POLITICA – Succede in Africa ma interessa tutti, anche l’Italia. 45 (su Nature leggerete 35, ma nel frattempo sono aumentati) premi Nobel hanno aderito alla protesta formale inoltrata al presidente del Camerun per la nomina di direttore ad interim del premio Nobel Luc Montagnier del Chantal Biya International Reference Centre (CIRCB) nella città di Yaoundé.
Che cosa non va in questa nomina? “I problemi sono almeno due” spiega Vittorio Colizzi, virologo dell’Università di Torvergata, che ha diretto il centro in questione per ben tre anni, e cioè fino alla scorsa primavera.
Da un lato, continua Colizzi, c’è un anomalia amministrativa. Il CIRCB da un anno cerca di dotarsi di un direttore con pieni poteri perché fino adesso le responsabilità sono state suddivise, i poteri amministrativi e finanziari erano dati a un amministratore camerunese e i poteri scientifici a un direttore internazionale. “Io sono stato direttore scientifico per tre anni ma questo sistema non ha funzionato,” continua lo scienziato, “allora il presidente (del Camerun) ha stilato un nuovo statuto dove ha recepito queste difficoltà e ha previsto, come fanno altre istituzioni scientifiche, la presenza di un solo direttore con compiti sia scentifici che amministrativi. Questo è successo il 31 di maggio.”
Con questa decisione il centro ha finito di fatto di avere il suo consiglio scientifico e ha funzionato in maniera irregolare, senza una gestione collegiale ma solo con un direttore ad interim. In questa posizione è stato appunto nominato Montagnier (la sua fondazione è stata fra i partner fondatori del centro, lo scienziato era il presidente del consiglio scientifico ora dismesso e il vicepresidente del consiglio di amministrazione). “Io sono andato via perché avevo finito il mio contratto e il mio impegno part-time con il centro anche perché da un anno stavamo cercando di identificare un nuovo direttore scientifico e ogni volta di fatto Montagnier ha sempre bloccato tutte le nomine, quindi siamo rimasti in situazione di stallo e io non potevo più rimanere.”
La situazione di “blocco” amministrativo, continua Colizzi, secondo i premi Nobel insorti è aggravata anche dal fatto che Montagnier ha delle posizioni piuttosto “stravaganti” in materia scientifica. “Per esempio le sue esternazioni sulla memoria dell’acqua hanno imbarazzato un po’ il mondo scientifico,” ma non solo. “Di recente Montagnier ha iniziato a dire pubblicamente che le vaccinazioni sono pericolose, specie quelle neonatali e questo centro è nato proprio con l’idea di studiare bene tutto il problema delle vaccinazioni neonatali specialmente per bloccare la trasmissione materna del virus dell’AIDS al nascituro, e come si capisce si tratta di posizioni incompatibili.”
“Diventato direttore ad interim Montagnier ha cercato di bloccare dei progetti di studio sulle vaccinazioni del centro e invece intende ora impostare dei progetti sulla radiomagnetica. Ed è qui che ha fatto scattare la protesta degli (ora ex) membri consiglio scientifico, scienziati del calibro di Richard Roberts.”
L’interesse di Montagnier per la radiomagnetica è noto: lo scienziato francese ha sostenuto più volte di aver osservato che il DNA emette delle radiazioni elettromagnetiche che secondo lui possono essere usate per diagnosticare le malattie. Al momento nessuno studio indipendente ha replicato le osservazioni di Montagnier e la comunità scientifica internazionale è a dir poco scettica su questa ipotesi. ” C’è il rischio che Montagnier si ‘appropri’ dell’istituto per fare le proprie ricerche con soldi internazionali che dovrebbero essere spesi per altri fini, o così molti temono,” precisa Colizzi. “Da quanto so ha addiritura chiesto di firmare un accordo con una società francese che studia radiofrequenze. ”
Il nostro paese è fortemente coinvolto nel progetto del centro. “Il centro è stato creato con la cooperazione italiana e con lo sforzo economico e personale di molti ricercatori italiani,” spiega Colizzi. “È nato sull’annullamento del debito italiano verso il Camerun, con un progetto dell’Istituto Superiore di Sanità, che la cooperazione italiana ha diretto, un progetto da due milioni di euro. Fra gli obiettivi del progetto c’era anche quello di formare molti ricercatori africani in università italiane per poi farli rientrare. Alcuni ricercatori italiani del Cnr (e io stesso) poi hanno trascorso lunghi periodi di tempo lì al centro. Insomma questa è una cosa che ci colpisce particolarmente.”
Crediti immagine: gedankenstuecke