’azione dei macrofagi nel mantenere l’omeostasi e il loro ruolo nelle malattie autoimmuni e nei tumori.


Nome: Giulia Zago
Età: 31 anni
Nata a: Portogruaro (VE)
Vivo a: New York (Stati Uniti)
Dottorato in: oncologia molecolare (Parigi)
Ricerca: Il trasportatore del cloruro SLC12A2 nell’infiammazione del microambiente tumorale
Istituto: Department of Immunology, Memorial Sloan Kettering Cancer Center (New York)
Interessi: fare sport (pallavolo, bicicletta, corsa), leggere libri di storia, viaggiare
Di New York mi piace: il teatro, Broadway, il cabaret, gli spettacoli di jazz
Di New York non mi piace: è molto caotica, trafficata e rumorosa, mancano gli spazi verdi
Pensiero: Posso convivere l’incertezza. Penso che sia molto più interessante dell’avere risposte che potrebbero essere sbagliate. Per progredire bisogna lasciare socchiusa la porta dell’ignoto. (Richard P.Feynman)


Qual è il ruolo dei macrofagi nel mantenere l’omeostasi cellulare?

I macrofagi sono cellule molto interessanti perché “mangiano ma non ingrassano”. Ogni giorno muore un quantitativo esorbitante di cellule per il normale turnover, vedi la pelle. Per evitare che si scatenino processi infiammatori causati dalle cellule morenti o da loro frammenti, i macrofgi sono incaricati di ripulire il nostro corpo. Il termine scientifico di questo particolare processo di eliminazione di cellule apoptotiche è efferocitosi, dal latino efferre = condurre alla tomba.

I meccanismi che stanno alla base di questa risposta antinfiammatoria dei macrofagi non sono ancora del tutto definiti. Nel mio laboratorio abbiamo individuato una particolare proteina che si attiva durante la fagocitosi delle cellule apoptotiche e sembra avere un ruolo nell’infiammazione: si chiama SLC12A2 (o NKCC1) e agisce da trasportatore del cloro.

Il flusso di cloro tra esterno ed interno della cellula deve essere altamente regolato affinché il macrofago riesca a mangiare in modo efficiente. Abbiamo visto che se SLC12A2 non c’è o è inibito, i macrofagi mangiano di più, anche fino a tre volte tanto. I fagosomi cominciano ad accumularsi all’interno della cellula e attivano la cascata dell’inflammasoma, un meccanismo tipico delle cellule dell’immunità innata che si innesca quando c’è qualcosa che non va.

Quali sono le implicazioni di questo meccanismo nei tumori?

Tra le caratteristiche delle cellule tumorali c’è il fatto che sfuggono al sistema immunitario e ricostruiscono attorno a loro un microambiente antinfiammatorio.

Se riuscissimo a trasformare il macrofago da cellula antinfiammatoria (quale normalmente è) a cellula proinfiammatoria potremmo attivare i linfociti T e aiutare il sistema immunitario a combattere il tumore.

A questo proposito, abbiamo fatto degli studi in vivo su topi in cui SLC12A2 era bloccato oppure non era presente, usando in un caso un farmaco capace di inibire il trasportatore (bumetanide), nell’altro l’editing genetico. Abbiamo preso in considerazione il tumore al pancreas, uno dei pochi tumori in cui in nuovi trattamenti di immunoncologia non funzionano proprio perché le cellule del sistema immunitario non riescono a inflitrare. Sarebbe interessante capire il perché e come si può invertire il meccanismo.

Successivamente abbiamo valutato le presenza di cellule del sistema immunitario all’interno del tumore, il loro stato di attivazione e l’eventuale ruolo proinfiammatorio. Dai primi risultati è emerso che, in assenza di  SLC12A2 o comunque con un SLC12A2 non funzionante, i linfociti T sono in grado di inflitrare il tumore. Inoltre c’è un’inibizione della crescita tumorale.

Ciò potrebbe significare che l’inibizione del trasporto del cloro può essere d’aiuto nell’attivare il sistema immunitario a combattere contro il tumore. E che i macrofagi potrebbero avere un’azione sinergica, assieme ad altri approcci, nell’immunoterapia.

Per quanto riguarda le malattie autoimmuni?

In questo caso, l’inibizione di SLC12A2 dovrebbe portare a un peggioramento della malattia perché attivando l’infiammazione si stimolerebbe ancora di più il sistema immunitario a reagire contro le componenti self. Perciò qui, la strategia d’azione dovrebbe essere quella di attivare in qualche modo SLC12A2.

Come contesto di malattia immunitaria abbiamo preso in considerazione l’invecchiamento, perché in fondo è proprio questo e quando invecchiamo i sintomi sono quelli di una perenne e cronica infiammazione. Gli studi sono in corso e stiamo valutando la presenza di autoanticorpi con e senza di SLC12A2.

Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?

Stiamo cercando di capire il meccanismo di funzionamento di SLC12A2, quali pathway cellulari vengono attivate dal cloro e qual è il suo interattoma (cioè con quali proteine interagisce).

Un altro progetto interessante su cui stiamo lavorando riguarda l’aterosclerosi. Questa condizione coinvolge i macrofagi perché, essendo cellule deputate a pulire le nostre arterie, in presenza di un accumulo di colesterolo sono loro a intervenire. Una volta raggiunta la placca aterosclerotica iniziano perciò a “mangiare” il colesterolo ma, non riuscendo a digerirlo, rimangono intrappolati e muoiono. Ciò richiama nella placca ulteriori macrofagi, che cercano di ripulire la sporcizia ma senza successo cosicché il danno si amplifica. Vogliamo capire cosa succede ai macrofagi nella placca aterosclerotica e come è possibile modificare la loro attività per ridurre l’infiammazione.

Infine, vorremmo riuscire a mettere a punto degli anticorpi monoclonali da usare a livello terapeutico, specifici per SLC12A2 e capaci di modulare la loro azione a seconda dei contesti (tumore, malattie autoimmuni, …).


Leggi anche: Immunoterapia per combattere l’Alzheimer

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Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.