ricerca

Robo-stormi

FUTURO – Commentando a Maggio una delle scoperte del suo team di ricerca, l’emergere del comportamento altruista in un popolazione di robot Dario Floreano affermava:

Siamo in grado di prendere questo esperimento e usarlo per estrarre un algoritmo che possa essere usato per fare evolvere la cooperazione in ogni tipo di robot […]. Stiamo usando questo algoritmo altruistico per migliorare i sistemi di controllo dei nostri robot volanti e stiamo osservando che questo permette loro di cooperare e volare in stormo con più successo di prima.

Ora Floreano e colleghi hanno appena presentato ufficialmente gli ultimi (strabilianti) risultati del progetto SMAVNET alla International Conference on Intelligent Robots and Systems tenutasi a San Francisco tra il 25 e il 30 settembre. SMAVNET sta appunto per Swarming Micro Air Vehicle Networks, e usa algoritmi ispirati al mondo naturale per sviluppare software in grado di pilotare (quasi) autonomamente piccoli velivoli, in modo da ottenere un comportamento simile a quello osservato negli sciami e negli stormi di uccelli. Da tempo gli sciami attirano la curiosità dei biologi, perché da poche, semplici regole, evolutivamente fissate, seguite da ogni membro, emerge un schema coordinato molto complesso.

Alcuni di questi algoritmi, ad esempio, sono ispirati dalle formiche. Tutti abbiamo osservato come queste siano in grado di procedere in file ordinate e in generale di precipitarsi in massa una volta identificata un fonte di cibo: tutto questo è possibile grazie ai feromoni. Nei robot si applicano gli stessi principi per mantenere mantenere la rotta senza che gli individui si disperdano, uscendo dallo stormo. Ognuna di queste “linee guida” basilari, frutto di una vera e propria retroingegneria che parte dall’osservazione dei viventi, sono state poi affilate secondo i principi della selezione naturale grazie agli algoritmi genetici.

L’equipaggiamento dei piccoli alianti è essenziale: una batteria al litio fornisce energia a un ricevitore GPS e ai dispositivi wi-fi (uno è un semplice adattore USB) che garantiscono la comunicazione sia con la base a terra (necessaria, dopotutto prima o poi bisogna farli atterrare…) sia, una volta in formazione, tra i componenti dello stormo. Per quanto riguarda il “cervello” si tratta di una leggerissima scheda madre equipaggiata con Linux collegata anche agli elementari controlli di volo che permettono all’autopilota di lavorare, cioè un giroscopio e due sensori per la pressione.

Lo “stormo” in realtà per ora è abbastanza ridotto, 10 SMAVs in tutto, ma i risultati sono evidentissimi. Forse un giorno saranno utilizzabili come mezzo di ricognizione in situazioni di emergenza. Curiosità: molto tempo fa ci provarono con i piccioni. Veri.

Ecco i robot all’opera.

Condividi su
Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, mi sono formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrivo abitualmente sull’Aula di Scienze Zanichelli, Wired.it, OggiScienza e collaboro con Pikaia, il portale italiano dell’evoluzione. Ho scritto col pilota di rover marziani Paolo Bellutta il libro di divulgazione "Autisti marziani" (Zanichelli, 2014). Su twitter sono @Radioprozac