SALUTE

Il “caso di Bella” delle staminali

SALUTE – Una malattia terribile, come l’atrofia muscolare spinale o Sma. Il miraggio della cura miracolosa. La battaglia di chi la reclama a gran voce. La comunità scientifica che si oppone. Le autorità sanitarie e giudiziarie che intervengono. E l’opinione pubblica si spacca, tra le ragioni del cuore e quelle della scienza. La torbida vicenda legata alla terapia a base di cellule staminali messa a punto dalla Stamina Foundation di Davide Vannoni (uno che si definisce “neuroscienziato”, ma è laureato in lettere) e praticata da Marino Andolina, ex coordinatore del Dipartimento trapianti adulti e pediatrico all’Irccs Burlo Garofalo di Trieste, ricalca sotto molti aspetti la storia del “metodo di Bella” che infiammò l’Italia 15 anni fa. All’epoca, c’era un medico, Luigi Di Bella, che sosteneva di guarire i malati di tumore con un cocktail di sostanze naturali. Prove scientifiche zero, ma per dirimere le furibonde polemiche tra chi gli credeva e chi no fu necessario avviare una vasta sperimentazione ministeriale che rivelò l’assoluta inutilità del presunto rimedio anticancro. Negli ultimi mesi a finire nell’occhio del ciclone è stato, invece, un trattamento a base di cellule staminali adulte.

Ricapitoliamo brevemente la vicenda. Al centro c’è una bimba di due anni di Venezia, Celeste Carrer, affetta dalla nascita da Sma di tipo I, rara malattia genetica che uccide in pochissimi anni e, attualmente, incurabile. Per i genitori della piccola Celeste, quella terapia staminale, validata o meno che sia, è l’unico filo di speranza a cui aggrapparsi. Spinti dal medico curante, il dottor Andolina che opera a braccetto con Vannoni, e rincuorati dai segni di miglioramento della piccola, si rivolgono ai laboratori della Stamina Foundation (che però è indagata dalla magistratura), presso gli Spedali Civili di Brescia. Si scontrano con le autorità sanitarie. Ministero della Salute e Agenzia italiana del farmaco chiedono lo stop alle controverse cure. Scoppia un’intricata guerra legale, a botte di ordinanze e sentenze di giudici che bloccano e sbloccano le terapie per Celeste.

Finché, pochi giorni fa, arriva il rapporto finale della commissione di esperti dell’Istituto superiore di Sanita, Aifa e carabinieri del Nas, richiesta dal ministro Renato Balduzzi. La relazione, firmata da uno dei massimi esperti di biologia delle cellule staminali in Italia, Massimo Dominici, è una bocciatura senza appello. Quelle staminali non solo sono inutili, ma addirittura “pericolose per la salute dei pazienti” e possono avere “effetti collaterali imprevisti”. Viene fuori che la metodologia è assolutamente inadeguata, il materiale biologico è maneggiato e inoculato senza rispettare le norme di sicurezza, con rischio di contaminazioni virale e batterica, in scantinati abusivi adibiti a laboratori.

Un quadro pessimo, che coincide con quanto emerso dall’inchiesta del pm Raffaele Guarinello sulla Stamina Foundation. Questa Onlus con varie sedi in Italia e a San Marino, pur dichiarandosi senza fini di lucro, spillava parcelle tra i 7 e i 50 mila euro ai malcapitati. Secondo le indagini preliminari, i pazienti – una settantina quelli coinvolti, quasi tutti in condizioni disperate – sarebbero stati abbindolati attraverso video promozionali (in uno si mostrava un ballerino russo sulla sedia a rotelle che tornava a danzare dopo la portentosa terapia) e sottoposti a infusioni di staminali (identico protocollo per le malattie più disparate, dal Parkinson alla Sla), alimentando illusioni nel solo intento di trarre profitti. Vannoni e Andolina sono tra i 12 indagati che ora rischiano il rinvio a giudizio con ipotesi di reato gravissime: truffa e associazione per delinquere, oltre che somministrazione di farmaci imperfetti e di farmaci pericolosi per la salute pubblica.

In mezzo a quest’orrore, c’è la vita della piccola Celeste che ha commosso l’Italia. Magari è finita nelle mani sbagliate, ma se la terapia su di lei stesse davvero funzionando? Perché, comunque, vietarle la “cura compassionevole”, se nient’altro potrebbe salvarla? Facciamo chiarezza. “C’è un grosso equivoco di fondo, perché l’uso compassionevole di terapie geniche e terapie cellulari, regolamentato dal decreto Turco-Fazio, autorizza, in casi estremi, trattamenti non ancora approvati o registrati per altre patologie ma, attenzione, le regole parlano chiaro: ci devono essere dati scientifici che ne giustifichino l’uso. Non significa che, in mancanza d’altro, è ammissibile praticare qualunque cosa sui pazienti”, specifica Danilo Tiziano, ricercatore dell’Istituto di genetica medica dell’Università Cattolica di Roma che ha appena avviato un nuovo progetto di ricerca sulla Sma, in collaborazione con Lucia Di Marcotullio dell’Università La Sapienza, grazie a un finanziamento di Telethon. “Ebbene, sul ‘metodo Vannoni’ non risulta alcuna pubblicazione scientifica né ci sono studi a livello internazionale che ne supportino la validità ”.

Non si tratta assolutamente di negare terapie agli ammalati, ma al contrario di schierarsi dalla loro parte, come hanno ribadito in una lettera 21 associazioni, tra cui l’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare. Per quanto si sappia, il trattamento somministrato alla piccola Celeste prevedeva l’infusione di cellule staminali cosiddette “mesenchimali”, prelevate prima da donatori sconosciuti e poi dalla madre, e iniettate nel liquor, il liquido che bagna il midollo spinale. “Le staminali mesenchimali sono presenti nel midollo osseo e hanno la capacità di trasformarsi in diversi tipi di cellule, come ossa, cartilagine e grasso”, spiega il ricercatore. “L’unico effetto provato della loro iniezione è di tipo antinfiammatorio, grazie al rilascio di citochine e altre molecole, ma questo non contrasta affatto la distruzione dei motoneuroni legata alla malattia”. Il problema dell’atrofia muscolare spinale è tutt’altro: un difetto in uno dei due geni, SMN-1 e SMN-2, a causa del quale le cellule non producono sufficienti livelli di una proteina, chiamata SMN, cruciale per la trasmissione degli impulsi elettrici e chimici ai motoneuroni. Ecco perché le cellule del midollo spinale, quelle che impartiscono ai muscoli il comando di muoversi, progressivamente muoiono. Come la piccola Celeste, i bimbi colpiti dalla forma più grave, la Sma di tipo I, soffrono di gravissimi danni motori e non sopravvivono per insufficienza respiratoria.

Attualmente, sono state elaborate una decina di potenziali terapie, comprese alcune basate sull’impiego di cellule staminali, ma di tipo completamente diverso. “Negli Stati Uniti – spiega Tiziano – sono state condotte sperimentazioni con staminali embrionali, trapiantate direttamente nel midollo spinale, che hanno mostrato risultati incoraggianti”. Altri approcci terapeutici, su cui lavora anche Telethon, riguardano l’impiego di farmaci per stimolare la produzione della proteina SMN carente, e la terapia genica nella quale si cerca di riparare il difetto nel Dna. La strada è lunga e in salita, ma negli ultimi anni sono stati fatti molti progressi nella ricerca scientifica e forse, un giorno, si arriverà finalmente a trovare la cura per questa devastante malattia che è la Sma. E il merito non sarà certo di chi ha cercato scorciatoie, lucrando sulla sofferenza.

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