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Chi di scetticismo ferisce

Sono valide le critiche ai dati sui cambiamenti climatici e agli scienziati che li producono? A ogni post sul clima, alcuni lettori dicono di sì. Famosi scettici dicono di no. 

IL CORRIERE DELLA SERRA – Avvertenza: il post un po’ lungo, ma i tre esempi citati vanno inseriti nel contesto. Per ora non esiste un’ipotesi alternativa alle emissioni di gas serra che spieghi i cambiamenti climatici degli ultimi decenni. Sono state smentite

– l’ipotesi Iris di Richard Lindzen,

– l’influenza determinante dei raggi cosmici di Hendrik Svensmark,

– e quella dell’attività solare, in calo dal 2004 eppure il decennio scorso è stato il più caldo dal 1860, citata da molti,

– e altre più fantasiose come i batteri scaldanti di Antonino Zichichi, le influenze più astrologiche che astronomiche di Nicola Scafetta, invocazioni del secondo principio della termodinamica, di misteriosi correnti oceaniche dai cicli trenta- o sessantennali, ribaltamenti dei campi magnetici terrestri, maledizioni divine ecc.

E’ vero che ci sono ancora aspetti del sistema climatico da approfondire e altri probabilmente da scoprire, ma l’effetto serra dei gas serra è confermato da un secolo di calcoli, esperimenti, osservazioni. Cii sono ancora incertezze su come reagiranno l’uno con l’altro i diversi feedback in cielo (vapore acqueo, nubi, ciclo idrico per esempio) terra (fotosintesi, ciclo del carbonio) e mare (correnti termoaline, espansione termica) alla forzante della radiazione solare intrappolata dai nostri gas serra, ma non sul contributo di quei gas al riscaldamento globale.

La teoria dell’origine antropica sarebbe facile da smentire: per es. basterebbe smentirne la previsione che le temperature diurne aumentano più di quelle notturne o quelle del polo  nord meno di quello sud, o che lo strato superiore dell’atmosfera si sta scaldando o… insomma le osservazioni fatte in mezzo secolo. Stranamente, non ci prova nessuno.

Resta quindi da dimostrare l’ipotesi di incompetenza e di disonestà di scienziati “verdi fuori rossi dentro” che vogliono distruggere l’economia basata sui carburanti fossili o arricchirsi con i finanziamenti pubblici (!). Per i suoi fautori, le informazioni provenienti dagli anelli degli alberi, da sedimenti marini e lacustri, da carote estratte dai ghiacci polari, dai termoclini di piante ed animali – sono solo alcuni esempi della  documentazione “presente in natura” – hanno troppi margini d’incertezza. E i termometri delle stazioni meteo così come i sensori dei satelliti sono ancor meno affidabili delle statistiche usate per omogeneizzare i dati.

Il principale bersaglio degli “scettici” è tuttora la ricostruzione delle temperature in una curva a mazza da hockey di Michael Mann e dei suoi colleghi uscita su Nature nel 1998 e più lunga sui PNAS nel 1999. Dai mail rubati nel novembre 2009 ad alcuni ricercatori, l’affare “Climategate”, è ovvio – dicono – che Mann ha “usato un trucco per nascondere il declino” di una serie di temperature a partire dal 1960. L’ha usato, infatti, e lo spiega proprio su Nature: dal 1960 sulla serie, tratta dagli anelli di alcuni alberi siberiani con un sacco di problemi, ha innestato quella dei termometri.

La cricca degli incapaci

Michael Mann et al. usavano metodi statistici perfettibili, ma per la prima volta provavano a riunire dati  disparati e proponevano una tecnica da migliorare. Da allora la mazza da hockey è stata confermata con ricostruzioni fatte con altri dati e da altri ricercatori. Perché questi ultimi appartengono a uno stesso social network dai rapporti quasi incestuosi, fanno pubblicare solo ricerche che rafforzano il consenso e bloccano quelle dissidenti, affermavano lo statistico Edward Wegman dell’università George Mason e la sua allora dottoranda Yasmin Said in un rapporto del 2006, commissionato da un deputato repubblicano e acquisito dal Congresso, e in un articolo del 2008 su Computational Statistics and Data Analysis.

Il direttore della rivista ha appena annunciato di averlo ritrattato per plagio, un fatto denunciato da tempo e per il quale l’università George Mason ha aperto un’inchiesta . Dopo gli analisti di social networks, anche i giornali hanno rivelato i rapporti incestuosi di Wegman: aveva mandato l’articolo a un amico redattore; anche Yasmin Said ne era redattrice ; nel giro di una settimana l’articolo era stato accettato nonostante fosse scadente.

Né il prof. Wegman né la dott. Said hanno commesso alcun plagio,

si difende Wegman attraverso il proprio legale. Pezzi di Wikipedia, di articoli e libri altrui

sono state sostanzialmente tagliati e incollati da uno studente

nel rapporto e quindi riciclati nell’articolo. Lo studente però non risulta fra gli autori, Said e Wegman si sono attribuiti il suo lavoro e non l’hanno controllato. Quanto al redattore, ha perso i mail con i quali mandava l’articolo ad altri scienziati, di cui non ricorda chi fossero, per la peer-review. Non quello che accompagnava il testo inviato da Wegman né quello in cui gli diceva di averlo rivisto personalmente senza trovarci errori e che quindi era accettato.

Il caldo con e senza trucco

L’anno scorso il fisico Richard Muller, che forse non legge Nature, era spesso indignato:  “il trucco per nascondere il declino” era un segno di profonda disonestà. Ha fondato il gruppo BEST che, grazie a metodi più rigorosi, vuol correggere storture ed errori nell’analisi delle serie temporali dell’ultimo secolo e mezzo. Il 31 marzo scorso, al Congresso ha presentato risultati preliminari che coincidevano con quelli pubblicati dai disonesti. Ne ha concluso che

L’integrità dei dati è adeguata… alcuni delle storture (biases) più preoccupanti sono un problema minore di quanto pensassi.

I termometri mentono?

La conclusione  ha fatto arrabbiare il più noto degli “scettici” e il più citato anche in Italia:  Anthony Watts, ex presentatore del bollettino meteo in una tv californiana. A suo avviso, Muller avrebbe dato poco peso ai dati  sulle stazioni di rilevamento americane raccolti da volontari mobilitati da Watts stesso, che nel 2009 ne pubblicava una valutazione:

9 stazioni su 10 indicano probabilmente temperature più alte o crescenti perché sono localizzate male… Abbiamo trovato che gli aggiustamenti dei dati, sia da parte della NOAA che di un’altra agenzia governativa, la NASA, hanno fatto sembrare le temperature recenti ancora più elevate. Gli errori della registrazione superano di un ampio margine il presunto aumento di temperatura di 0,7° C durante il ventesimo secolo.

Nel 2010 insieme al meteorologo Joe D’Aleo, Watts denunciava un “inganno” deliberato in tutto il mondo. Negli USA le stazioni  erano state selezionate apposta per “gonfiare” la temperatura di 1° C dal 1880 in poi, chissà altrove…  Sul Journal of Geophysical Research, Matthew Menne et al. esaminavano la documentazione raccolta da Watts senza trovare

alcuna evidenza del fatto che le tendenze della temperatura media fossero inflazionate da collocazioni inadeguate.

Sulla stessa rivista, sta per uscire un articolo di Watts con due famosi scienziati scettici, John Christy e Roger Pielke Sr, e tre meno citati in Italia. Con una tecnica un po’ più rozza, ripetono il lavoro fatto da Menne et al. e scrivono:

il nostro metodo di aggregazione produce valori che in media divergono dai loro di 0,002° C.

La concordanza è clamorosa. Inoltre

la tendenza della temperatura media per il periodo 1979-2008 è di circa 0,32° C a decennio.

Se lo dice Watts…

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Immagine: Church of the Flying Spaghetti Monster

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