JEKYLL – Giornalisti a scuola di dati, tecniche e strumenti per diventare data journalist. È una questione di metodo, di mentalità, di professionalità. Questa l’estrema sintesi di otto incontri all’insegna del giornalismo dei dati al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia. Su OggiScienza e su Jekyll si è già parlato di giornalismo data driven con le interviste a Miranda Patrucic e a Luca De Biase. A Perugia è un susseguirsi di incontri con altri protagonisti del giornalismo investigativo e basato sull’utilizzo dei dati. Tante le domande che guidano i panel di discussione sul data journalism, una su tutte: il data journalism salverà il giornalismo?
La domanda, che è per altro il titolo di uno dei panel di discussione del Festival, evidentemente lascia sottintendere che c’è un giornalismo tradizionale che fatica a tenere il passo delle nuove tecnologie e delle nuove esigenze. Il rischio è uno: che il giornalismo perda qualità. Lo puntualizza anche Caelain Barr, giornalista inglese di CityWire: “Il giornalismo si trova oggi nella situazione di poter accedere a una quantità enorme di informazioni: a essere minacciata è la qualità stessa del giornalismo, i giornalisti spesso non hanno tempo e capacità per investigare e approfondire. In questo senso, il data journalism può aiutare molto. Non è detto che salvi il giornalismo, ma può fornire un contesto e consentire ai giornalisti di trattare con efficacia flussi di dati e apprendere l’utilizzo di strumenti fondamentali”.
Il giornalista statunitense Aron Pilhofer, che dirige il team di Interactive News del New York Times, racconta la sua esperienza: “Ora il mio team è composto da 14 sviluppatori. Tanti? Basta dire che abbiamo iniziato in tre. Siamo cresciuti, cercando di dotare il New York Times di un qualcosa di unico”. Offrire qualcosa di originale che caratterizzi il proprio lavoro: è così che Pilhofer affronta invece il tema del business e della sostenibilità economica del data journalism, “Il giornalismo dei dati è anche e soprattutto un giornalismo imprenditoriale. Nel mio team questo è centrale. Anche l’importanza dell’uso di strumenti informatici è centrale. Non serve una competenza particolare in chissà quali programmi. Servono soprattutto idee e serve anche uno sguardo imprenditoriale che sappia interpretare anche quello che il mercato vuole”. I dati ci sono, allo stesso tempo c’è la domanda di prodotti multimediali, piattaforme e storie basate su questi dati. Occorre quindi proporre un’offerta all’altezza. Pilhofer parla dell’esperienza del suo team in occasione delle elezioni americane del 2008 e delle Olimpiadi invernali di Vancouver 2010.“Sul nostro sito abbiamo avuto buone sponsorizzazioni perchè offrivamo un prodotto originale, che rendeva speciale il sito del New York Times. Inoltre, un buon prodotto può anche essere venduto. È anche per questo che per i Giochi di Londra 2012 ci stiamo attrezzando: in quell’occasione avremo anche una partnership con Reuters”.
L’altro aspetto chiave, secondo Pilhofer, è la tecnologia. Giornalismo e tecnologia: un rapporto fondamentale, ribadito anche Dan Ngyuen, ventisettenne, giornalista e sviluppatore di ProPublica. (Sull’importanza dell’alleanza con informatici e programmatori ne ha parlato Arturo Filastò a Daniela Cipolloni in questo Mr.Pod). A Perugia, Dan parla del suo lavoro a ProPublica. “Il web è fondamentale – spiega Dan – è il nostro terreno di gioco”. Lo scopo di ProPublica è proporre un giornalismo d’inchiesta nell’interesse del pubblico, come già si evince dal nome della newsroom per quale lavora. “È importante avere consapevolezza dei dati, conoscere il contesto, costruire i database, saper distinguere i dati utili da quelli meno utili. Inoltre, il giornalista deve anche sapere come presentare e rendere accattivanti questi dati”. Dan presenta anche alcuni suoi progetti: da Dollars for Docs, una piattaforma dove controllare quanti soldi percepiscono i medici americani, e quali sono le case farmaceutiche che li pagano, a un’inchiesta sui politici che sostengono le leggi SOPA e PIPA.
L’immagine “Data Driven Journalism Cover” è di Anna Lena Schiller, Fraulein Schiller su Flickr (CC)