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Il DNA è suo e lo gestisce lei

Scotus

CRONACA – Dopo un decennio di proteste e processi, in giugno la Corte Suprema americana dirà se sono validi due brevetti della Myriad Genetics di Salt Lake City per i geni BRCA-1 e BRCA-2 e per le mutazioni che predispongono al 10-15% dei tumori ereditari al seno e alle ovaie.

Sono brevetti che garantiscono la proprietà esclusiva di sequenze di DNA e di ogni loro uso, negli Stati Uniti e nel resto del mondo. Hanno suscitato una lunga battaglia politica, giuridica, etica e a tratti perfino scientifica, combattuta anche in Europa. Non è detto che si concluda in giugno o che la vincano i difensori della sanità pubblica.

Nel 1990, il gruppo diretto da Mary-Claire King identificava il BRCA-1 sul cromosoma 17  e alcune mutazioni patogene. Due anni dopo ricercatori di varie università e di Myriad lo “clonavano” e Myriad  otteneva un brevetto che copriva anche il “metodo”  – il confronto delle sequenze già praticato da tempo – del test diagnostico, oltre al diritto di incorporare nel test eventuali mutazioni scoperte da chiunque in futuro. Stessa scena nel 1995 per il brevetto sul BCRA-2 e gli altri sette concessi nel 1997 e 1998.

Nel 2001 l’Ufficio brevetti statunitense (PTO) riaffermava che il DNA isolato da un cromosoma va equiparato al cDNA –  DNA “complementare” nel senso di clonato in laboratorio a partire dall’RNA – e quest’ultimo a molecole di sintesi.

Il monopolio

Da allora ogni ricerca sui due geni e sul test deve sottostare alle condizioni poste da Myriad. Solo Myriad può produrre un kit per prelevare quel DNA, analizzarlo in un proprio laboratorio, interpretarne e comunicarne il risultato. Consulti e controlli con un test diverso sono vietati. Se il medico che ha prescritto il test dissente sull’interpretazione, non può dirlo all’interessata; se durante un esperimento clinico, un ricercatore trova informazioni utili per qualche volontaria, non gliele deve dare.

Myriad sceglie quali sequenze e annotazioni pubblicare e depositare nella banche-dati. Non le deposita più dal 2008, quando associazioni di biologi, medici, pazienti, fondazioni per la ricerca contro il cancro e per il libero accesso ai brevetti “vitali” hanno annunciato una causa contro il PTO per aver tutelato come “invenzione dell’ingegno” un “prodotto della natura”. A coordinarli: l’American Civil Liberties Union (ACLU), famosa per la lotta contro la segregazione razziale. A contrastarli: Myriad, la Federazione delle imprese biotech e associazioni di avvocati specializzati nel tutelare la proprietà intellettuale, cioè la principale “merce” esportata dagli Stati Uniti.

Divisioni in seno all’OMC

Il 29 marzo 2010, un tribunale di New York dichiarava invalidi i due brevetti. Per il p0rtavoce dell’ACLU, era “una buona notizia per il popolo americano”. E per gli abitanti dei paesi membri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Il test Myriad da 4.000 dollari è prescritto in media a 38 milioni di donne ogni anno. Anche nell’Unione Europea il cui Ufficio brevetti ha riconosciuto nel 2001 e  nel 2004 il brevetto sul gene BRCA-1. Ma non sul BRCA-2 che, dopo peripezie e processi, l’ha attribuito alla fondazione Cancer Research UK, alla quale era stato donato dall’università di Cambridge. Il gene era stato identificato dai  suoi genetisti, insieme a Mary-Claire King.

Il governo francese è stato l’unico a ribellarsi. Ha finanziato l’istituto Curie perché, sempre insieme a Mary-Claire King (1), mettesse a punto un test più preciso con l’aggiunta di molti altri marcatori. Oggi costa 600 euro alla Sanità pubblica e alle donne che se lo fanno prescrivere privatamente.

Una lezione di genetica 

Negli Stati Uniti Myriad ha vinto in appello ma sei mesi fa l’ACLU otteneva un riesame delle sentenze (2) da parte della Corte Suprema. Il 15 aprile scorso la Corte ha ascoltato gli argomenti delle parti. Myriad ha sostenuto, come al solito, che frammenti isolati di DNA sono brevettabili perché non esistono in natura. Falso, ha scritto il genetista Eric Lander del MIT/Harvard nel parere mandato alla Corte:

(a) i cromosomi sono costantemente spezzati in frammenti di DNA da processi biologici naturali che rompono i legami covalenti nelle catene di DNA; (b) questi frammenti di DNA si ritrovano ovunque nel corpo umano sia nelle cellule che fuori, nel sangue, l’urina, il muco, le feci; e (c) detti frammenti coprono l’intero genoma umano, e in particolare i geni BRCA1 e BRCA2 rivendicati dai brevetti di Myriad.

Geni privati contro welfare

Non regge nemmeno l’argomento dell’industria biotech, scrive l’Economist, secondo la quale quei brevetti favorirebbero l’innovazione, l’occupazione e lo sviluppo dell’intera società. In questo caso è successo il contrario. In generale i commentatori prevedono che Myriad sarà sconfitta (3) e che la Corte Suprema riterrà brevettabile soltanto il cDNA.  Data la prevalenza di giudici favorevoli al libero mercato e l’esigua minoranza di donne (4), non ne sono sicura e la Borsa nemmeno. Dopotutto:

 Il PTO statunitense ha concesso oltre 40.000 brevetti per materiale genetico, circa 3.000 dei quali riguardano specificamente molecole isolate di DNA come quelle di proprietà o in licenza della Myriad.

Be prepared

“Siate preparate”, dicevano i cartelloni pubblicitari che nel 2007  incitavano le donne a farsi prescrivere il test Myriad. L’azienda – che si ritiene una benefattrice dell’umanità – ha appena vinto un primo processo in Australia, ma gli oppositori non si arrendono. L’anno scorso ha aperto un laboratorio a Monaco di Baviera, per costringere l’Unione Europea a tutelare le sue proprietà.

Qualunque cosa deciderà la Corte Suprema, insomma, riguarderà anche noi.

*

(1) Detiene cinque brevetti, a disposizione di tutti con licenza simile a Creative CommonsMitica per tante ragioni, le dedicano pure un film.

(2) Documentazione e articolo di Daniel Kevles sulla giurisprudenza.

(3) Il PTO deve ancora riesaminare la copertura abusiva concessa per il gene BRCA-1, già ridimensionata nel 2003.

(4) Notare la contrarietà ai brevetti per i geni correlati al cancro alla prostata…

Crediti immagine: United States federal courts, Wikimedia Commons

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