Nuovi studi rafforzano l’ipotesi che il Sistema Solare possa ospitare forme di vita. Non solo Marte. Anche Titano ed Europa potrebbero essere abitati da altri organismi. Puzzolenti ed esplosivi. Perché userebbero il metano come base per il metabolismo. Intervista all’astrobiologo John Brucato.
CRONACA – Forse non servirebbe spingersi chissà quanto lontano nella Via Lattea o ancora oltre, in altre galassie, per conoscere “E.T.”. Basterebbe restare nei confini del Sistema Solare. Nuovi studi rafforzano l’ipotesi che il nostro sistema planetario possa ospitare altre forme di vita. Finora tutti gli sforzi si sono concentrati sui “marziani”. Il pianeta Rosso è stato il principale indiziato nella affannosa ricerca di microrganismi extraterrestri. Ma anche Titano ed Europa, lune rispettivamente di Saturno (il sesto pianeta) e Giove (il quinto), potrebbero essere abitati. O esserlo stati, un tempo.
Gli eventuali alieni di questi gelidi mondi sarebbero microbi dall’odore insopportabile, assetati di metano, per loro indispensabile come l’acqua per gli organismi terrestri. Così almeno li ha descritti il biochimico William Bains, che ha presentato i risultati delle sue ricerche a Glasgow, in Scozia, nel corso del convegno britannico di astronomia.
“Non si tratta di pura speculazione o fantascienza”, precisa John Brucato, ricercatore e astrobiologo dell’Osservatorio astronomico di Arcetri dell’Istituto nazionale di astrofisica (INAF). “La condizione sine qua non perché si inneschino reazioni biochimiche è la presenza di liquidi. Senza liquidi, non c’è vita. Sulla Terra la base del metabolismo di ogni essere vivente è l’acqua. Su Marte la possibilità che si sia sviluppata la vita esiste perché il pianeta orbita nella cosiddetta fascia di abitabilità. Tuttavia è troppo piccolo per avere un’atmosfera sufficientemente densa da permettere acqua liquida in superficie. Pertanto, se batteri marziani esistono o sono esistiti, si nascondono sotto il suolo. Titano ed Europa, invece, presentano condizioni completamente differenti eppure anch’essi sarebbero compatibili con la vita. Pur essendo lontanissimi dal Sole, orbitano a una distanza ideale dal loro pianeta gigante perché vi sia, su Titano, metano o etano in forma liquida, mentre acqua liquida al di sotto dei ghiacci superficiali nel caso di Europa. Se si assume il metano come base del metabolismo, la biochimica di un ipotetico essere vivente su Titano sarebbe radicalmente diversa da quella che conosciamo”.
Bains ha provato a descrivere i mattoni della vita su Titano. Un lavoro, si passi il gioco di parole, davvero titanico, considerando che sono stati analizzati tutti i possibili legami tra gli elementi e che questi possono assumere forme instabili e insolite rispetto alla Terra. Alla fine, sono state selezionate circa 3.400 molecole, fra cui carbonio, azoto, ossigeno, zolfo e fosforo. Molecole del genere, ha spiegato Bains “devono basarsi su una varietà di elementi più vasta rispetto alle molecole terrestri. Dovrebbero essere molecole più piccole e più reattive chimicamente e, per essere solubili nel metano liquido, non dovrebbero avere più di 6 atomi, contro i 10 delle molecole terrestri”.
Inoltre, con una luce solare pari al 10% di quella che arriva sulla Terra, l’energia su Titano sarebbe una risorsa preziosa e gli organismi crescerebbero molto lentamente, in modo simile ai licheni.
Se sbrigliamo le redini della fantasia, possiamo immaginare gli alieni di Titano sguazzare nei laghi e nei fiumi di metano liquido, meravigliosamente ritratti nel 2005 dalla sonda Huygens della missione CASSINI (NASA-ESA-ASI). Certo, tornado con i piedi per Terra, un incontro ravvicinato con gli alieni sarebbe tutt’altro che piacevole: il metano conferirebbe loro un odore orribile e renderebbe la loro stessa presenza potenzialmente letale per gli esseri umani. Uno solo di questi organismi, riportato a Terra, potrebbe esplodere e incendiarsi, sprigionando fumi letali.
“Uno degli aspetti cruciali nell’esplorazione spaziale riguarda proprio il rischio di contaminazioni”, spiega Brucato. “Servono misure di salvaguardia planetaria più forti per impedire di trasferire erroneamente microbi terrestri su altri mondi attraverso il contatto con sonde o satelliti, che rischierebbe di inficiare la sconvolgente scoperta di altre forme viventi. Viceversa, non si può sottovalutare il rischio per la vita sulla Terra. Occorre prendere tutte le precauzioni per impedire che eventuali batteri di origine extraterrestre possano essere trasferiti sul nostro pianeta e rivelarsi potenzialmente disastrosi per l’esistenza dell’umanità”.
Finora, comunque, la caccia agli alieni ha avuto esito negativo, un “flop” che non ha intaccato la diffusa convinzione, supportata d’altra parte dal calcolo delle probabilità, che non siamo soli nell’Universo. Secondo un recente sondaggio condotto in Gran Bretagna, l’80% della popolazione è convinto dell’esistenza di extraterrestri nella nostra galassia. Le maggiori speranze di trovare tracce di vita (dirette o indirette) sono riposte nella missione della NASA, Kepler, progettata per individuare pianeti extrasolari abitabili, e nella prossima missione PLATO dell’ESA.