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Scoperta nei mammiferi una nuova risposta antivirale

Si chiama RNA interference (RNAi) pathway, ed è una via di attivazione antivirale differente da quella classica innata delle nostre cellule. Fino a poco tempo fa vi erano prove che la possedessero solo invertebrati e piante, ma di recente ne è stata confermata l’esistenza anche nelle cellule dei mammiferi, grazie a un lavoro pubblicato su Science. Generalmente, quando il nostro organismo è attaccato da un virus, si attiva la risposta immunitaria innata: le cellule infettate che riconoscono il virus rispondono liberando delle proteine specifiche, gli interferoni, che stimolano le altre cellule a resistere all’agente infestante. La prima cellula infettata però, quella che attiva la risposta mediata dagli interferoni, spesso muore.
SALUTE

Una buona mutazione?

SALUTE - Una delle caratteristiche più preoccupanti di HIV è la sua capacità di mutare continuamente e in modo veloce. Se da un lato molte mutazioni sono svantaggiose per il virus, rendendolo non più in grado di replicare, altre sono responsabili di resistenze ai farmaci in uso. Più in generale la grande ‘variabilità genetica’ causata da queste numerose mutazioni rende difficile lo sviluppo di vaccini che possano veramente funzionare. Questa volta invece l’identificazione di una nuova mutazione, chiamata 172K, sembra portare buone notizie: in combinazione con altre mutazioni sarebbe associata a maggiore sensibilità a due classi di farmaci antiretrovirali. Si tratta di un polimorfismo, cioè di una variante genetica presente in più dell’1% dei ceppi virali circolanti, che viene mantenuta per selezione naturale. In questo caso la prevalenza è del 3% e la sua presenza non interferisce con le normali attività del virus, ad esempio con la sua aggressività e capacità replicativa. Oltre a presentarsi in campioni clinici, quindi prelevati dai pazienti, la mutazione è stata rintracciata anche nei sottotipi usati in laboratorio, come si legge nello studio pubblicato su Journal of Biological Chemistry, e guidato da Stefan Sarafianos, professore di microbiologia e immunologia molecolare alla School of Medicine dell’Università del Missouri.

Zucchero nello spazio

CRONACA - Non dimostra che c'è vita nello spazio, ma dimostra almeno che i componenti organici fondamentali per l vita si possono formare ancor a prima dei pianeti in grado di ospitarla. Sorprenderà molti sapere infatti che gli scienziati hanno trovato dello zucchero galleggiare nello spazio fra i gas intorno a una stella in fase di crescita. Lo zucchero in questione è la glicolaldeide, ed è stato rilevato da un team danese grazie alle osservazioni effettuate con ALMA (Atacama Large Millimiter/Submillimiter Array) il nuovissimo (e ancora in costruzione) radio-osservatorio in Cile, che si sta già rivelando prezioso
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