Alla Stanford University è stato inventato un codice basato sulla matematica e alcune conoscenze astronomiche fondamentali che servirà per farci capire dagli alieni
NOTIZIE – Sarà forse a causa di quel pizzico di presunzione che caratterizza l’essere umano, ma nè il messaggio lanciato da Arecibo il 16 novembre 1974 per comunicare con delle possibili forme di intelligenza aliena, nè le “chiamate cosmiche” del progetto SETI del 1999 sono mai state testate per valutarne la decifrabilità. Michael Busch e Rachel Reddick, fisici della Stanford University, hanno invece messo a punto un nuovo codice di facile comprensibilità che in futuro potrebbe essere usato come messaggio cosmico alla ricerca di intelligenza extraterrestre.
Anche in questo caso si tratta di spedire delle stringhe di cifre (zero e uno, un semplice codice binario) attraverso un segnale radio che però a differenza dei due casi precedenti non si devono tradurre in immagini ma in equazioni matematiche. Nella ricerca, disponibile su ArXiv, i due scienziati hanno preso ruoli opposti: Busch, che ha inventato il codice, era l’essere umano che spediva il messaggio, mentre Reddick impersonava l’alieno e doveva decifrare il codice.
Reddick ha ricevuto un messaggio frammentato, come è plausibile possa essere dopo un lungo viaggio spaziale: l’inizio e alcuni pezzetti qui e lì erano stati cancellati. Senza sapere nulla del codice e usando soltanto una matita, un foglio di carta e una funzione cerca-e-sostituisci del computer, Reddick è riuscita a tradurre il messaggio: descrizioni della gravità della massa atomica – numeri senza dimensioni che dovrebbero essere comprensibili universalmente -. Dopo aver estratto queste informazioni è stato facile capire anche il resto del messaggio: descrizioni degli atomi, formule chimiche degli elementi fondamentali per la vita e dettagli del sistema solare.
Il solo presupposto per questo codice è che il ricevente abbia una certa conoscenza di matematica, astronomia e fisica. Ma come spiegano Reddick e Busch, il fatto che in solo poche ore anche gli studenti laureandi dei due scienziati siano stati capaci di decifrarlo fa ben sperare.