Mentre la terra continua a tremare, Giampaolo Giuliani, il tecnico che annunciò il sisma de L’Aquila, interpellato da Oggi Scienza, insiste di essere l’inventore di un metodo di allerta infallibile. Alcuni gli credono. Gli esperti, però, giudicano i suoi dati di bassissimo livello. La verità è che prevedere luogo e momento esatto delle scosse è, ad oggi, impossibile
CRONACA – Prima L’Aquila. Poi Haiti, il Giappone, il Cile. Ora è la volta della Cina, colpita da un forte sisma di magnitudo 6.9. La terra non smette di tremare, seminando morti, macerie, disperazione. Di fronte alla devastazione dopo il terremoto lo sguardo resta muto e impotente. Mentre un tarlo s’insinua nella testa: è mai possibile che non si possa far niente per prevedere questi eventi e risparmiare centinaia e migliaia di vite? E se avesse ragione quel Giampaolo Giuliani, il tecnico dei laboratori del Gran Sasso che l’anno scorso balzò alle cronache come colui che avrebbe previsto il terremoto in Abruzzo, innescando un feroce polemica con la Protezione Civile e la comunità dei sismologi? E se il suo bistrattato metodo di misurazione del radon, “l’alito radioattivo” della Terra, funzionasse davvero e nessuno, fatalmente, volesse dargli ascolto? Può essere difficile da accettare, ma la risposta della scienza – almeno per il momento – è no, no e no.
Purtroppo non c’è modo di anticipare i terremoti con certezza. Ciò che si può fare è stimare con una ragionevole approssimazione la probabilità che un sisma si scateni in un dato luogo, in un certo giorno e con una determinata intensità. Intendiamoci, i cosiddetti precursori sismici, i segnali premonitori dei terremoti, esistono, anzi la ricerca è fervida in questo campo: dal fuggi-fuggi dei rospi alla stessa emissione di radon (che non è un’invenzione di Giuliani, ma un indicatore su cui gli scienziati si sono concentrati a partire dagli anni Settanta, senza ottenere risultati soddisfacenti), dalle perturbazioni nella ionosfera fino agli sciami pre-sismici. Ma ogni sforzo nell’impresa di stabilire un collegamento diretto tra un precursore (o più di uno) e il sisma si è rivelato vano.
Su questo scenario, costellato di buchi nell’acqua, risultati contraddittori e poche certezze, è piombato Giampaolo Giuliani, un tecnico con il pallino dei terremoti che negli ultimi 10-15 anni si è dedicato all’hobby di costruire centraline per il rilevamento del radon, con le quali sostiene di monitorare i movimenti tellurici e poter fare previsioni sismiche esatte. L’anno scorso, dopo il terremoto in Abruzzo, è stato trascinato nell’arena mediatica, diventando d’emblée un personaggio famoso e allo stesso tempo un capro espiatorio, oggetto di una considerazione ingiustificata, quasi strumentale, a distogliere l’attenzione dalle vere responsabilità di chi avrebbe dovuto fare e non ha fatto. Passata la bufera, Giuliani è rimasto solo con le sue centraline superstiti (alcune sono andate distrutte nel sisma). E non ha smesso di gridare la sua “verità”. Si sente vittima di un’ingiustizia, denuncia un complotto politico e attacca frontalmente l’establishment scientifico.
“Sono anni che porto avanti la ricerca sul radon come precursore sismico e posso garantire che il mio sistema di allerta è infallibile. So prevedere con 6-24 ore di anticipo dove, quando e con quale intensità si verificherà un terremoto nel raggio di decine di chilometri dalla centralina. Ho informazioni che la scienza ufficiale non conosce ancora. Vorrei solo che gli scienziati mi prendessero in considerazione, e non per guadagnare la gloria, ma per il bene dell’umanità. Invece, in Italia è più comodo alzarsi in cattedra e screditarmi. Ho subito ingiurie, sabotaggi, denunce. Mi hanno dipinto come un ciarlatano. Bugiardi! Incompetenti! Perché non dicono la verità alla gente? Che è strategico ostacolare la ricerca sui precursori sismici perché i terremoti alzano il Pil di un paese?”.
Interpellato da Oggi Scienza, Giuliani è un fiume in piena. Quando gli facciamo notare che è il solo a sostenere che i terremoti si possano prevedere, mentre la comunità scientifica internazionale è di altro avviso, ribatte con un grande classico: “Il primo che ha osato dire che la Terra non era piatta è stato messo al rogo, avrebbero fatto arrosto anche me, se avessero potuto. Ma come si fa a credere che siamo arrivati sulla Luna e siamo riusciti a scrutare le profondità dell’Universo, e non sappiamo anticipare di poche ore un sisma? A me non la danno a bere”.
Si può anche subire il fascino dello “spirito di ricerca scientifico libero e indipendente” di Giuliani, come ha scritto il quotidiano britannico Guardian in un articolo piuttosto disinvolto. Tuttavia, quando si entra nel merito delle questioni scientifiche, appare evidente che Giuliani sia all’oscuro della letteratura scientifica internazionale (lo stesso Guardian fa notare che non mastica bene l’inglese), che ignori il processo di peer review (il sistema di revisione adottato per stabilire la validità o meno di uno studio) e che le sue conclusioni sui terremoti siano infarcite di certezze pseudoscientifiche (come la teoria delle maree di Raffaele Bendandi) e statistiche infondate, come quella secondo cui le stagioni influenzerebbero i sismi (in contrasto con i dati del più importante database storico di terremoti al mondo, quello del National Geophysical Data Center, nonché con l’opinione del Geological Survey Earthquake Hazards Program statunitense)
Falsa anche l’accusa di Giuliani contro l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di ignorare il radon come precursore sismico. Il punto è, come spiega Sergio Vinciguerra, coautore della ricerca dell’Ingv, che prima di un terremoto il gas radon può aumentare o diminuire. ”A differenza di quanto comunemente si ritiene, in particolare alla luce dei dibattiti sul terremoto de L’Aquila, prima di un evento sismico si osservano sia aumenti di emissione di radon, sia anomalie negative, cioè diminuzioni di emissione, in diversi contesti geologici”.
Le teorie complottiste fanno presa e sarebbe bello credere che Giuliani abbia ragione. La verità, però, è che gli esperti non rifiutano i suoi dati per spocchia o per partito preso, ma perché li considerano inattendibili e a un livello bassissimo dal punto di vista scientifico. I terremoti restano , malauguratamente, un fenomeno complesso e ancora imprevedibile.