FUTURO – C’è il batterio del colera (Vibrio cholerae), che attacca per esempio l’uomo. E c’è il batteriofago del colera, un virus che attacca il batterio che attacca l’uomo. La cosa interessante è che il virus usa un sistema immunitario “rubato” ai batteri, per attaccare i batteri stessi. Vi siete persi? Riassumo brevemente cosa c’è di interssante (molto interessante) nel nuovo studio pubblicato su Nature da Andrew Camilli della Tufts University e colleghi:
1) è la prima volta che si osserva un virus “con sistema immunitario”
2) il sistema immunitario è “rubato” al tipo di organismo che viene attaccato e serve per attaccare l’organismo originario (della serie “fuoco amico”)
3) visto che il batterio è pericoloso per noi esseri umani, potremmo usare il virus batteriofago per contrastare il colera e, se funziona, si tratterebbe di una potente alternativa agli antibiotici (quindi la scoperta potrebbe esse utile per combattere la crescente e globalizzata “resistenza agli antibiotici” di molti batteri assai pericolosi per la salute umana)
Mica poco. Il meccanismo è tanto “perverso” quanto affascinante (e utile). Il batteriofago a quanto pare nel corso dell’evoluzione ha incorporato nel suo DNA i geni che codificano un sistema immunitario batterico proprio di circa la metà dei batteri conosciuti (si chiama CRISPR/Cas), sistema immunitario che i batteri hanno sviluppato proprio per difendersi dai fagi (furbi e beffardi). I fagi sono virus che attaccano i batteri (ogni fago attacca specificamente un batterio preciso) e li usano per riprodursi. I ricercatori hanno osservato che campioni di batteriofago prelevati da pazienti affetti dal batterio del colera in Bangladesh contenevano geni che fino ad allora si erano trovati in alcuni batteri, dove codificano per il sistema immunitario.
Incuriositi, hanno perciò “infettato” campioni di V. cholerae (normalmente resistenti ai fagi) sia con virus che non contenevano i geni in questione che con altri che li contenevano. Risultato: nel primo caso i batteri proliferavano indisturbati, nel secondo venivano uccisi (dopo una veloce fase di adattamento dei fagi). La prova che i geni nei fagi servono ad attaccare il batterio. Da notare che il sistema immunitario “rubato” da questi fagi non è quello proprio di V. cholerae, ma proviene da qualche altra parte (e questa è una storia tutta da scoprire).
Per la prima volta dunque si osserva un virus che utilizza un sistema immunitario (anche se – e questo è un mio commento – l’utilizzo è un po’ improprio, il virus infatti non lo usa per difendersi dal batterio, ma per attaccarlo), il che svela già di per sé particolari affascinanti su queste entità che ancora non riusciamo a deciderci se sono vive oppure no. Ma non è tutto. Questa scoperta potrebbe diventare utilissima per mettere a punto una terapia fagica contro i batteri. Che questi vius batteriofagi esistono è noto da tempo, e l’idea di usarli come arma contro certe malattie non è nuova. Ma non si sapeva come questi virus riuscissero a neutralizzare i batteri. Ora sappiamo quale arma usano, e man mano che verrano svelati dettagli sempre più precisi sul meccanismo si potrà provare a potenzialo.
Sviluppare oggi nuove terapie contro i batteri è di vitale importanza. Negli ultimi decenni, in tutto il mondo, si sta manifestando una crescente resistenza agli antibiotici da parte di molti batteri particolarmente pericolosi per la salute umana. Questa resistenza è una conseguenza dell’adattamento dei batteri alle terapie usate dall’uomo per contrastarli (terapie a volte abusate in maniera sconsiderata, ricordiamo come sempre, per esempio, che GLI ANTIBIOTICI NON SERVONO A NULLA CONTRO L’INFLUENZA, che è una malattia di origine virale), che quindi sempre più spesso si rivelano inefficaci. Trovare metodi alternativi per la cura quindi potrebbe aiutare a ridurre il problema. Con il vantaggio che per le terapie fagiche, se i batteri si adattano a resistere ai fagi, anche i fagi possono adattarsi ad attaccare con efficacia i batteri…
Un’altra cosa interessante osservata da Camilli e colleghi: nei pazienti affetti da colera i fagi ci sono già e quindi una parziale terapia fagica è probabilmente già in atto in maniera naturale, si tratta ora di potenziarla.