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Sulle orme del geco

Un team dell’Università Carnegie Mellon ha ideato una nuova generazione di robot capaci di spostarsi anche su superfici verticali o addirittura a testa in giù


Vi siete mai chiesti come fa l’Uomo Ragno a muoversi sulle ripide pareti dei grattacieli newyorkesi, o addirittura a passeggiare a testa in giù sul soffitto? Gli straordinari poteri del celebre supereroe della Marvel più che al ragno sembrano ispirarsi al geco, la simpatica lucertola che negli ultimi decenni più di una volta è stata fonte di ispirazione per la progettazione di materiali avvenieristici dalle sorprendenti capacità adesive. L’ultima applicazione tecnologica direttamente ispirata a questo animaletto è una generazione di piccoli robot in grado di muoversi sfidando le leggi della gravità, messa a punto da Metin Sitti e Ozgur Unver dell’Università Carnegie Mellon di Pittsburgh, in Pennsylvania. Questi robot potrebbero in futuro essere utilizzati per eseguire lavori particolarmente rischiosi per l’essere umano: potranno dipingere soffitti, riparare tetti e persino prendere parte a missioni esplorative e di soccorso.

Per aderire alle superfici, i robot di Sitti e Unver utilizzano un polimero elastico – o elastomero – che mima il meccanismo usato dai gechi per arrampicarsi su muri, alberi, rocce e molti altri materiali. Il segreto è nella microstruttura dei palmi delle loro zampe: milioni di sottilissime setole sui polpastrelli sfruttano le forze di van der Waals – una debole attrazione elettrostatica che funziona a livello intermolecolare – per aderire saldamente al supporto. Ogni singolo pelo esercita un’attrazione molto debole, ma l’azione combinata di milioni di setole garantisce una presa salda che sostiene il peso della lucertola.

 

I robot “arrampicatori” usano un elastomero ispirato alla microanatomia del piede del geco, anche se in questo particolare caso non sono state riprodotte le setole tipiche dell’animale. Queste macchine, chiamate tankbot, hanno dimesioni ridotte – vicine a quelle di una mano – e pesano circa sessanta grammi. Per ora questi modelli hanno dato ottime prestazioni sulle pareti verticali, mentre quando si tratta di viaggiare a testa in giù sono meno efficienti.

Per questo motivo Sitti e Unver stanno progettando un modello con adesione maggiore, il robot FourBar, che nei test preliminari è stato in grado di muoversi per trenta metri lungo un soffitto. Un problema è lo sporco che si appiccica all’elastomero durante il movimento, ma Sitti spera di risolverlo introducendo un elastomero che come le zampe del geco è ricoperto di setole, così sottili che non attirano nemmeno le molecole di polvere.

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Federica Sgorbissa
Federica Sgorbissa è laureata in Psicologia con un dottorato in percezione visiva ottenuto all'Università di Trieste. Dopo l'università, ha ottenuto il Master in comunicazione della scienza della SISSA di Trieste. Da qui varie esperienze lavorative, fra le quali addetta all'ufficio comunicazione del science centre Immaginario Scientifico di Trieste e oggi nell'area comunicazione di SISSA Medialab. Come giornalista free lance collabora con alcune testate come Le Scienze e Mente & Cervello.