SALUTE – Noi e i batteri del nostro intestino. Quello della relazione con il microbiota intestinale è diventato negli ultimi anni uno dei temi più caldi di tutta la biologia: abbiamo scoperto che questi invisibili ospiti influenzano il nostro sviluppo, il metabolismo, il sistema immunitario e la suscettibilità a diverse malattie. Insomma, siamo anche i nostri batteri e lo stesso accade per gli altri organismi, zanzare comprese. E proprio i batteri che vivono nell’intestino delle zanzare, se opportunamente modificati, potrebbero diventare l’arma risolutiva della nostra lotta alla malaria, come racconta su Pnas un gruppo di ricercatori della Johns Hopkins School of Medicine di Baltimora .
Da noi se ne parla poco, ma nei paesi in via di sviluppo la malaria è ancora una delle più grandi questioni sanitarie irrisolte e uccide ogni anno 1,2 milioni di persone. Poco meno della popolazione di Milano, per intenderci. Qualche mezzo di controllo c’è, in particolare terapie contro il parassita responsabile della malattia (protozoi del genere Plasmodium) e insetticidi contro il vettore del parassita, cioè zanzare del genere Anopheles. Entrambi, però, soffrono del fenomeno di resistenza e così si cercano vie alternative: un vaccino, per esempio, oppure un modo per bloccare la trasmissione del Plasmodium da parte delle zanzare. L’idea è quella di modificare geneticamente gli insetti, introducendo nel loro genoma sequenze di DNA che codificano per proteine in grado di inibire lo sviluppo dei parassiti. In laboratorio la strategia è stata un successo, ma ha un limite non da poco: non è affatto banale introdurre e diffondere il transgene nelle popolazioni naturali.
Per superare l’ostacolo, i ricercatori del gruppo di Marcelo Jacobs-Lorena hanno pensato di affidarsi ai microscopici inquilini dell’intestino delle zanzare, puntando sulla loro modificazione genetica anziché su quella degli insetti. Il fatto è che l’intestino è uno dei punti “caldi” per lo sviluppo del Plasmodium e quindi il luogo giusto per rilasciare sostanze a lui nocive.
In breve: i ricercatori hanno preso il batterio simbionte Pantoea agglomerans, lo hanno ingegnerizzato per fargli produrre proteine antimalariche e l’hanno “somministrato” alle zanzare, cospargendolo su batuffoli di cotone impregnati di una soluzione zuccherina di cui sono ghiotte. Dopo il trattamento, hanno nutrito gli insetti con sangue infettato da Plasmodium falciparum e dopo otto giorni sono andati a controllare quanti fossero infettati a loro volta. Risultato: il 14-18% del totale, contro il 90% di zanzare non “trattate” con il batterio geneticamente modificato (GM). Un impatto impressionante, che potrebbe davvero fare la differenza nella capacità di diffusione della malattia.
Vantaggi del metodo del batterio GM: intanto sembra semplice da realizzare anche nella parte di introduzione in natura. Secondo i ricercatori, probabilmente basterebbe disperdere vasetti con cotone impregnato di zucchero e batteri intorno ai villaggi colpiti dalla malattia. Inoltre è un metodo universale, valido per tutte le specie di Anopheles che sono vettori di malaria (un centinaia) e per le specie di Plasmodium che provocano la malattia.
C’è però anche uno svantaggio. Si tratta pur sempre di rilasciare in natura un OGM, una prospettiva che suscita opposizioni decise, anche in paesi in cui la malaria è endemica. Per di più in questo caso si tratterebbe di un micro OGM, impossibile da tenere confinato da qualche parte: il batterio modificato finirebbe sicuramente con l’andarsene in giro per conto proprio, arrivando magari anche nella catena alimentare umana. Perché questa nuova arma possa essere davvero utilizzata, dunque, bisognerà prima risolvere tutte le controverie regolatorie, etiche e sociali del caso.
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