In diverse Regioni d’Italia, Toscana in testa, hanno aperto ambulatori di medicina non convenzionale, con prestazioni rimborsate dal sistema sanitario. Il prof. Garattini: “non ci sono prove d’efficacia, uno spreco di denaro”.
INTERVISTE – Negli ultimi anni gli ospedali pubblici hanno subito tagli brutali, come riportato in questa inchiesta de L’Espresso. Mancano risorse, farmaci, posti letto, personale. E a pagarne le spese sono soprattutto le persone economicamente e socialmente più deboli. Pur essendo riconosciuto come uno dei migliori al mondo, è un fatto che il sistema sanitario nazionale non riesca a garantire a tutti i cittadini le cure e i livelli essenziali d’assistenza (Lea). Ci si lamenta sempre di quello che gli ospedali non fanno. Meno ci si scandalizza delle prestazioni che offrono, e non dovrebbero offrire, perché non basate sull’evidenza scientifica. Le “alternative” – omeopatia, fitoterapia, agopuntura, medicina cinese, ayurvedica e altre – sono cure di non comprovata efficacia. Eppure, in numerosi ambulatori e centri pubblici questi trattamenti si sono ritagliati uno spazio.
Pur essendo escluse dai Lea nazionali per decreto ministeriale (con la sola eccezione dell’agopuntura per uso anestesiologico), ci sono Regioni che, nell’ambito dell’autonomia sanitaria, hanno incluso le medicine alternative tra i servizi rimborsabili. La Toscana ne ha fatto un baluardo di eccellenza sanitaria. A Pitigliano, in provincia di Grosseto, è stato recentemente inaugurato il primo ospedale di “medicina integrata”, dove cioè omeopatia, fitoterapia e agopuntura sono affiancate alle cure tradizionali. Silvio Garattini, farmacologo, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano, ha criticato duramente la scelta. L’abbiamo intervistato.
Professor Garattini, in alcuni centri si pagano trattamenti complementari, in altri mancano quelli essenziali. Non è un paradosso?
Le risorse economiche sono limitate. Il Servizio sanitario nazionale dovrebbe offrire solo cure di dimostrata efficacia e, a parità di benefici, rimborsare le cure più vantaggiose. In medicina, l’efficacia di un intervento non si basa sulle impressioni, ma su prove solide, studi scientifici e sperimentazioni cliniche, validate dalle autorità regolatorie. Le medicine alternative, semplicemente, non rispondono a questi requisiti: sono completamente privi di prove. Sia chiaro: è una critica che vale anche per la medicina “ufficiale”. Se un trattamento non è supportato dalle evidenze va eliminato dal prontuario, con beneficio della salute dei cittadini e dei soldi pubblici.
Omeopatia, agopuntura, fitoterapia: le mette tutte sullo stesso piano?
Sicuramente l’agopuntura è la disciplina su cui sono stati condotti più studi scientifici. Il problema è che è ancora tutta in discussione per le molteplici modalità con cui l’agopuntura può essere eseguita. Tra gli stessi agopuntori, non c’è accordo su quali siano i punti da toccare e come. È vero che alcuni studi hanno riscontrato benefici nel trattamento del dolore, ma recentemente una revisione sistematica pubblicata su Pain ha concluso che non ci sono evidenze concrete di efficacia, mentre sono accertati effetti collaterali. I prodotti omeopatici, in gran maggioranza, non contengono niente, e i prodotti erboristici non si sa bene cosa contengano e quali effetti abbiano. Si cita spesso l’iperico, autorizzato per la depressione: sì, ma in fascia C: non viene rimborsato dal SSN.
Si obietta che le medicine alternative non sostituiscono la medicina ufficiale, ma la integrano, apportando benefici al paziente senza gli effetti collaterali dei farmaci tradizionali.
La medicina è solo una, non ha bisogno d’aggettivi. Possiamo chiamarle alternative, non convenzionali, complementari, integrate. Il concetto non cambia: o una cura funziona, o non funziona. Non si possono usare due pesi e due misure. I farmaci devono seguire un iter lungo e severo prima di essere approvati con specifiche indicazioni terapeutiche. I rimedi omeopatici, fitoterapici e varie forme di agopuntura possono essere commercializzate senza passare attraverso una valutazione obiettiva.
Cosa risponde a chi invoca la libertà di scelta terapeutica?
Rispetto il diritto di ognuno di curarsi come preferisce. Ma trovo inopportuno mettere sullo stesso pianto rimedi alternativi e terapie convenzionali: non sono sullo stesso piano, e non è un’opinione.
Probabilmente queste pratiche sono entrate nel sistema pubblico perché agli italiani piacciono: pare che siano 11 milioni quelli che hanno fatto ricorso a trattamenti alternativi.
Non è vero, sono cifre gonfiate. Forse sono milioni gli italiani che li hanno provato almeno una volta, ma magari 10 milioni non l’hanno fatto mai più. Ristabiliamo le misure: l’omeopatia muove 300 milioni di euro all’anno, contro i 17 miliardi della spesa farmaceutica nel SSN.