Un gruppo di ricercatori ha trovato molecole di Rna capaci di innescare la morte selettiva nelle cellule tumorali, e solo in quelle. Sarebbe una svolta per le cure oncologiche.
CRONACA – Da tempo la ricerca medica va a caccia di terapie mirate contro i tumori. Farmaci, cioè, che agiscano in maniera oculata, eliminando solo e soltanto le cellule malate senza sfiorare quelle sane. I farmaci chemioterapici convenzionali, per quanto abbiano “raddrizzato il tiro” rispetto al passato, non riescono a essere così precisi: colpiscono le cellule che si riproducono velocemente, una caratteristica che non è prerogativa esclusiva del tumore, ma anche per esempio dei follicoli piliferi, da cui deriva l’effetto collaterale della perdita dei capelli. Un gruppo di ricercatori del California Institute of Technology ha messo a punto un’arma che punta dritto al cuore del tumore e potrebbe virtualmente eliminare le ripercussioni dannose e pesanti della chemioterapia.
Si tratta di molecole che agiscono come un programma del computer: se trovano una mutazione nel Dna, che indica la trasformazione maligna, spingono il pulsante di autodistruzione cellulare, attivando il meccanismo di difesa insito nella cellula stessa. Se non la trovano, lasciano tutto com’è. Gli scienziati le hanno battezzate “conditional small Rna”, proprio per specificare che il loro agire è condizionato da un certo segnale. “Quando rilevano una mutazione all’interno della cellula, cambiano conformazione attivando una risposta terapeutica salvifica, altrimenti restano inattive”, ha spiegato Niles Pierce co- autore dello studio pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).
Il trattamento sviluppato da Pierce mima l’azione di piccole molecole di Rna (acido ribonucleico) normalmente presenti nella cellula e coinvolte in molti processi vitali. L’Rna è una molecola simile al Dna, che non ha la capacità di replicarsi e svolge funzioni di messaggero, interruttore e controllo dell’informazione genetica. In questo caso sono state utilizzate due piccole molecole di Rna, composte da meno di 30 paia di basi (un gene è mediamente lungo centinaia di paia di basi). Il meccanismo è questo: se la prima molecola trova una mutazione cancerosa, si apre in due come una forcina e apre la strada al “complice”. Entra in gioco, quindi, la seconda molecola che si lega alla prima, e insieme innescano una reazione a catena per cui queste molecole di Rna continuano a legarsi fra loro, a due a due, formando un cordone sempre più lungo. Questo “intruso” induce la cellula a pensare di essere invasa da un virus e azionare il meccanismo di morte programmata.
La sperimentazione in vitro su cellule tumorali del cervello, prostata e ossa ha dato risultati sorprendenti: i “cecchini” a base di Rna eliminavano solo le cellule malate e lasciavano vivere indisturbate quelle sane. Ma i ricercatori preferiscono esser cauti: la ricerca è ancora all’inizio e molta strada resta da fare prima di arrivare a una nuova chemioterapia.