CRONACA – La più grande difficoltà sembra proprio quella di caricarsi in spalla tutta l’attrezzatura e recarsi sul posto. Non si tratta effettivamente di un “luogo del delitto”, ma di un sito nel quale sono state ritrovate orme fossili di dinosauro. L’ultimo ritrovamento importante nel nostro Paese è di quest’estate, quando tre impronte sono state individuate in una grotta scavata durante la Prima Guerra Mondiale sul Monte Buso, nel complesso calcareo del Pasubio, tra le province di Trento e Vicenza. Anche in quel caso gli “Sherlock Holmes” della paleontologia hanno preso le loro fotocamere e i loro scanner laser e si sono recati sul posto per raccogliere i dati necessari a realizzare dei modelli tridimensionali estremamente fedeli alla realtà.
Si tratta di oggetti virtuali, basati sul processamento dei dati raccolti sul campo, che rispetto ai classici calchi in gesso hanno il vantaggio di fornire molte più informazioni, grazie a un dettaglio geometrico e una precisione decisamente superiori. “Un modello digitale di un impronta può essere analizzato a computer e utilizzato per ricavarne dati paleontologici, come per esempio le dimensione e il peso dell’animale che l’ha lasciata, fare confronti con altre impronte. Inoltre, come tutti gli oggetti digitali, può essere facilmente conservata e inviata dall’altra parte del mondo per essere studiata”. Parole di Fabio Remondino, uno dei ricercatori di 3DOM (3D Optical Metrology), l’unità di ricerca della Fondazione Bruno Kessler nata nell’ambito del rilievo e della modellazione tridimensionale attiva da une decina d’anni, ma che recentemente ha messo le proprie competenze anche al servizio della paleontologia.
Com’è cominciata questa collaborazione tra il vostro gruppo e i paleontologi del Museo Tridentino di Scienze Naturali?
È una collaborazione nata diversi anni fa, in occasione della scoperta, presso Caserta, di una serie di orme fossili risalenti a circa 360mila anni fa. Le metodologie di documentazione 3D che al tempo il gruppo stava mettendo a punto sembravano ideali per rilevare caratteristiche morfologiche importanti delle tracce. Pensavamo che il nostro lavoro sarebbe stato utile per le successive analisi e i veri e propri studi paleontologici. Da allora abbiamo continuato a collaborare, come Fondazione Bruno Kessler e Museo, soprattutto sulle orme ritrovate in Trentino.
Il tuo gruppo ha cominciato questo tipo di attività soprattutto in ambito archeologico. Ci sono differenze a lavorare su di una tomba etrusca o sull’impronta fossile di un dinosauro?
La metodologia di rilievo e realizzazione del modello 3D è praticamente sempre la stessa, cambiano gli strumenti usati o il tempo richiesto. Prima del rilievo sul campo, di solito si fa un sopralluogo, per valutarne l’accessibilità, le occlusioni e capire che materiale si avrà a che fare (marmo, terra, acqua, etc.). Un’altra cosa importante è sapere fin dall’inizio del progetto a cosa serve il rilievo o modello 3D, per quali scopi e finalità deve essere realizzato. A parte queste variazioni generali, il procedimento è sempre lo stesso. Si parte dai dati raccolti sul campo con le foto-camere e i laser scanner. Questi dati vengono poi processati e si giunge quindi ai veri e proprio modelli geometrici. Per motivi di presentazione e visualizzazione, inoltre, produciamo modelli sempre 3D, ma foto-realistici.
Com’è composto il gruppo di 3DOM? Immagino ci siano competenze diverse che vengono messe al servizio di tutta la squadra.
L’unità è composta da 6 persone. Oltre a me, ci sono Alessandro Rizzi, Stefano Girardi, Giorgio Agugiaro, Belen Jimenez, Giorgio Baratti. Abbiamo, appunto, competenze diverse, che spaziano dalla fotogrammetria, sia essa terrestre, aerea o satellitare, all’utilizzo del laser scanner 3D. Sappiamo effettuare rilievi topografici con stazione totale o con GPS, utilizzare camere termiche o sensori multi-spettrali, dai sistemi informativi territoriali (GIS) alle animazioni e rendering 3D. Il gruppo 3DOM lavora quotidianamente alla realizzazione di modelli digitali del territorio, al rilievo e modellazione di architetture, siti o reperti archeologici, alla produzione o aggiornamento della cartografia, al monitoraggio di strutture o del territorio, alla realizzazione di modelli 3D per scopi di documentazione, conservazione, restauro digitale, repliche fisiche, visualizzazione, educazione e comunicazione. Tra gli ultimi lavori realizzati mi fa piacere segnalare il rilievo 3D di un’icona delle Dolominti come le Tre Cime di Lavaredo e i contenuti 3D e multimediali della mostra itinerante “Gli Etruschi in Europa” in esposizione a Bruxelles fino all’aprile 2011.
Ci sono dei limiti della vostra tecnica?
Veri e propri limiti non ce ne sono. La metodologia di rilievo e modellazione messa a punto dal gruppo 3DOM si basa su un’integrazione di dati e tecniche, al fine di sfruttare i vantaggi di ciascuno strumento e compensarne gli eventuali limiti. Certo che un ostacolo insormontabile è l’impossibilità di non poter andare fisicamente sul luogo oppure di non poterci volare sopra per effettuare rilevazioni aeree. Nel caso di oggetti scomparsi o distrutti, invece, possiamo eseguire una modellazione a partire da immagini e foto d’archivio.
Avete “concorrenti” nel mondo, che magari che usano altre tecniche o tecnologie per realizzare oggetti simili ai vostri?
Il rilievo e la modellazione 3D basati su dati reali, e quindi non fatti per creare videogiochi o animazioni 3D da intrattenimento, richiede molta esperienza. Ci sono diversi gruppi che fanno ricerca e sviluppo o anche applicazioni in questo settore, ma non parlerei di concorrenza. La nostra è un’unità di ricerca e quindi ciascuna campagna di rilievo include anche il perfezionamento delle metodologie messe a punto fin a quel momento o lo sviluppo di nuovi algoritmi e metodi di modellazione, in un continuo evolversi e migliorarsi.