Anche nelle scimmie, come negli esseri umani, l’imitazione di posture, atteggiamenti e gestualità rappresenta un modo per stabilire un rapporto di fiducia e amicizia che garantisce una maggiore cooperazione e coordinazione fra gli individui. È quanto sostiene uno studio internazionale pubblicato su Science e firmato, tra gli altri, da Elisabetta Visalberghi primatologa dell’IST-CNR di Roma e Pier Francesco Ferrari dell’Università di Parma.
Per arrivare a queste conclusioni gli scienziati hanno lavorato con i cebi dai cornetti (Cebus apella), delle scimmie dal carattere socievole e collaborativo. Ogni cebo riceveva una pallina bucherellata: dentro i buchi erano nascosti dei chicchi di uva sultanina difficili da estrarre. I cebi cercavano in tutti i modi di recuperare l’uva: infilavano le dita nei buchi, mordevano, gettavano le palline a terra ecc. Davanti ai cebi si posizionavano due ricercatori, uno dei quali imitava il meglio possibile il comportamento del cebo, seguendo anche la stessa sequenza mentre l’altro faceva più o meno le stesse azioni ma con una sequenza diversa.
Dopodiché i ricercatori hanno osservato i cebi nella loro vita normale, e hanno osservato che le scimmie preferivano stare con chi li aveva imitati. Quando si è trattato di scambiare un gettone metallico per ricevere una nocciolina, hanno preferito farlo con lo sperimentatore imitatore.
Secondo Elisabetta Visalberghi, il principio secondo il quale imitazione e disponibilità verso gli altri hanno avuto un ruolo importante nell’evoluzione umana vale anche per i primati come i cebi.
La ricerca è stata realizzata dall’Istituto di Science della Cognizione del CNR di Roma, dal Laboratory of Comparative Ethology dell’ NIH di Poolesville nel Maryland (USA) e dal Dipartimento di Biologia Evolutiva e Funzionale dell’Università di Parma, e pubblicata su Science il 14 agosto.