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JEKYLL – Abbiamo un bel parlare di politica energetica, finanziamento alla ricerca, cellule staminali, gestione dei rifiuti, dissesto idrogeologico e così via. Ma se la scienza viene proposta alla politica come tema di confronto, su cosa si concentra davvero l’attenzione pubblica? Quali argomenti sono capaci di innescare il dibattito e accendere gli animi? Omeopatia, sperimentazione animale e basta. O quasi.
Questa, almeno, è l’impressione che potrebbe suggerire l’avventura di Dibattito Scienza. L’iniziativa nasce in rete e, attraverso i social media, ha raccolto i suggerimenti di giovani ricercatori, studenti e giornalisti con lo scopo di mettere insieme un questionario su temi scientifici da sottoporre ai politici. Due sono state le occasioni di porre le domande: ai candidati alla guida del centro-sinistra in occasione delle primarie di ottobre e ai candidati premier in vista delle elezioni politiche appena svoltesi.
Su un totale di sedici domande (sei nella prima circostanza e dieci nella seconda) soltanto in due casi i commentatori, su facebook, sui forum e sui blog hanno incrociato le armi in uno scontro verbale a tratti inaspettatamente violento.
A ottobre le dichiarazioni di Laura Puppato a favore della mutuabilità dei farmaci omeopatici hanno sollevato un polverone che ha finito per nascondere gli altri temi e, di fatto, li ha sottratti al confronto pubblico.
Più recentemente, a febbraio, la situazione ha assunto caratteri quasi grotteschi quando un gruppo di ricercatori coordinati da un candidato al Senato per il Movimento Cinque Stelle ha inviato le proprie risposte a Le Scienze per la pubblicazione. La redazione ha dovuto fronteggiare una vera e propria inondazione di commenti inveleniti e accuse di malafede. Questo perché la risposta fornita dal gruppo relativamente alla sperimentazione animale non era allineata alla posizione tradizionalmente assunta da Beppe Grillo. Malgrado tra tutti gli argomenti proposti ce ne fossero alcuni con impatto sociale molto più importante, ancora una volta l’attenzione è stata completamente polarizzata da uno soltanto.
Per fare un bilancio parziale dell’operazione e capire perché le cose sono andate in questo modo abbiamo intervistato Marco Ferrari, collaboratore di Focus, che è tra i fondatori e coordinatori di Dibattito Scienza. Ferrari punta il dito sulla preparazione scientifica degli italiani e su un dibattito pubblico in cui gli argomenti si affrontano più con la pancia che con la testa: “Abbiamo cercato di fare domande estremamente tecniche e molto asettiche, delle domande non emotive. Ma è ovvio che se un tema ha una forte componente emotiva viene colta soltanto quella parte e si scatena la canea”.