JEKYLL

“Alla Big Science serve una Big Communication”

JEKYLL – Hanno chiesto tempo e fiducia. Questo è quanto accaduto il 13 dicembre 2011 alle ore 14:00. Quando dal CERN Fabiola Gianotti e Guido Tonelli hanno presentato i risultati delle osservazioni fatte negli ultimi sei mesi con i programmi ATLAS e CMS di LHC, il Large Hadron Collider. L’attesa per il seminario era stata preannunciata da una carrellata di articoli che promettevano grandi emozioni in mondovisione dal Cern. Con titoli come Where’s my Higgs?Might the Higgs finally be in our grasp? o Il bosone di Higgs alle corde. E retrospettive, come quella di Luciano Maiani, che ventiquattro ore prima della conferenza ricorda “Quando abbiamo chiuso Lep. Storia della caccia al Bosone di Higgs in attesa dell’annuncio da Ginevra”. Eravamo a un passo dalla grande rivelazione. E per di più in diretta.

Quando, alle 14.30, si apprende che la statistica degli eventi osservati è ormai sufficiente per dire che la particella di Higgs – se esiste – deve avere una massa compresa tra 116 e 130 GeV (ATLAS) e tra 115 e 127 GeV (CMS), e che  ”non possiamo concludere nulla in questa fase, il puzzle sarà risolto nel corso del 2012”, come dice Fabiola Gianotti, portavoce di ATLAS, apriti cielo! Immediate le reazioni. C’è chi si innervosisce, chi mantiene alta l’attesa e chi, tra gli addetti ai lavori, sbuffa per il gran baraccone mediatico che la conferenza ha scatenato.

In verità, anche prima del 13 dicembre qualche anticipazione c’era : “Higgs search on Dec 13th: will remain inconclusive” e sempre sullo stesso blog si leggeva che se pure Higgs si fosse rivelato lo avrebbe fatto con una massa compresa tra 124 e 126 GeV.

Come in un gioco di ruolo tutto è stato rimandato a questo 2012 appena iniziato. Di fatto il bosone di Higgs, o la sua ombra, continua a far parlare di se. Un vero eccentrico, questo bosone. Tra gli articoli del giorno dopo, Barbara Gallavotti lo descrive come una tigre acquattata dietro un cespuglio. Immagine ripresa anche da Piero Bianucci, che sempre da La Stampa tuona: “c’è il fumo, non l’arrosto”. E si domanda, dopo varie considerazioni tra cui il riconoscimento della serietà degli speaker alla conferenza: perché allora indire il seminario?

Forse si è trattato di un banale errore di comunicazione? A questo punto però è lecito chiedersi se stia effettivamente accadendo qualcosa di nuovo nel campo della comunicazione scientifica. Si tratta di una strategia di comunicazione vitale per la ricerca? E cosa succede dietro le quinte?

“In realtà, io ho una opinione mista”, osserva Marco Delmastro, fisico delle particelle che lavora a CERN. “Penso che abbia giovato e penso che faccia bene, a un mondo un po’ oscuro e anche esoterico come quello della fisica delle particelle, avere uno spazio mediatico importante sui giornali e sui media, che in genere preferiscono un altro tipo di scienza. In questo senso non ci vedo niente di male, anzi: è un bene. Mi chiedo invece se la vicenda sia stata gestita in modo opportuno e se, soprattutto, il vantaggio che si ottiene in termini di esposizione valga la fatica di sopportare il clamore mediatico. Almeno per quelli che ci lavorano, per i quali è stato faticoso arrivare pronti all’appuntamento”.

Ma quale ruolo gioca la competizione fra i diversi team, e magari fra gli stessi italiani, in questa vicenda? Anche al Fermilab, per esempio, le ricerche sul bosone di Higgs continuano. E anche là ci sono molti italiani coinvolti, come Viviana Cavaliere, Pier Luigi Catastini e Alberto Annovi. ”Esistono certamente degli aspetti di competizione tra i diversi esperimenti, anche all’interno dei diversi gruppi di ricerca del Cern. Certo le founding agencies hanno un interesse alla mediatizzazione delle ricerche che finanziano, anche rispetto ai governi. Ma non credo che si possa parlare di competizione tra italiani”, distingue Delmastro, “quanto piuttosto tra gruppi”.

Quanto all’eventuale svolta che la conferenza del 13 dicembre scorso al Cern potrebbe aver rappresentato per la comunicazione scientifica, Piero Bianucci, giornalista scientifico e scrittore, in una lunga intervista rilasciata a Jekyll è molto chiaro al riguardo: “Non credo che si possa parlare di nuova era. Non è la prima volta che ci troviamo di fronte a fenomeni di big science. Ma questa, che costa circa 4/5 miliardi di euro, avrebbe bisogno più che mai di una big communication“.

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