CULTURA - A sentire i titoli dei quotidiani, del tg o altri mezzi di comunicazione la cura per il cancro dovrebbe essere stata scoperta milioni di volte, il diabete sconfitto, la malaria debellata. E invece no. Certo che noi giornalisti (e gli editori) un mea culpa lo dobbiamo fare se esiste una tale discrepanza fra la percezione pubblica dei risultati della ricerca medica e i risultati reali della stessa. Troppo spesso infatti sui media si tende a calcare la mano sugli strabilitanti effetti di questa o quella cura, sulle entusiasmati prospettive future che sono spesso solo esagerazioni, quando non vere e proprie distorisioni della verità dei fatti. Un piccolo studio (non decisivo) suggerisce però che un po' di responsabilità la possono avere anche gli stessi scienziati.
Lo studio pubblicato su PLoS Medicine conferma quanto già noto (e cioè che la pubblicazione di risultati esagerati o inappropriati sui media ha un legame co l'uscita di comunicati stampa altrettanto esagerati o inappropriati) e aggiunge un dato nuovo: l'esagerazione nei comunicati stampa nel campione osservato rifletteva dati riportati in maniera scorretta negli stessi abstract scientifici e cioè i brevi riassunti (scritti dai ricercatori) all'inzio dei paper pubblicati sulle riviste scientifiche (quelle a revisione paritaria). Una specie di effetto a catena, insomma
20 luglio 1969. Seicento milioni di persone di tutto il mondo hanno gli occhi puntati sulle prime, sgranate, immagini trasmesse sulla Terra da un altro astro celeste: seguono in diretta televisiva lo sbarco dell’uomo sulla Luna. Il giornalista scientifico Fabio Pagan racconta a OggiScienza gli attimi di quella notte magica e un evento mediatico senza precedenti
In questo video, uno spezzone della lunga diretta Rai sullo sbarco sulla Luna. Nello Studio 3 di via Teulada Andrea Barbato dirige un team di giornalisti tra cui Tito Stagno e il duo Jas Gawronsky e Ruggero Orlando collegati in diretta da Huston