All’Università di Liege, in Belgio, si scoprono i vantaggi di una vita da gufo
A patto che rispettino i loro naturali ritmi di sonno, le persone che la mattina proprio non riescono a svegliarsi presto (e che la sera non vanno a dormire prima che sia tardissimo) sembrano avere un vantaggio cognitivo sui mattinieri. Christina Schmidt, dell’Università di Liege, in Belgio, lo ha scoperto analizzando le visualizzazioni cerebrali di alcuni volontari.
Due sono i fattori che controllano l’ora in cui andiamo a nanna. Il primo è determinato biologicamente: il nucleo soprachiasmatico, una zona del cervello regola, il ciclo circadiano e determina il modo in cui il nostro organismo si adatta all’alternrsi del giorno e della notte. A qualcuno questo “orologio biologico” dice di andare a dormire alle 9 di sera, a qualcun altro alle 3 del mattino. Il secondo fattore invece – la “pressione del sonno” – dipende semplicemente da quante ore è già sveglia una persona.
Intuitivamente verrebbe da pensare che le prestazioni cognitive migliori si dovrebbero ottenere a poca distanza dal risveglio, indipendentemente dall’ora in cui una persona si è alzata, perché in questo caso la pressione del sonno è molto bassa.
Secondo i dati di Schimdt invece non è così. La scienziata ha testato due gruppi, 15 mattinieri e 15 “gufi” – che nei giorni precedenti al test avevano dormito rispettando le proprie necessità naturali –. La prova sperimentale poteva avvenire 1,5 o 10,5 ore dal risveglio. I due gruppi dopo 1,5 ore di veglia avevano una performance comparabile, ma a 10,5 ore i “gufi” avevano i riflessi più pronti – i punteggi erano del 6% in media migliori -.
Questi dati, pubblicati sulla rivista Science, suggeriscono che la pressione del sonno cresce nel corso della giornata più velocemente negli individui con un’attitudine mattiniera, incidendo sulla prestazione cognitiva.
Le conseguenze di questo calo di prestazione hanno importanti implicazioni pratiche: le analisi del rischio attuali usano le ore in cui una persona ha lavorato per calcolare in quale momento delle giornata è più a rischio di avere un incidente. Lo studio di Schmidt però dimostra che un altro fattore da includere nelle analisi sono appunto le abitudini, mattiniere o serali, dell’individuo.