IL CORRIERE DELLA SERRA – La conferenza sul clima di Cancùn, detta COP 16, si è conclusa il 10 dicembre con un’ondata di accordi, un tornado causato dai sospiri di sollievo e tuoni di applausi. Tant’era la strizza iniziale che finisse come a Copenaghen un anno fa, con un testo vago e una Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, detta UNFCCC, a rischio di irrilevanza. Questa volta due donne (1), la segretaria esecutiva della Convenzione Christiana Figueres e la presidente della COP 16 Patricia Espinosa hanno preso in mano la situazione, imposto la trasparenza dei negoziati e in generale un clima meno isterico. Il risultato si vede, anche se è insufficiente: la quantificazione dei tagli alle emissioni di gas serra e altri impegni sono rimandati alla COP 17 che si terrà a Durban, Sudafrica, tra un anno. Però si sono svolte decine di trattative parallele, ciascuna su aspetti diversi e con scopi diversi, per i dettagli, rimando ai 25 accordi approvati. Mini-rassegna e, tra parentesi, alcuni pareri personali:
– la Convenzione sta meglio, grazie;
– la Cina che pareva riottosa, ed è il maggior emittente mondiale, ha accettato il monitoraggio internazionale dei gas serra, e spinto altri paesi in via di sviluppo a imitarla;
– tutti vogliono proseguire le trattative sul Protocollo che sostituirà quello di Kyoto in vigore fino al 2012. Se Stati Uniti, Canada, Giappone vorranno starsene fuori, peggio per loro (oltre al clima, cambia pure la classifica delle potenze economiche…)
– le lobby del carbone, del gas e del petrolio erano nascoste dietro le palme o assenti, in compenso c’erano i maggiori imprenditori delle energie pulite, ospitati dall’uomo più ricco del mondo, il messicano Carlos Slim (lui e la moglie si preparano a stare al clima globale come Bill e Melinda Gates alla sanità mondiale?);
– i meccanismi per lo “sviluppo pulito” del Protocollo attuale sono stati rafforzati per aiutare i paesi in via di sviluppo ad adottare fonti energetiche sostenibili;
– si son trovati 30 miliardi di dollari fino al 2012, e la speranza è di trovarne 100 miliardi fino al 2020, per varie iniziative affidate a istituzioni internazionali, dalla Banca Mondiale alle associazioni della società civile. Contribuiranno a proteggere le zone più vulnerabili a siccità, alluvioni, frane, innalzamento del livello del mare, scioglimento dei ghiacciai e sparizione delle loro riserve idriche (come in Bolivia, il cui delegato Solon avrà pure rotto le scatole rifiutando di firmare accordi imprecisi o non vincolanti, ma di ragioni ne aveva da vendere) ecc.
– è iniziata la progettazione di un Green Climate Fund al quale parteciperà lo stesso numero di rappresentanti per i paesi poveri e per quelli ricchi; c’è pure un nuovo “Adaptation Framework” per pianificare e realizzare progetti di adattamento (non di mitigazione, per quella bisognerebbe tagliare radicalmente e subito le emissioni di gas serra) nei nei paesi poveri e fornire loro soldi, tecnologie, ricerche;
– i governi si sono impegnati ad aumentare gli sforzi per fermare la deforestazione.
Insomma è ripartito il processo “equo e solidale” che dovrebbe compensare i paesi in via di sviluppo, i quali emettono gas serra da pochi decenni, per i danni procurati dai paesi industrializzati che ne emettono dalla fine del Settecento.
A proposito di comunicazione della scienza
Nel leggere centinaia di dichiarazioni, mi ha colpita che gli “eventi meteorologici estremi”, quest’anno davvero disastrosi, siano citati da tanti delegati come la dimostrazione dei cambiamenti climatici dovuti alle nostre emissioni di gas serra. Un nesso c’è, ovviamente, la maggior quantità di calore/energia in atmosfera e negli oceani aumenta l’intensità e la frequenza, o la durata, di questi eventi. Gli scienziati dicono invece che sono per lo più dovuti a variazioni naturali a breve termine, per esempio a oscillazioni delle correnti oceaniche, e le nostre emissioni di gas serra non vanno considerate come la causa scatenante.
(1) Tre donne in realtà: Margaret Mukahanana-Sangarwe presiedeva una sessione decisiva (AWG-LCA) per la cooperazione internazionale.