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Anche l’acqua che usiamo innalza il livello del mare

AMBIENTE - Lo scioglimento delle calotte polari causato dal riscaldamento globale innalza il livello del mare. È stato calcolato che il contributo dovuto al riscaldamento è di circa 1.1 milimetri all'anno. L'innalzamento registrato effettivamente però è di 1,8 mm annui. Da dove arrivano quegli 0,8 extra? Dall'acqua che utilizziamo per le attività antropiche (irrigamento agricolo, usi domestici...) spiega uno studio pubblicato su Nature Geoscience. Taikan Oki, dell'Università di Tokio e colleghi , hanno calcolato che l'acqua utilizzata dall'uomo potrebbe contribuire fino a 0,77 mm (o il 42% dell'innalzamento registrato). L'acqua viene estratta dalle faglie acquifere, che si svuotano ma non vi ritorna: evapora nell'aria o finisce nei bacini idrici per poi essere alla fine scaricata nel mare. Lo studio ha utilizzato i dati noti dal 1961 al 2003 e ha condotto delle simulazioni. Già un altro studio di quest'anno, condotto da un team olandese e pubblicato su Geophysical Reserch, ha avanzato un'osservazione simile, anche se di entità minore (e cioè fino a 0,57 mm nel 2000).

L’Africa è seduta sull’acqua

AMBIENTE - L’immagine della donna (o del bambino) che trasporta taniche di acqua al villaggio è quasi un cliché dell’Africa. “C’è carenza d’acqua”. Eppure di acqua potrebbe essercene: a quanto pare sotto il continente africano ci sono dei veri e propri serbatoi idrici, di dimensioni enormi: sottoterra si troverebbe una quantità di acqua potabile cento volte superiore rispetto a quella in superficie. Un team di scienziati della British Geological Survey and University College London (UCL) ha appena pubblicato sulla rivista Environmental Research Letters una dettagliata analisi del sottosuolo africano. Lo studio ha combinato i dati di altre 283 ricerche idrogeologiche, riuscendo così a disegnare una mappa con un livello di dettaglio mai raggiunto prima. Hanno identificato precisamente le aree del continente che celano queste enormi riserve idriche, soprattutto in Libia, Algeria e Ciad. Il Sahara si è infatti trasformato in deserto durante in migliaia di anni, ma l’acqua non è semplicemente scomparsa: si trova sottoterra.

La domanda di oro blu

AMBIENTE - Tempi duri per l’acqua dolce. Se nel 2000 la domanda globale di acqua era poco più di 3.500 km3 all’anno, le ultime proiezioni dell’Ocse prevedono un aumento del 55% della domanda di oro blu entro il 2050. Tra le cause, oltre all’aumento della popolazione, troviamo la crescente domanda da parte delle industrie (+400%), della produzione elettricità (+140%) e dell’uso domestico (+130%). In particolare la disponibilità di acqua sarà messa a dura prova dai 2,3 miliardi di abitanti in più che dovrebbero vivere nelle zone dei bacini fluviali del Nord e del Sud dell’Africa e del Sud e del Centro Asia, aree soggette a gravi problemi di stress idrico. Se nei Paesi Ocse si registrerà una leggera diminuzione della domanda, i BRIICS (Brasile, Russia, India, Indonesia e Sudafrica) segneranno un aumento dell’80%, così come gli altri Paesi non Ocse. L’esaurimento delle falde acquifere potrebbe diventare la più grande minaccia per l’agricoltura e per l’approvvigionamento di acqua urbana in molte regioni. A ciò si aggiunge l’inquinamento causato dalle sostanze provenienti dalle acque reflue urbane e dall’agricoltura. Nonostante l’incremento dell’accesso a fonti di acqua migliorata, si calcola che nel 2050 oltre 240 milioni di persone rimarranno senza accesso ad acqua potabile. Per una sintesi delle criticità che ci aspettano nel prossimo futuro, guardate questa videografica.

L’inventario dell’acqua

CRONACA - Vista dallo spazio la Terra è il "Pianeta blu", una splendido zaffiro incastonato nel Sistema Solare. È l'acqua degli oceani a dargli quest'aspetto, ma nonostante le apparenze, nel complesso della massa del nostro Pianeta, questa sostanza è meno di quanto ci si aspetta. Ma quant'è esattamente? E soprattutto c'è sempre stata? È arrivata, come sostengono alcune teorie, con antichissimi impatti di comete e asteroidi o si è formata insieme al pianeta? Quanta ne abbiamo persa nel corso della storia? Rispondere a tutte queste domande è cruciale anche per comprende le dinamiche del nostro clima. Ci hanno provato a farlo un gruppo di ricercatori del Museo di storia Natuarle della Danimarca e della Stanford University, che hanno appena pubblicato i loro risultati su PNAS.

Gli antichi mari di Marte

La sonda Mars Express dell'Agenzia spaziale europea (Esa) ha ottenuto delle prove convincenti della presenza, nel passato, di un oceano...

Fate passare?

AMBIENTE - Su Science è uscita una ricerca che interesserà dai governanti (onesti) ai semplici cittadini soprattutto se collaborano con associazioni umanitarie e ambientaliste. Da leggere prima del vertice della Terra "Rio 92 + 20". Prima di tutto complimenti a Elisabetta Vignati e Luca Pozzoli dell'Istituto per l'ambiente e la sostenibilità al Joint Research Centre di Ispra. E per non essere sciovinisti, anche ai loro 21 coautori guidati dal climatologo Drew Shindell del centro Goddard-NASA a New York. Hanno testato 400 misure già applicate oggi per tagliare le emissioni di metano e di black carbon, il particolato di fuliggine e ozono che sosta sopra l’Asia meridionale, per esempio, in una grande nube bruna. Sono sostanze dette “climalteranti” che riscaldano l’atmosfera, anche se a tempo e distanze più brevi, più dell’anidride carbonica. Questa ha un effetto serra determinante perché è ben miscelata e una parte scalda cieli e mari per centinaia di migliaia di anni.

Acqua su Mercurio?

CRONACA - La cerchiamo su Marte, la cerchiamo sulla Luna e anche su Mercurio, il pianeta così caldo che nelle zone più illuminate la sua temperatura scioglierebbe il piombo. Secondo gli scienziati del team di MESSENGER, la sonda NASA in orbita intorno a Mercurio da marzo di quest'anno, sul pianeta ci potrebbero essere zone perennemente in ombra in cui trovare acqua allo stato solido (ghiacciata). L'antefatto di questa storia è che nell'ormai lontano 1991, gli scienziati avevano notato che certe zone opache e scure alla luce visibile (nell'area del polo nord del pianeta) "brillavano" ai radar. L'acqua (il ghiaccio) si comporterebbe proprio cosi, ma questa prova non è sufficiente. Ora però sono usciti due studi che corroborano l'ipostesi, anche se ancora non sicono l'ultima parola sulla questione (sono stati presentati qui la settimana scorsa da Sean Solomon, planetologo all'Istituto Carnegie di Washington e membro del team di MESSENGER)

Le migrazioni nei denti

CRONACA - Dei dinosauri abbiamo solo i resti fossili, come facciamo a capire che abitudini e comportamenti avevano in vita questi animali? Una tecnica moltio in voga oggi è l'analisi isotopica dei reperti, che ha permesso di stabilire molte cose, dalla dieta alle temperature in cui vivevano questi antichi animali. Ora una nuova ricerca pubblicata su Nature dalla semplice osservazione dello smalto dei denti di alcuni esemplari di camarasauro ha proposto l'ipotesi che questi animali migrassero alla ricerca dell'acqua. Hernry Fricke del Colorado College, ha confrontato la composizone isotopica dello smalto con quella delle rocce in aree attorno al luogo in cui sono stati ritrovati i fossili.

Encelado “piove” su Saturno

NOTIZIE - Grazie al telescopio spaziale Erschel (ESA) gli astronomi del Max-Planck-Institut für Sonnensystemforschung, di Katlenburg-Lindau in Germania, sono riusciti a determinare l'origine dell'acqua contenuta negli strati alti dell'atmosfera di Saturno. Il satellite Encelado emette corposi getti di vapore acqueo dalla regione polare (sud) e questo vapore va a formare un enorme anello di gas intorno a Saturno (il raggio dell'anello corrisponde a dieci volte quello di Saturno, per una larghezza pari a un raggio). Circa il 2/3 % dell'acqua contenuta nell'alta atmosfera di Saturno arriva proprio da lì, questo è quanto emerge dalla simulazione effettuata da Paul Hartogh e il suo team, che hanno usato i dati di Herschel.
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