LA VOCE DEL MASTER

L’universo sotto la lente d’ingrandimento

LA VOCE DEL MASTER – Usare una galassia per osservarne un’altra: è questo il metodo che, utilizzando le galassie come lente gravitazionale, consente di calcolare l’età e la dimensione dell’universo. Astronomi statunitensi e europei sono infatti riusciti a misurare la velocità con la quale si sta espandendo l’universo determinando la costante di Hubble, un parametro che indica la dimensione dell’universo, e confermando così l’età di 13.75 miliardi di anni. Il lavoro è stato pubblicato a inizio marzo nella rivista The Astrophysical Journal.

Si ottiene una lente gravitazionale quando si hanno due oggetti, per esempio due galassie, lungo la stessa linea di vista. Il campo gravitazionale della galassia più vicina può distorcere la luce proveniente da quella più distante, restituendo così immagini multiple di quest’ultima: diversi archi che possono arrivare a formare anche un intero anello se l’allineamento è perfetto. L’effetto è analogo a quello che si ottiene osservando una luce attraverso la base di un classico bicchiere da vino (provare per credere!).

Nel lavoro recentemente pubblicato, i ricercatori del Kavli Institute for Particle Astrophysics and Cosmology (KIPAC), dell’Università di Bonn e di altre istituzioni americane e europee hanno misurato le distanze percorse, lungo diversi cammini, dalla luce proveniente da una brillante galassia. Calcolando il tempo e la velocità di viaggio di ogni percorso, hanno così potuto ricostruire non solo la distanza effettiva della galassia ma anche alcuni dettagli sull’espansione dell’universo.

“Già da tempo si sapeva che l’uso delle lenti gravitazionali permetteva una misura della costante di Hubble” – dice Phil Marshall del KIPAC – “ma fino ad ora non era stato possibile ottenerla con una tale precisione. Le lenti gravitazionali possono ora considerarsi a tutti gli effetti uno strumento astrofisico essenziale”.

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