Su Nature escono i risultati del secondo esperimento CLOUD coordinato da Jasper Kirkby al Cern. Confermano l’ipotesi che doveva rivoluzionare le scienze del clima e smentire l’effetto serra delle nostre emissioni di CO2 ed equivalenti?
IL CORRIERE DELLA SERRA – L’esperimento era stato proposto nel 1997 da Kirky per verificare una tesi sostenuta dal fisico danese Henrik Svensmark in vari articoli e nel libro di “cosmoclimatologia” The Chilling Stars. In breve, è questa. Quando aumenta il magnetismo o vento solare, i raggi cosmici ad alta energia in arrivo dal resto della galassia – da non confondere con quelli del Sole trovati da PAMELA – penetrano meno abbondanti nell’atmosfera. Siccome sarebbero determinanti per la formazione di nubi basse, dice la tesi, dando agli aerosol presenti in atmosfera l’energia necessaria per fare da nuclei di condensazione del vapore acqueo. In loro assenza ci sarebbe una scarsità di nubi basse, e questa scarsità causerebbe la quasi totalità del presente riscaldamento globale.
Sarebbe quindi l’attività del Sole, e non le nostre emissioni di gas serra, a causare il riscaldamento globale in corso. Gli scienziati del clima sbagliavano nel sostenere che i raggi cosmici galattici partecipano alla formazione delle nubi alte e sono (quasi) ininfluenti su quelle basse, tutti i modelli di evoluzione del clima passato, presente e futuro sarebbero da buttare…
Nel 2007, CLOUD era partito male. L’anno scorso era uscito un bilancio fallimentare del primo esperimento nella camera a nebbia collegata al sincrotrone del CERN. Questa volta gli strumenti sono migliorati, dati e misure anche. Sono cambiati anche gli autori e scrivono (corsivi miei):
Troviamo che con un tasso di ammoniaca atmosfericamente rilevante di 100 parti per migliaia di miliardi per volume, o minore, il tasso di nucleazione delle particelle di acido solforico aumenta da cento a mille volte (conferma). Misure molecolari a intervalli di tempo molto ravvicinati mostrano che la nucleazione procede con un meccanismo di stabilizzazione delle basi che coinvolge l’accrescimento passo dopo passo delle molecole di ammoniaca (conferma ). Gli ioni aumentano il tasso di nucleazione di un fattore addizionale tra 2 e più di 10 (conferma: dipende dalle temperatura e dall’energia) al livello base di intensità dei raggi cosmici galattici, a condizione che detto tasso sia inferiore a quello che limita la produzione di ioni accoppiati (conferma, vedi link precedenti).
Dopo le conferme di un secolo di ricerche, la smentita:
Troviamo che la nucleazione binaria indotta da ioni di H2SO4–H2O può avvenire nella media troposfera (tra 2.000 e 6.000 metri di quota), ma è trascurabile nello strato limite (dai 2.000 metri in giù). Malgrado il cospicuo tasso di aumento dovuto all’ammoniaca, le concentrazioni di ammoniaca e di acido solforico sono insufficienti per dare conto della nucleazione osservata in detto strato.
I raggi cosmici galattici determinano la formazione di nubi basse in quantità marginali e a temperature troppo fredde per verificarsi tra zero e duemila metri. La rivoluzione non c’è stata né poteva esserci. Innanzitutto per i limiti sperimentali di CLOUD. Nella camera a nebbia, l’atmosfera terrestre doveva essere ridotta a vapore acqueo, ozono, ammoniaca e acido solforico. Nella realtà gli aerosol sono più vari e non hanno solo dimensioni nanometriche. Inoltre ogni “giro” dell’esperimento è stato contaminato dall’azoto, il gas prevalente nell’atmosfera, nonostante gli sforzi per eliminarlo. La contaminazione ha allargato ulteriormente i margini di incertezza:
La stima per l’incertezza sperimentale complessiva sul [H2SO4] misurato dal CIMS (uno spettrometro di massa) è di −50%/+100%, sulla base di tre misure indipendenti… La stima per l’incertezza complessiva sul tasso di miscelazione della NH3 (atmosferica) è di −50%/+100%.
Le quantità potrebbero essere la metà o il doppio di quelle riportate, insomma. E la rivoluzione non c’è stata per un altro motivo. La tesi di Svensmark era già stata smentita, persino da E. Friis-Christensen che l’aveva proposta insieme a lui nel 1997. Il flusso dei raggi cosmici galattici è infatti stabile da mezzo secolo: non esiste alcuna correlazione positiva o negativa con l’andamento della temperatura globale. Ma CLOUD ha fornito alcuni particolari in più, i protocolli e le apparecchiature funzionano. Ora che sono cadute le ipotesi iniziali, il prossimo esperimento potrebbe scoprire qualcosa di nuovo sulla formazione delle nuvole e contribuire a migliorare i modelli di evoluzione del clima.
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Fonte dell’immagine: University of Lamcaster