OMEOPATIA – “Le parole sono importanti!” urlava Nanni Moretti. Vero. Tanto più se hanno a che fare con la salute. Ecco perché sabato scorso sono tornata a casa “disturbata” dalla presentazione di un vademecum sull’omeopatia al Comune di Pavia. Il manualetto, Medicina omeopatica e cenni di omotossicologia – conoscenze e uso delle medicine non convenzionali, è edito dall’Associazione medica italiana di omotossicologia; alle spese di stampa ci ha pensato Guna, azienda leader in Italia nella produzione e distribuzione di prodotti omeopatici, integratori, fiori di Bach et similia. A un certo punto, l’azienda ha bussato alle porte del Comune di Pavia (l’aveva già fatto, con successo, a Milano e a Palermo), chiedendo il patrocinio a un’iniziativa di diffusione del volume nelle farmacie e nelle biblioteche comunali. Non soldi, quindi, ma un viatico ufficiale e Pavia, con il suo assessore alla sanità e all’ambiente Massimo Valdati, ha detto sì .
Parata istituzionale per la presentazione, con il presidente dell’Ordine dei medici di Pavia Giovanni Belloni e quello dei farmacisti Roberto Braschi. Oltre, naturalmente, a un “uomo Guna”, Giovanni Gorga, responsabile dei rapporti istituzionali dell’azienda. Tutti a muoversi scaltramente sul filo di una cura estrema per le parole. Si racconta la necessità di informare correttamente i cittadini su una pratica medica che ormai interessa diversi milioni di italiani. Si parla sempre di medicina “complementare”, mai di medicina alternativa, stando ben attenti a non porsi in contrapposizione con la medicina “ufficiale”. Basso profilo, insomma: soltanto “un’arma in più a disposizione del medico per alcune occasioni, da valutare secondo scienza e coscienza”. Già: scienza. Peccato che di solide prove scientifiche a favore dell’efficacia dell’omeopatia non ce ne siano, almeno non ancora. Braschi comunque non nega l’esistenza di un problema scientifico, ma taglia la testa al toro affermando che “in alcuni casi l’omeopatia si è dimostrata efficace, anche se è difficile da spiegare dal punto di vista scientifico”.
Chiaro, è una raffinata operazione di marketing. Chiaro, si stanno giocando, bene, tutte le loro carte. Però a un certo punto arrivano parole che proprio non vanno giù. Sento ripetere più volte che i medicinali omeopatici “devono essere prescritti dal medico”. Affermazione alquanto sibillina: sembra lasciar intendere che occorra una prescrizione del dottore, ma non è così. I prodotti omeopatici si possono acquistare senza ricetta. In realtà, l’espressione sottintende che il modo migliore di assumere un medicinale omeopatico è farlo su indicazione medica. La strategia si svela: l’obiettivo è potenziare, affidandola a un camice bianco, la valenza scientifica di un prodotto che di quella valenza è attualmente privo.
E ancora: si tira in ballo la normativa che prevede la registrazione dei medicinali omeopatici presso l’Agenzia italiana del farmaco, in corso di implementazione (è il decreto 219/2006, modificato con il decreto 274/2007). Queste le testuali parole di Gorgo: “Presto gli omeopatici diventeranno un farmaco vero e proprio, avranno un foglietto illustrativo e si potrà fare pubblicità. E’ giusto che il cittadino lo sappia”. Ecco il colpo grosso, dopo un’introduzione sottotono: medicinale omeopatico = farmaco vero e proprio. Un’informazione fondamentale, certo. Peccato che non sia vera.
Lo stesso Gorgo, se interrogato, chiarisce: “La registrazione è diversa per i due tipi di prodotti e per i medicinali omeopatici è una procedura semplificata”. Facciamo chiarezza ancora una volta: per ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio (Aic) dall’Aifa, un farmaco deve superare una serie di valutazioni e sperimentazioni precliniche (test di laboratorio di tipo chimico, biologico, tossicologico) e cliniche (studi sui pazienti) che ne dimostrino la sicurezza e l’efficacia. Se un prodotto omeopatico dovesse riuscire a superare quella stessa serie di test, anche lui potrebbe essere registrato come farmaco, ma di solito questo non succede. Piuttosto, è previsto un “canale rapido”, semplificato appunto, di registrazione, con produzione di un dossier contenente elementi utili a dichiararne la sicurezza: abbiamo chiesto all’Aifa alcuni dettagli sulla procedura semplificata, ma senza ottenere risposta. Dovessero arrivare, vi terremo aggiornati!
Comunque: sicurezza sì (ci mancherebbe altro), ma non efficacia. Del resto la normativa parla chiaro: questo tipo di medicinali così registrati non devono recare in etichetta o altrove (cioè sul bugiardino) “specifiche indicazioni terapeutiche”. La stessa cosa vale per la pubblicità: si potrà fare, ma a patto di indicare chiaramente la frase “senza indicazioni terapeutiche approvate”. Altro che farmaco vero e proprio.
Ma davvero questa è informazione corretta ai cittadini? E davvero c’era bisogno di un patrocinio istituzionale per una tanto smaccata operazione commerciale?