AMBIENTE – Fra le proposte di geo-ingegneria per fermare temporaneamente il riscaldamento globale, c’è quella di “gestire” la radiazione solare mandando di continuo nella stratosfera particelle di solfato in grado di rifletterla. Su Nature Climate Change, esce il primo modello che cerca di valutare i risultati per l’agricoltura.
Mais, riso e frumento risentono in maniera diversa dei cambiamenti climatici: il mais è vulnerabile soprattutto alle siccità, il riso risente anche del maggior caldo notturno e il frumento dei giorni di “picchi di caldo diurno”. Per ciascuno, conta altresì il periodo della crescita in cui l’eccesso di caldo e di siccità si produce. Il gruppo di Ken Caldeira pubblica le proiezioni della resa dei tre cereali nel caso di raddoppio della concentrazione di CO2 atmosferica e innalzamento conseguente della temperatura di 2°-3° C, calcolate secondo tre scenari e sommando due modelli climatici il CAM3.5 per quanto riguarda gli effetti climatici degli aerosol e l‘HadCM3L per le precipitazioni e le temperature.
Se si spara in atmosfera una quantità di solfati tale da deflettere il 2% della radiazione solare, la resa media aumenta dal 2 al 10% per il riso e il frumento, con picchi di oltre il 20% per il mais attorno a 40° di latitudine nord. Le variazioni dipendono dal valore “fertilizzante” assegnato in partenza alla CO2 e le curve hanno larghi margini di errori, anche per le incertezze sulle precipitazioni. Gli autori sono consapevoli dei limiti e delle semplificazioni del proprio modello. Complessivamente, l’aumento di CO2 potrebbe giovare alle tre principali colture alimentari, scrivono
Tuttavia possibili perdite di resa su scala locale, oltre agli effetti collaterali noti e ignoti e ai rischi legati alla geo-ingegneria, indicano che il modo più certo per ridurre i rischi che il clima fa correre alla sicurezza alimentare globale è di ridurre le emissioni di gas serra.
Fra gli “effetti collaterali” noti, c’è la riduzione della resa dovuta alle piogge acide da solfati, le quali oltre a rovinare le foreste – e aumentare indirettamente la CO2 atmosferica – contribuiscono all’acidificazione di laghi, fiumi e mari. Con il risultato di diminuire la sicurezza alimentare.
I “rischi” riguardano i conflitti geopolitici: alcuni paesi sarebbero svantaggiati, oltre a quelli nordici che potrebbero preferire un po’ di tepore in più, si pensi a quelli con un importante patrimonio culturale di monumenti già danneggiati in passato dalle piogge acide. E ogni decisione di “gestire” il clima globale andrebbe presa all’unanimità…
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Crediti immagine: Nipik (pubblico dominio)
Foto: Repubblica Ceca, foreste danneggiate dalla pioggia acida. Encyclopedia of Earth (Wikimedia Commons)